Cunningham ai saluti per il suo "Xover" (ph Kawakahi Amina)

Per Merce Cunningham, tempo, ritmo e musica di una coreografia non sono sinonimi, sebbene questi termini, da un punto di vista coreografico, a volte vengano usati senza le dovute cautele. Se il tempo determina la durata di una coreografia ed il ritmo configura i movimenti del corpo nello spazio, la musica per Merce Cunningham non è affatto necessaria, anzi se ne può fare tranquillamente a meno. Nel percorso storico che ha portato la danza (e la coreografia) a diventare un’arte autonoma al pari delle altre, Cunningham demolisce l’ultimo tabù, cosa impensabile fino a quel momento, non solo per il balletto, ma anche per la modern dance. E’ l’ultimo e più importante momento di “presa di coscienza” da parte della coreografia contemporanea: la danza esiste anche in assenza di musica e, di conseguenza, le due arti sono autonome e separate.

La danza in assenza di musica

Secondo Merce Cunningham, infatti, “… musica e danza possono essere entità separate, indipendenti e interdipendenti, che condividono un tempo comune. C’è una flessibilità permanente nel rapporto tra le due arti; siamo coinvolti in un processo di lavoro e di attività e non in una serie di oggetti finiti. Nonostante i timori che ciò possa avere causato nei danzatori che hanno condiviso con me queste esperienze, credo che essi concorderebbero nell’affermare che si tratta di un processo anche esilarante e avventuroso: ti tiene sulla punta dei piedi e fa sobbalzare la mente, tanto quanto il corpo.” (1)

John Cage and Merce Cunningham, 1986 (Photograph: Jack Mitchell / Getty Images)

Forse nessun aspetto della coreografia di Cunningham, neanche l’assenza di punti fissi nello spazio, ha portato tanto “scompiglio” ed allo stesso tempo sgomento non solo tra il pubblico, ma anche tra coreografi e danzatori, alcuni dei quali ancora oggi si chiedono il perché di questa “rinuncia”. Lasciarsi “ispirare” dalla musica sembra conservare inalterata la venatura di un irrinunciabile romanticismo. L’idea che si possa comporre una coreografia nel silenzio, ascoltando solo il ritmo del movimento in sé, dei corpi, dei passi, ancora oggi lascia alcuni attoniti, stupiti, perplessi, se non increduli. E questo per un motivo molto serio: ambedue si sviluppano nel tempo e quindi danno l’impressione di non potersi separare tra loro, come se ci fosse un legame ”naturale”, indissolubile e non eludibile tra la musica e la danza, e per molto, molto tempo non si è riusciti ad immaginare altro. 

O meglio: mentre per la musica è sempre stato possibile avere un’autonomia esistenziale indipendente dai corpi che si muovono, a questi stessi corpi in movimento non era stato dato il “permesso”, fino a quel momento, di esprimersi anche in assenza della musica. C’è un problema culturale in questo legame a senso unico, poiché è il corpo che non può, non deve diventare protagonista assoluto. Come un marito che può tradire la moglie, mentre questa deve rimanergli comunque fedele. E la danza ancora affanna per rendersi accettabile, gradita, credibile, plausibile, all’altezza. In molte occasioni lo fa grazie alla musica, a volte nascondendosi dietro di essa, a volte usandola, a volte essendo usata, cercando di non imporre mai sé stessa nella sua interezza ed integrità, quasi con la paura che il corpo si mostri, si identifichi, si renda riconoscibile con i suoi significati.

Quando un corpo si muove, non c’è bisogno di altro, non sono necessari significati aggiuntivi o stratificati che potrebbero addirittura oscurarlo. Un corpo si muove o resta immobile indipendentemente dai suoni che lo circondano, rimanendo sempre e comunque sé stesso. E’ un problema religioso, storico, filosofico. Ma questo lo abbiamo scoperto dopo Merce Cunningham e John Cage.

