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Viola Scaglione: il mio sogno è la danza in una grande “rete”.

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Viola Scaglione è direttrice artistica del Balletto Teatro di Torino. Dedica il suo impegno per la danza sia a livello locale che internazionale con  grande attenzione ai linguaggi della danza contemporanea. Nei suoi progetti coinvolge coreografi rinomati ed emergenti e mette in moto progetti educativi sia per giovani danzatori che per il pubblico. Con il BTT, in particolare, amplia la sua ricerca ai generi ibridi della danza in digitale, della performance contemporanea, e del teatro musicale sperimentale. Abbiamo intervistato Viola Scaglione nell’ambito dell’ inchiesta Covid-19 si cambia danza.

Creare in pandemia

La pandemia ha portato gli artisti a utilizzare nuove modalità di contatto con il pubblico come l’uso delle tecnologie e delle piattaforme streaming. Lei ha creato e quindi trasportato in digitale le sue attività?

Assolutamente sì. Ho trasformato degli spettacoli in progetti video  ma per scelta non in streaming, ho preferito mettermi alla prova e confrontarmi con linguaggi e tecniche differenti da quelli utilizzati da noi in precedenza. E’ stato interessante  comprendere come poter arrivare  a stabilire una relazione con il pubblico attraverso il video e colmare la distanza creando un intimità. Tre i  progetti video realizzati : un Docufilm dal titolo Al Momento-Thanks for the dance, sui 40 anni del Balletto del Teatro di Torino, un compleanno che avremmo tanto voluto festeggiare dal vivo ma che ha preso un’altra forma, Umanudità, video arte girato all’interno del Castello di Rivoli, museo d’arte contemporanea e infine un videoclip musicale .

Secondo lei l’assenza di pubblico dal vivo cambia la danza?

Certamente, il corpo si muove diversamente senza il pubblico. La qualità della danza e del nostro sentire cambia e  assume altri significati. Abbiamo comunque lavorato molto per riuscire a non perdere la nostra vitalità ed é stato fondamentale continuare a crescere e ricercare nonostante le difficoltà, la tecnologia e i numerosi progetti video ci hanno salvato e motivato.

Questa lunga emergenza è cambiato il rapporto con il pubblico?

L’ha cambiato nel senso che oggi, più che mai, andare a teatro è una scelta, un atto di coraggio e un’azione che si compie consapevolmente. Quello che ho percepito nel nostro ultimo spettacolo é stata la voglia reciproca di tornare a sentire delle emozioni, delle vibrazioni che solo se sei dal vivo puoi provare!

Cosa ne pensa delle comunità virtuali che la pandemia ha creato/rafforzato fra danzatori e pubblico?

Le ho trovate molto utili perché spesso manca il dialogo. Hanno permesso di creare una connessione tra gli artisti e il pubblico, abbattendo  barriere e creando collegamenti.

Spettacolo dal vivo: paure, speranze e criticità

Ha timori riguardo alla sopravvivenza dello spettacolo dal vivo?

Penso che i veri danni di questo periodo li scopriremo più avanti, e di questo sono molto preoccupata. Sento, però, una forza interiore molto forte che mi proietta e spinge ad andare avanti, a trovare soluzioni. Una forza che mi spinge a continuare a creare, a creare spazio in me e negli altri.

Come sta riorganizzando il suo lavoro in questo periodo molto critico?

Ho molto rivalutato il mio rapporto con il tempo e dedico molto più spazio alla progettazione che mi permette di realizzare sogni e visioni artistiche. La nostra struttura  è fatta di persone ed è paragonabile ad una cellula: aumenta di giorno in giorno e si nutre di punti di vista differenti, necessari per ampliare i nostri orizzonti ma è anche ricca di valori solidi e condivisi. In questi mesi ho intrecciato relazioni, alleanze,  collaborazioni, condivisioni di pensieri. Non mi sento un’accentratrice e penso che il lavoro di squadra sia la vera forza, quella forza che ci rende vivi.

