La danza del Novecento

All’inizio del Novecento grandi visionari del mondo del teatro e della danza ricercano nuove rappresentazioni del movimento attraverso l’osservazione della natura. Questi artisti rigettano le tradizionali concezioni dell’arte attoriale e coreutica per la ricerca di un corpo nuovo, liberatorio ed espressivo, grazie anche ad un diverso utilizzo della musica ora ispiratrice e non più succube della coreografia. Ora l’artista viene visto in tutta la sua totalità, quindi anche nella sua sfera emotiva. La sinuosità, la fluidità e la dinamicità sono le caratteristiche fondamentali della nuova danza i cui movimenti sono ispirati alla natura e alle leggi dell’organicità. Ogni movimento eseguito è l’inizio di un movimento successivo e questo lo rende fluido. La fluidità, in particolare, diventa oggetto delle ricerche della pioniera Isadora Duncan le cui visioni saranno fondamentali per lo sviluppo prossimo della modern dance.

Isadora Duncan ritratta dal pittore Plinio Nomellini

Influenze

Genevieve Stebbins- foto dal web

Isadora Duncan è influenzata profondamente dalla dottrina di Delsarte dal quale non prende insegnamento diretto ma ne subisce le influenze. Probabilmente attraverso Genevieve Stebbins, una delle più autorevoli rappresentanti del delsartismo in America, la quale elabora, sulla base del sistema delsartiano, un personale linguaggio espressivo definito statue posing. La Stebbins, ispirandosi ai modelli statuari classici, danza in scena scalza e abbigliata con una tunica alla greca, proprio come farà la Duncan più tardi.

Il linguaggio naturale dell’anima diventa il movimento del corpo

Il sogno della Duncan è ricondurre la danza alla dignità che rivestiva nel teatro greco dove l’attore si esibiva nella sacralità del coro tragico danzando e cantando. Affida così alla danza il compito di esprimere le emozioni profonde suscitate nell’animo dalla poesia, dalla musica, dall’arte in generale ma soprattutto dalla natura. Il suo lavoro tende alla riscoperta nel corpo umano di un potenziale energetico oramai inespresso e alla riscoperta di una bellezza originaria ormai offuscata dal materialismo del suo tempo. A tal fine il corpo del danzatore deve liberarsi, nel senso letterario e metaforico del termine, diventando nudo e scalzo, spoglio di tutte le false abitudini indotte dalla società borghese e dal materialismo che ne occultava la bellezza naturale. Solo così il danzatore potrà intraprendere il percorso di unificazione dell’anima con il corpo: il linguaggio naturale dell’anima diventa il movimento del corpo.

La fonte ispiratrice: la natura

La Duncan conduce una ricerca sistematica sul patrimonio dell’antichità classica studiando bassorilievi e sculture, visitando musei e riscoprendo una bellezza organica cioè che si rifà alle leggi della natura. Indaga sui fenomeni naturali quali il movimento delle onde del mare, del vento, degli uccelli in volo e degli animali in assoluta libertà. Ricerca un movimento naturale quindi e non artificiale come la danza accademica imponeva. Abbigliata come una dea greca e a piedi nudi, utilizzando spesso un semplice telo azzurro come fondale, porta in scena una danza basata sul linguaggio del gesto dove il movimento trova fonte di ispirazione nelle emozioni. Come aveva già fatto Delsarte, ella rivaluta la funzione del torso, il plesso solare, sede del cuore e del respiro e sorgente del movimento offrendo preziose indicazioni ad altri pionieri della danza moderna che ne faranno più tardi la base di nuove tecniche.

La danza e le leggi dell’organicità

L’arte in che relazione si trova con la natura? Nella riflessione artistica il termine organico indica qualcosa di armonioso, regolare, ben equilibrato, strutturato, quindi secondo la legalità della natura: è bello ciò che è organico, non è immutabile ma vive nel flusso continuo dell’evoluzione. Il termine “organicità” sta spesso ad indicare ciò che nella natura fa parte o che della natura manifesta la presenza in modo vivente. Linguisticamente organico è ciò che è formato da più elementi o parti coordinate tra loro allo stesso fine. Il termine deriva dal greco organikos aggettivo di organico che significa strumento, la radice ergon che vuol dire lavoro, opera. Osservando infatti in modo analitico la natura si riscontrano, alle fondamenta, alcune strutture di base, principi presenti costantemente negli organismi e che sono leggi che strutturano e governano la natura.