Separando intenzionalmente due cose che erano state così incessantemente collegate nel corso della storia, Cunningham ha reinventato la ruota…”(2). E’ il concetto stesso di coreografia che viene rivoluzionato nelle basi da questa “scoperta”, così come il modo in cui la danza viene vissuta dallo spettatore.

“….the music, the sound, cuts the time up differently from the way the dance does. The music cuts it for the ear, and the dance cuts it for the eye.”(3): la musica, il suono, tagliano il tempo in modo diverso dal modo in cui lo fa la danza. La musica lo taglia per l’orecchio e la danza lo taglia per l’occhio.

Cunningham crede fermamente che l’indipendenza della danza dalla musica offra ad entrambi un maggior grado di libertà espressiva, di identità e di autonomia creativa. “Il risultato è che la danza è libera di agire come vuole, così come la musica“, scrisse in un articolo di una rivista del 1953. “La musica non deve lavorare fino alla morte cercando di sottolineare la danza, altrimenti la danza crea scompiglio nel tentativo di essere appariscente come la musica.” (4)

Dancers with the Merce Cunningham Dance Company perform in Madrid in 2009. In accordance with Cunningham’s wishes, the company shut down soon after his death.

Sono molteplici le occasioni in cui Cunningham ha dichiarato di essere partito dalle idee sulla musica di John Cage, in cui la musica non è basata sull’armonia, o su forme come tema e variazione, ma sul tempo come struttura temporale – temporal structure.

“La rivoluzione che Cage ha operato va molto più lontano della musica atonale, in quanto scardina la concezione della tirannia del tempo, attribuendo la stessa importanza ad ogni evento sonoro, suono o rumore che accade nel tempo reale. Tutti i momenti sono equivalenti ma allo stesso tempo ogni momento è unico. La musica di Cage tratta ogni evento (nota, rumore, suono) come centro di sé stesso che interseca altri centri sonori, senza impedimenti, non assoggettato ad alcun principio organizzativo. Ogni centro è generatore di una moltitudine di interazioni: in tal modo è contingente ma, nella sua contingenza, necessario, in quanto momento a partire dal quale si intrecciano relazioni possibili e si aprono spazi. La ridefinizione della musica implica una ridefinizione della vita stessa. L’essere umano diventa un aprirsi a ciò che si può udire, la sua essenza è ascoltare piuttosto che volere qualcosa. L’ascolto, qui inteso come gesto originario dell’uomo, è così la precondizione di ogni volontà, il primo atto: ascoltare ciò che accade, ovvero i suoni come suoni, caratterizza il nostro stare al mondo.”(5)

E’ evidente quanto tutto questi si rispecchi nel metodo compositivo di Merce Cunningham e come nella loro autonomia artistica, Cunningham e Cage abbiano giocato una partita a due ancora non terminata, riflettendosi l’uno nell’altro,come due facce della stessa moneta o meglio due monete nella stessa tasca come ha detto Sally Banes in Cunningham, Balanchine, and Postmodern Dance – Dance Chronicle Publication del 2010 .Allo stesso tempo John Cage afferma che Sono stati due gli elementi che lo hanno portato allo structural rhyrhm, il primo la natura stessa dei materiali, degli strumenti con cui suonava, le percussioni, in cui l’armonia è assente, il secondo il fatto di lavorare con danzatori della modern dance, già da prima di incontrare Cunningham, che avevano bisogni di tempi stabiliti. ”Two facts that led to structural rhythm: the physical nature of the materials with which I was dealing [percussion], and the experience I had in writing within the lengths of time prescribed for me by modern dancers.” (6)  Come un cerchio che si chiude su sé stesso e dove è impossibile stabilire da dove è iniziato e dove finisce.

