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Viola Scaglione: “Serve una danza italiana unita”

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In foto Viola Scaglione, danzatrice e direttrice del Balletto Teatro di Torino ripresa durante un momento performativo.
Viola Scaglione, danzatrice e direttrice del Balletto Teatro di Torino. Foto di Silvana Giordano.

Viola Scaglione è direttrice artistica e danzatrice del BTT – Balletto Teatro di Torino ( http://www.ballettoteatroditorino.it/ ) e si è sempre dedicata alla danza con una grande attenzione ai linguaggi contemporanei, a quelli interdisciplinari e ai progetti educativi sia per giovani danzatori che per il pubblico. Il suo agire è sempre aperto ed inclusivo, in dialogo orizzontale con i danzatori della compagnia e con gli artisti coinvolti nelle varie creazioni, stimolando processi di gruppo fortemente radicati nella fusione tra percorsi di crescita personale e di evoluzione artistica. Tutto ciò ora è fermo, immobile e largamente irrealizzabile.

Raggiungiamo Viola Scaglione a casa sua, mezzo Skype, nell’ambito dell’inchiesta Covid-19/si cambia danza promossa da Campadidanza, per avere un suo parere in merito alla situazione emergenziale che stiamo affrontando.

Emergenza Covid-19. Quale impatto ha avuto tutto ciò sulla sua vita di direttrice di compagnia? E come stanno i suoi danzatori?

L’avvento del Covid-19 è stato come un grosso macigno per me, infatti ho sospeso le attività di compagnia in anticipo rispetto alle prime restrizioni che hanno identificato il Piemonte come zona rossa. Ho creduto fosse la cosa più responsabile da fare, come direttrice di compagnia, per tutelare danzatori e pubblico. La scuola del BTT ha invece chiuso decisamente prima in linea con le disposizioni per la scuola dell’obbligo. I danzatori della compagnia stanno bene. Ognuno sta vivendo la situazione in maniera personale ma i processi creativi continuano. Siamo in comunicazione, ci sono molte proposte, lo spirito di compagnia non si ferma, è piuttosto vivo e attivo. Riconosciamo la situazione, progettiamo e immaginiamo un futuro: crediamo sia questo il miglior modo oggi per occupare il tempo. Portiamo avanti la nostra arte reinventandoci quotidianamente.

Tra l’altro, la decisione di sospendere le attività della compagnia, difficile da prendere, è stata condivisa con loro e con il coreografo Matteo Marziano Graziano, con cui stavamo lavorando ad una nuova creazione.

In che modo intende far ripartire le sue attività nel post Covid-19?

Mi sto confrontando anche con altri artisti e colleghi, tutti stiamo cercando chiarezza su come e quando si ripartirà e credo che questo confronto sia d’aiuto. Immagino una ripartenza nazionale unita con programmazioni condivise e aperte a nuove circuitazioni con teatri e spazi che finora non abbiamo visitato. E’ utopia pensare ad un unico grande circuito italiano che muova le compagnie su tutto il territorio? Credo che questo sia il momento per farlo. È quello che sento di proporre come direttrice. Vorrei che la danza in Italia si infiltrasse in spazi sia nuovi che conosciuti, affinché questo momento si trasformi da virale a vitale.

E l’emergenza, per questioni collaterali come logistica e risorse, può agevolare la mia proposta. Ripensare solo al proprio nucleo diviene fallimentare: invito i miei colleghi a non farlo e, invece, a mettersi in dialogo, in rete. Siamo tutti nella stessa situazione e solo attraverso una rete solidale e aperta possiamo sostenerci a vicenda sia artisticamente che sul piano istituzionale.

La paralisi settoriale generata dal Coronavirus ha chiaramente travolto anche il settore-danza. Quali conseguenze immagina?

Credo che principalmente dipenda dal pubblico di danza ed in tal senso ti rispondo da spettatrice chiedendomi con quale fiducia andrò a teatro e mi siederò vicino ad uno sconosciuto. Il modo di guardare gli altri è cambiato, ma questo era inevitabile. Il contatto fisico con l’altro è passato da scontato a punto di domanda. E anche il nostro lavoro di danzatori, costruito sul contatto tra i corpi, credo ripartirà con qualche insicurezza. Magari torna velocemente tutto come prima! Ma sicuramente si agirà con un’attenzione diversa. Voglio pensare che alla fine della quarantena ci sarà una voglia tale di tornare a guardare lo “spettacolo dal vivo” più forte dei dubbi e delle perplessità.

A proposito di pubblico, la rinuncia ai rimborsi degli abbonati alle stagioni è un gesto importante da parte degli spettatori. Essersi “lasciati” in questo modo crede sia speranzoso per una nuova fioritura di pubblico della danza alla ripartenza dell’Italia? Qual è il pensiero di Viola Scaglione in tal senso?