Studi filosofici e pittorici: Goethe e Tischbein

Tra la fine del Settecento e gli inizi dell’Ottocento Goethe compie studi sulla botanica rivolgendo l’attenzione alla morfologia delle piante ma elaborando riflessioni ad ampio raggio. Rifiuta la scienza meccanicistica, parlando di natura non si può parlare di una forma che indica stabilità, fissità, conclusione, e dice che le parti delle cose presenti in natura e di un essere vivente, non sono separabili dal tutto perché possono essere comprese solo nel e col tutto! Per Goethe la sensazione di bello è perfezione con libertà, la bellezza è data dalla perfetta organizzazione delle parti che gli permetto libertà di movimento. Il suo amico pittore Wilhelm Tischbein, legge le sue Vicende dell’opuscolo (1817) e La Metamorfosi delle Piante (1790) e vede questi scritti come perfetti manuali di pittura: come insegnare all’artista a ideare gli ornamenti delle piante intorno ai pilastri di marmo ad esempio. L’idea della forma e della sua metamorfosi, lontane da una scienza meccanicistica, si insinuano in un’idea di scienza definita morfologia idealistica.

La Venere di Milo

La grazia e la bellezza nella linea “S”

Settanta anni prima Hogarth aveva affrontato il tema della bellezza nella la sua opera emblematica L’analisi della bellezza (1753). Si domanda come sia possibile che i più grandi artisti dei secoli abbiano prodotto opere di cotanta bellezza senza interrogarsi mai sulla bellezza stessa. La risposta sta nell’imitazione che hanno fatto della natura. Sia copiando la bellezza della natura, sia guardando le belle statue greche. Approfondendo i suoi studi riflette sulla sibillina frase di Michelangelo riportata dal pittore manierista e trattatista italiano Giovanni Paolo Lomazzo secondo cui si dovrebbe comporre sempre secondo una forma piramidale, a forma di serpente ad “S” moltiplicata per uno, due, tre. Hogarth sottolinea che i greci avevano capito che alla base della bellezza c’era un calcolo matematico delle proporzioni. Ricorda che per i greci la bellezza risiedeva in un cristallo triangolare dedicato a Venere (forse il triangolo di Michelangelo). Hogarth individua nella linea serpentina non solo grazia e bellezza ma l’intero ordine delle forme. Giunge a dire che la linea a “S” o linea serpentina o linea della grazia è la linea della bellezza!

La leggiadria del movimento è nella sinuosità della forma

La linea serpentina, a detta di Hogarth, va immaginata come una linea ondeggiante che avvolge un cono che oggi chiameremmo spirale. Essa è elemento caratterizzante della natura stessa ma ancora di più del corpo umano. Nell’uomo i muscoli e le ossa presentano questa torsione; non c’è osso tutto dritto nel corpo. Le opere scultoree in primis, l’Antinoo e l’Apollo del Belvedere, per quanto belle, sono sempre inferiori alla bellezza della natura. La bellezza degli animali e dell’uomo scaturiscono dalla proporzionalità e armonizzazione delle parti che la compongono. Aggiunge poi che nessuna creatura vivente è così capace di muoversi in così tante direzioni e in modo così tanto leggiadro come l’essere umano. Colui che è squisitamente proporzionato è capace di seguire movimenti più leggiadri, con grazia e disinvoltura, pertanto come nella danza.

La danza del Novecento/ Parte 1

Martha Graham Dance Company

Riferimenti bibliografici

  • R. Ciancarelli e S.Ruggero, Il teatro e le leggi dell’organicità. Antologia di fonti e studi, Dino audino Editore 2005

 

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Giornalista e critica di danza, danzatrice, coreografa, docente di materie pratiche e teoriche della danza, docente di Lettere e Discipline Audiovisive. Laureata in Arti e Scienze dello Spettacolo e specializzata in Saperi e Tecniche dello Spettacolo all’Università degli Studi di Roma “La Sapienza”. Dal 1990 è direttore artistico e insegnante del Centro Studi Danza Ceccano e curatrice del ”Premio Ceccano Danza". E’ inoltre direttrice e coreografa della CREATIVE Contemporary Dance Company.