Merce Cunningham and John Cage, September 1986. (Photo by Jack Mitchell/Getty Images)

Per Merce Cunnigham la musica della danza può essere vista dai corpi di chi danza piuttosto che ascoltata, se non nei passi, nei rumori o nel respiro stesso dei danzatori. Nancy Dalva – Merce Cunningham Trust Scholar in Residence in “The way of Merce” ci spiega che per Cunningham la musica della danza è il suo ritmo, il ritmo stesso del movimento, il suo ritmo intrinseco. Quando M.C. sviluppa sezioni coreografiche con gruppi di danzatori, la musica del movimento diventa immediatamente evidente, perché la vediamo nel ritmo dei movimenti e nei corpi dei danzatori, ed è talmente evidente che ti sembra di ascoltare una musica che non c’è.

Durante le prove, eseguite nel silenzio, in cui il rumore dei corpi e dell’ambiente circostante diventano “la colonna sonora”, i danzatori di Cunningham sembrano danzare su una musica udibile solo a loro. Ne vedi il fraseggio, il ritmo, le coloriture. Così in scena, durante gli spettacoli con le musiche di John Cage, David Tudor o Gordon Mumma, continui a sentire la musica della danza fatta dal respiro, dai passi, dal rumore dei corpi, di cui è parte anche il suono – o il ricordo indimenticabile – degli schiocchi di dita, delle battute di mano, della voce profonda e pacata di Merce Cunningham.

Merce Cunningham era perfettamente consapevole, cosi come John Cage, di quanto fosse complesso e difficile per il pubblico accettare che la danza non avesse nulla in comune con la musica se non il tempo e la condivisione del tempo. Specialmente agli inizi delle loro carriere, più volte i loro spettacoli sono stati fischiati ed il pubblico ha abbandonato la sala, fino a lanci di oggetti che hanno quasi interrotto gli spettacoli. Ma la loro ricerca non si è mai fermata, così come i danzatori della MCDC hanno sempre terminato le loro esibizioni anche con il pubblico più agguerrito.

Dopo la diffusione del walkman, più volte, durante presentazioni ed interviste, John Cage ha suggerito al pubblico di portare da casa la propria musica preferita, indossare le cuffie e seguire lo spettacolo con una musica scelta da ciascuno. E questo per consentire che accadessero “cose”, andassero avanti, per essere sempre e costantemente vicini ad un punto in cui sia possibile scoprire qualcosa, piuttosto che ripetere quello che è già stato fatto o che hai già fatto o che sai già fare.

Con Merce Cunnigham la danza ha provocato le tradizioni e le convenzioni della danza stessa. Non tanto con un senso di sfida, quanto con il senso di una visione di un mondo possibile in cui in quel momento erano coinvolti artisti visivi e compositori. Come ha detto lui stesso a Peter Gross, queste nuove idee erano nell’aria, erano delle possibilità che non erano mai state provate prima. E si poteva vedere, intuire che offrivano delle possibilità anche se non si era sicuri di cosa sarebbe potuto venire fuori.

Come ha detto il famoso ballerino e coreografo Mikhail Baryshnikov (1948) – che più volte ha danzato sue coreografie – “Merce Cunningham ha reinventato la danza e poi ha aspettato il pubblico”. (7)

Il tempo: “sono circa 40 minuti”

Quando una volta è stato chiesto a Merce Cunningham di cosa trattasse una sua coreografia, ha risposto: “sono circa 40 minuti”. (8)  

Ho riflettuto a lungo su questa affermazione poiché credo contenga molto più di quanto apparentemente dica. Collegare il significato di una coreografia alla sua durata temporale è quanto meno sorprendente (due coreografie della stessa durata significano la stessa cosa?). Ma il problema è proprio lì, le coreografie di M.C. non significano, le coreografie di M.C. sono e quindi l’unico elemento misurabile fenomenologicamente è proprio la loro durata. John Cage ha scritto nelle note di programma per una performance di Cunningham che “is theater that doesn’t “say” something, but rather simply “presents” activity.” (9)

L’affermazione di Cunnigham sulla durata di una sua coreografia, in risposta alla richiesta sull’argomento della stessa, rivela che il suo concetto di tempo è un concetto essenzialmente fisico-sperimentale poiché  “Il tempo è ciò che si misura con degli strumenti adatti”.(10) Infatti, in ogni occasione, nello studio di danza, durante le prove, dietro le quinte, M.C. lavorava con un cronometro con cui misurava il tempo delle sue coreografie. Nacy Dalva ci dice: “Era il Bianconiglio (“Sei in ritardo! Sei in ritardo!)” (11).