Quando ti arriva una richiesta di rimborso, comprendi la difficoltà ma ci resti un po’ male. Chi invece sceglie di non essere rimborsato mostra solidarietà e vicinanza in un momento complicato per tutti. E in un momento così, bisogna ripartire dalla condivisione e dallo scambio. Noi del BTT, con delle lezioni online, abbiamo creato un gruppo di persone, sia professionisti che amatori, che ci seguono. Tutti i ricavati li stiamo devolvendo agli ospedali. Questo è ciò che mettiamo a disposizione della comunità in un momento in cui non possiamo danzare sul palco per il pubblico. Bisogna ripartire con energia e da comunità: solo così possiamo fare bene e velocemente.

Oltre quelle economiche, quali sono le risorse da mettere in campo per superare il momento?

Serve lo Stato ed un’azione importante e responsabile da parte del Ministero, con città e regioni allineate. Le restrizioni hanno bloccato tutte le entrate, non le uscite. Quindi aiutare i teatri e le diverse realtà a gestire queste uscite diviene il primo passo.  Ognuno di noi si rimboccherà le maniche, ma solo un intervento tempestivo delle istituzioni può davvero fare la differenza. Questa emergenza si colloca anche nel momento più “fragile” per le compagnie, perché è il momento della programmazione e dell’arrivo dei primi contributi. Siamo doppiamente deboli e lo Stato deve intervenire con scelte strategiche che dovranno essere chiare, definitive e durature. Vanno sostenuti la distribuzione degli spettacoli e gli assetti strutturali delle compagnie. Noi ci attiveremo a livello locale e nazionale.

Questo può essere il momento giusto per porre fine alla precarietà di settore e sembra ci sia un’apertura diversa delle istituzioni nei confronti della nostra categoria. Diventiamo finalmente visibili. Per riuscirci dobbiamo però mettere insieme le nostre voci e diventare un grande coro.

Lo Smart Working: la vita che conducevamo prima può “trasferirsi” a casa?

Lo Smart Working ci impone di rivedere la nostra relazione con la tecnologia, migliorandola. Per me non sostituirà mai la presenza fisica ma senza dubbio può divenire una risorsa concreta per ridurre le distanze e ottimizzare le risorse. L’emergenza ne ha imposto un rapido inserimento nelle nostre vite e, alla fine di questo periodo buio, avremo acquisito una nuova abilità che ci tornerà utile. Circa il training del corpo viviamo un momento di grande offerta: la proposta web di danza è molto ricca, forse più di prima. Per noi danzatori è una strategia di sopravvivenza che ottempera le mancanze del momento. La danza “in sala” è insostituibile e quella “virtuale”, sebbene ci tenga allenati, non ci porta in profondità nei processi creativi di compagnia. E’ un palliativo del momento. Allo stesso tempo, con gli spettacoli online disponibili gratuiti, gli spettatori si rendono conto di quanto le arti performative possano arricchire la giornata.

Tra isolamento e morte, c’è chi festeggia dai balconi il roseo futuro in cui si spera. Le emozioni sono diverse ed emergono in un contesto dove la socialità è sempre più “social”. Tutto ciò come trova posto nel pensare creativo di una direttrice?

La mia vita attuale non è diversa da quella di prima dell’avvento del Covid-19 ed è chiaro che ognuno reagisce in base alla propria natura. A Torino il fenomeno “balconi” mi è parso un’esplosione di speranza iniziale che, con il passare dei giorni, purtroppo è andata esaurendosi. Ognuno ha il proprio modo per elaborare il momento ed è giusto che venga rispettato. Per me oggi siamo tutti allo stesso livello. La mia attenzione è sulla relazione tra il tempo che passa e le modalità con cui le persone si riorganizzano in questo tempo. Questa è una manifestazione della bellezza su cui ha valore indagare artisticamente.

Credo che questo sia per un artista un momento di riflessione: pensi alle esperienze accumulate, alle nuove direzioni e visioni, magari anche al modo in cui realizzarle. Per me è stato bello riscoprire in questi giorni lavori datati e ripensare a come sono nati attraverso la scrittura e le parole. Questa emergenza Covid-19 mi fa ripensare appunto alle parole, al loro utilizzo e risonanza: non so perché, ma sento che l’uso della voce sarà uno dei miei nuovi canali di indagine quando ritorneremo alla normalità.

Salutiamo Viola Scaglione guardandoci virtualmente negli occhi e rinnovandoci l’augurio di un veloce ritorno alla nostra amata danza.

Inchiesta Covid-19-si cambia danza

Piemonte

Compagnia Balletto Teatro di Torino

Torino

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Danzatore, docente di danza e chinesiologo. Opera come performer e giovane autore in Borderline Danza di Claudio Malangone e collabora come danza-educatore con enti e associazioni. Attivo nel campo della ricerca pedagogico-didattica, porta avanti un'indagine sui vantaggi della danza come dispositivo di adattamento cognitivo e sociale.