Spilt Sides – Merce Cunningham Dance Company – 2003

In tutte le occasioni in cui ho avuto la possibilità di assistere alle prove di Merce Cunningham con la MCDC , l’unico “strumento” utilizzato in quel rumoroso silenzio senza musica provocato dal respiro, dai movimenti dei danzatori e dall’ambiente circostante, era un cronometro con cui misurava la durata delle sezioni di tempo nello spazio. Ed era anche l’unica “correzione” che gli ho visto dare alla sua compagnia, ovvero se il tempo della coreografia fosse stato rispettato o meno. M.C. misurava il tempo che impiega un movimento o più movimenti a compiersi nello spazio, o una sezione di movimenti, come dell’intera coreografia, per cui è la durata temporale del movimento nello spazio che definisce il movimento stesso nella sua interezza ed integrità.

“ … il tempo si configura come un continuo misurabile, il quale si distingue da quello dello spazio in quanto possiede una sola dimensione… Basta notare come il tempo esteso non sia, a rigore, neppure tempo, se per esso s’intende qualcosa che sussista per sé a pari diritto dello spazio e indipendentemente da esso, così come la sussistenza dello spazio non sembra esigere, per la sua concepibilità, quella del tempo. Il tempo esteso non è infatti concepibile senza un accadere, cioè senza uno spazio in movimento: in un universo che restasse assolutamente e totalmente identico a sé medesimo non vi sarebbe infatti alcun tempo… Non s’invecchia perché il tempo passa, ma il tempo passa perché s’invecchia: ossia …non il tempo è condizione dell’accadere, ma l’accadere è condizione del tempo. Il che avviene perché, appunto, il tempo non è in questo caso altro che una dimensione dello spazio, e cioè il parametro dello spazio in moto accanto ai tre parametri dello spazio fermo”. (12)

Il che ci porta allo spaziotempo della fisica che intende la struttura quadridimensionale dell’universo, introdotto dalla relatività generale ristretta, come composto da quattro dimensioni: le tre dello spazio – lunghezza, larghezza e profondità – e il tempo, che insieme sono il luogo nel quale si svolgono i fenomeni fisici.

Non è il tempo percepito quello che interessa a Cunningham, il tempo la cui durata varia in rapporto alla coscienza del singolo, quanto piuttosto iltempo spazializzato”, come lo definisce il filosofo francese Henri Bergson (1859/19419), il tempo della scienza, astratto ed esteriore, in cui gli istanti sono distinti l’uno dall’altro secondo un criterio quantitativo per cui ogni momento può essere ripetuto un numero indefinito di volte. “… come una successione di istanti della stessa durata, basato sul movimento delle lancette dell’orologio, [il tempo] è il frutto di un’operazione dell’intelletto, che “spazializza” il tempo, ossia lo concepisce come un corpo fisico e lo divide in segmenti uguali”. (13)

La dimensione temporale delle coreografie di Cunningham è un dato certo, un contesto, una cornice stabilità con precisione cronometrica come i 4’33’ di Joh Cage. La durata complessiva dello spettacolo viene decisa con precisione ancora prima dell’inizio delle prove, ed è quella durata che sospende in uno spazio atemporale le coreografie di Cunningham.

Il tempo secondo John Cage

Sicuramente il tempo di John Cage è anche quello di Merce Cunningham.

Secondo Cage, l’elemento più importante della musica è proprio il tempo. Nel suo saggio del 1949 Forerunners of Modern Music, Cage spiega che delle quattro caratteristiche del suono – altezza , intensità, timbro, durata – solo la durata coinvolge sia il suono che il silenzio, così come ogni suono/silenzio può esistere per un lungo periodo di tempo. Nello stesso modo in cui Cunningham ha detto che un corpo nello spazio, sia esso fermo o in movimento, occupa sempre lo stesso tempo.

John Cage

Inoltre, secondo Cage, una struttura basata sulle durate, sulla struttura ritmica, è una struttura corretta, al contrario di una struttura basata sull’armonia, costruita sul tono, che non può contenere il silenzio e che quindi non è corretta. “… a structure based on durations (rhythmic: phrase, time lengths) is correct (corresponds with the nature of the material), whereas harmonic structure is incorrect (derived from pitch, which has no being in silence).” (14)

Cage, come abbiamo già detto, dice di essere arrivato a questa conclusione grazie alla sua vicinanza alla danza moderna e alle percussioni, ed allo stesso tempo perché non ha mai avuto una certa sensibilità per l’armonia – “I certainly had no feeling for harmony” – (15) o forse semplicemente perché non gli interessava.“ John Cage poteva suonare su campanacci, ciotole di riso, parti di automobili e gong del tempio, rompendo una bottiglia di vino dove un normale percussionista poteva colpire i suoi piatti. Ma l’unica cosa che questo musicista che ha iniziato come accompagnatore di danza non poteva (o non voleva?) fare era tenere il tempo” (16).

Se tutto questo ha fatto “impazzire” il pubblico – “Many people leave my concerts thinking they have heard noise” (17) – , soprattutto quello della danza, non sono da sottovalutare le reazioni dei danzatori della MCDC, tante volte ed in tante occasioni ringraziati dallo stesso Merce Cunningham per averlo seguito in tutte le sue sperimentazioni, dal metodo del caso, agli Event, al common time. “John non riusciva a tenere il ritmo e non poteva seguire il fraseggio della danza”, ha detto Remy Charlip (1929/2012), che come membro fondatore della Merce Cunningham Dance Company ha sopportato l’accompagnamento idiosincratico di Cage negli anni ’50.” (18)

Come in molte occasioni, Cunningham tira una linea dritta o ci racconta la “versione breve” e così, sempre nell’intervista del 1965 con Terry Gross, ci dice che la musica e la danza si svolgono entrambe nel tempo ed è questo l’unico elemento che realmente hanno in comune. Quindi la soluzione è stata quella di metterle insieme, di farle convivere nello stesso tempo durante lo spettacolo e separarle nella fase creativa, affichè ognuna conservasse la propria autonomia. “And we both thought, well, that’s the one thing that really connects music and dance, is the fact they both take place in time. And if you put them together, they can take place in the same time.” (19)

Ma le cose andarono anche in una maniera più articolata.

Ricordiamoci che Cage ha creato la sua invenzione più famosa, il “pianoforte preparato”, proprio per la danza. Nel 1940, quando era un accompagnatore per la danza alla Cornish School di Seattle, Cage aveva formato un sestetto di percussioni composto tutto da danzatori – scelta certamente singolare – eccetto lui. Una studentessa di danza di nome Syvilla Fort (1917/1974), poi danzatrice della Katherine Dunham Company, chiese a Cage di scrivere la musica per il suo concerto di laurea e Cage avrebbe voluto usare un ensemble completo di percussioni per il brano “Bacchanale”, ma non c’era spazio a sufficienza per tutti nel teatro. Così ebbe l’idea di portare le percussioni nel pianoforte, mettendo viti, bulloni e pezzi di cuoio tra le corde dando vita alla nascita del “pianoforte preparato”.

The Cage Percussion Players – 1940

Allievo di Arnold Schoenberg (1874/1951), per il quale armonia e tono erano dimensioni principali della musica, Cage era attratto da un tipo di musica molto diversa in cui le percussioni erano centrali, sebbene in quegli anni le percussioni fossero molto marginali avendo principalmente un ruolo di supporto. La centralità delle percussioni per Cage ha avuto diversi aspetti, dall’esotismo etnomusicologico all’invenzione di sorgenti sonore come il gong ad acqua, all’usare ready-made industriali, come liberare il rumore dalla subordinazione al suono intonato.

Sulle premesse di Cage, Merce Cunningham cotruisce e sviluppa insieme a lui il suo discorso sul tempo e lo pone alla base della sua ricerca coreografica.

“Una struttura formale basata sul tempo sarebbe più libera nello spazio rispetto al “blocco” del tema e della manipolazione. Ora, il tempo può essere un’enorme seccatura con la sua ordinaria misurazione al centesimo ma, se si può pensare alla struttura come a uno spazio di tempo in cui tutto può accadere in qualsiasi sequenza di eventi di movimento e qualsiasi durata di immobilità può avere luogo, allora il conteggio è un aiuto verso la libertà, piuttosto che una regolazione che conduce verso la meccanizzazione. Un uso della struttura basata sul tempo libera anche la musica nello spazio, rendendo la connessione tra la danza e la musica una connessione di autonomia individuale collegata a punti strutturali.” (20)

Rhythmic structure

In “Four Events That Have Led to Large Discoveries” del 1994, Merce Cunningham afferma che nel corso della sua ricerca ci sono stati quattro eventi che hanno portato a scoperte di grandi proporzioni nel suo lavoro. Oltre alle chance operations, al lavoro con video e film ed al più recente dance computer, Life-Forms (realizzato con una  joint venture tra I Dipartimenti di Danza e Scienze della Simon Fraser University in British Columbia), la prima scoperta è stata verso la fine degli anni Quaranta quando nel suo lavoro iniziale con John Cage, nei primi assoli, hanno iniziato a separare la musica e la danza, usando quella che Cage chiamava una “struttura ritmica“, ovvero le lunghezze concordate come punti di inizio e fine della struttura tra la musica e la danza, che gli ha permesso di lavorare separatamente sia sulla coreografia che sulla composizione musicale e che ha permesso alla musica e alla danza di avere un’indipendenza tra i punti della struttura.

La struttura ritmica delle coreografie di Cunningham è una struttura talmente chiara da divenire vincolante e capace di definire il movimento stesso, per cui non è possibile confondersi tra le durate, le intensità, la spazialità del movimento. Allo stesso modo, nella sua tecnica, l’accuratezza ritmica, la definizione stessa degli esercizi (excersise on four, on six, exercises on eight counts), la molteplice varietà di meter e tempi, sono alla base della precisione ritmica del movimento e della dinamica. Per Cunningham il ritmo è lo strumento principale per sostenere ed amplificare l’energia del danzatore.

Il ritmo è il tempo a cui succedono cose che si organizzano e ordinano tra loro in un ciclo di movimenti che compongono la danza stessa. Una catena di “eventi” che si succedono con le loro specifiche durate temporali. Così come lo spazio è un luogo dove le cose accadono, cose “pesanti e leggere, piccole e grandi; tutte sono senza relazione alcuna ma ciascuna di esse si ripercuote su tutte le altre” (21).

La dimensione temporalediviene in Cunningham puro ritmo, identificandosi con la definizione cageana di struttura. Non si tratta più, come nell’Espressionismo storico o nella danza drammatica della Graham, di rivelare le contraddizioni della “materia”, di evidenziarne i conflitti, ma piuttosto di eliminare il più possibile gli “affetti” del corpo, poiché essi oppongono la loro dinamica spasmodica alla leggibilità del tempo: il materialismo di Cunningham, di matrice eraclitea (Eraclito, il filosofo del continuo divenire), concepisce la materia-tempo come scorrimento, la danza come acqua, e “il corpo del danzatore non si bagna mai due volte nello stesso fiume” (Eraclito). Il tempo sfugge al suo potere di trattenerlo.” (22)

La ricerca di Merce Cunningham ha spalancato le porte ad ogni sperimentazione futura, poiché  “Merce Cunningham è l’azione e la reazione, colui che determina il dopo. New Dance, Post- modern dance, contact, minimal dance, performance, work in progress, happening, Yvonne Rainer, Trisha Brown, Viola Faber, Lucinda Childs, Douglas Dunn, Simone Forti, Steve Paxton, David Gordon, Daborah Hay, Andrew De Groat,Karole Armitage, Jim Self, Sara Rudner, Pooh Kaye e chiunque abbia sentito il suo odore” (23)

Merce Cunningham e John Cage

Continua….

Leggi anche:

Dance Composition 10 | Merce Cunningham, destrutturare l’arte: movimento e spazio

Dance Composition 9 | Merce Cunningham destrutturare l’arte: che cos’è la danza?

Dance Composition 8 | Cunningham, Cage, Rauschenberg, Johns: in principio fu Duchamp (seconda parte)

Dance Composition 7 | Cunningham, Cage, Rauschenberg, Johns: in principio fu Duchamp (prima parte)

Dance Composition 6 | Cunningham, Cage, Rauschenberg: un tempo in comune

Dance Composition 5 | Merce Cunningham, John Cage, il caso. Una storia d’amore.

Citazioni e fonti

M. Cunningham, A Collaborative Process between Music and Dance (1982) in R. Kostelanetz, Merce Cunningham. Dancing in Space and Time, London, Dance Books, 1992 – traduzione di Rossella Mazzaglia Merce Cunningham, Un processo di collaborazione tra musica e danza, con un’introd. di Marinella Guatterini, in «Culture Teatrali», n. 14, primavera 2006, pp. 81-94 – (1)

Anna Sargenat – How Merce Cunningham reinvented the way the world saw dance – dazeddigital.com – 2019 – (2); (7); (8)

Terry Gross – Remembering Choreographer And Dancer Merce Cunningham- 2019 – npr.org (3); (19)

Calvin Tompkins – An appetite for motion – newyorker.com – 1968 – (4)

Claudia Landolfi – Vuoto d’autore: indeterminazione, non intenzionalità e organizzazione nella poetica di John Cage – aperture-rivista.it (5)

John Latartara – Cage and Time: Temporality in Early and Late Works –Symposium.music.org – 2007 (6); (14);  

Sarah Kaufman- John Cage, with Merce Cunningham, revolutionized music, too– waschingtonpost.com – 2012 (9); (15); (16); (18)

Tempo – Wikipidia (10)

Nancy Dalva – Merce Cunningham Trust Scholar in Residence – Saggio originariamente commissionato da Patsy Tarr e pubblicato nella sua rivista  Dance Ink ; e più tardi in  Merce Cunningham, Dancing in Time and Space , Richard Kostelanetz, ed .; pubblicato anche dalla Stanford University e riprodotto presso la Ohio State University e la New York University. —– 1992, 2012, 2014 – mercecunningham.org (11)

Goffredo Coppola, Guido Calogero, Giovanni Giorgi, Luigi Volta – Tempo – treccani.it/enciclopedia/tempo – (12)

Claudio Fiocchi – E’ tempo di capirsi:Einstain e Bergson – aulalettere.scuola.zanichelli.it – 2017 (13)

David Revill – John Cage – pas.org (17)

Merce Cunningham – Space, Time, and Dance

Trans/Formations 1, pp. 150-151, Wittenborn & Co, 1952- mercecunningham.org (20)

Merce Cunningham – Space,Time and Dance, in Merce Cunningham. Fifty Years (21)

Marinella Guatterini – Cunningham, l’intramontabile – wsimag.com – 2019 (22)

Gabriella Stazio – Note di programma – “Event 1 – Event 2” Coreografia di Merce Cunningham, musiche di John Cage, Takehisa Kosugi, David Tudor – Merce Cunningham Dance Company – Teatro San Ferdinando – Napoli – aprile 1985 (23)

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