Ritiene che lo spettacolo dal vivo sia adeguatamente sostenuto dalle risorse pubbliche nazionali o locali?

I sostegni e i contributi  arrivano purtroppo troppo tardi e spesso ci vediamo costretti a chiedere  anticipi e sconfinamenti alle banche pagando così gli interessi. E’ un meccanismo veramente lento che dovrebbe essere completamente rivoluzionato e ribaltato. 

I bambini vanno educati alla bellezza

Il sistema dello spettacolo dal vivo è più ancora il settore della danza sembrano molto poco conosciuti al pubblico e soprattutto dei decisori politici. Cosa pensa si potrebbe o dovrebbe fare a riguardo?

Sono dell’idea che il nostro sistema scolastico andrebbe rivisto alla base. I bambini sono il futuro e bisognerebbe educarli alla bellezza. L’arte, il teatro e la creatività dovrebbero essere materie quotidiane. Inoltre, ogni teatro dovrebbe programmare la danza esattamente come programma la prosa e la musica. Occorrerebbe ridistribuire gli spazi in maniera più equa. Fortunatamente oggi molti teatri  hanno direttori artistici di ampie vedute in grado di fornire una programmazione di ampio respiro. Sarebbero utili azioni di avvicinamento alla danza attraverso  attività collaterali in grado di coinvolgere e avvicinare le comunità del territorio.

Si dice che la danza abbia poco spazio nelle programmazioni dei teatri perché ha poco pubblico. Secondo lei è vero?

Il problema è strettamente legato alla cultura e l’educazione scolastica, come dicevo, andrebbe rivista. C’è poi un discorso di responsabilità degli artisti che devono saper creare un ponte, un contatto con il pubblico, attraverso le loro proposte. Chi fa ricerca non deve comunque trascurare la comunicazione, dovrebbe quindi tener conto anche delle attese del pubblico.

Viola Scaglione (Foto: Luigi De Palma) http://www.ballettoteatroditorino.it/

Si dice che bisogna formare il pubblico. Cosa ne pensa?

Sono favorevole al coinvolgimento del pubblico ma credo che esso debba poter rivendicare il suo diritto ad essere semplice spettatore. La chiave per l’artista è essere coerente con il proprio progetto e saper riconoscere quale ruolo attribuire al pubblico.

Come vorrebbe il tuo pubblico, ad esempio più informato, più curioso o più fedele?

Penso che sia importante regalare al pubblico anche spazio. Mi auguro un pubblico con una buona predisposizione all’ascolto, con un’apertura mentale e senza troppe aspettative. La comunicazione tra artista e pubblico è importante e non deve essere necessariamente verbale. Vorrei un pubblico fedele ma anche curioso. I mezzi per ottenere questo risultato secondo me variano a seconda di come gli spazi della performance vengono abitati. Ogni luogo ha una sua natura e va assolutamente rispettata e compresa.

Spesso si parla di coinvolgere il pubblico. Che senso ha dal suo punto di vista?

E’ corretto coinvolgere il pubblico solo se risulta necessario per il progetto. Non ci devono essere forzature, l’interazione deve essere pura e onesta. Lo studio della danza dovrebbe essere meno dispendioso.

Parliamo ora del sistema di formazione dei danzatori e delle professioni della danza.  La formazione in questo settore è soddisfacente secondo lei?

In Italia la formazione é molto cara e spesso le persone si devono spostare all’estero. Mancano i conservatori  in cui si studiano tutte le discipline artistiche in grado di fornire una preparazione completa e  che si dovrebbero trovare in tutte le città. Non trovo giusto che un artista debba essere costretto ad andare a studiare all’estero per approfondire le sue conoscenze o comunque a spostarsi dalla propria città, escludendo così tutte le categorie che economicamente non sono in grado di sostenere  queste spese.

Il sistema formativo è adeguato alle esigenze degli artisti e delle imprese cioè utile all’ingresso nel mercato del lavoro?

Secondo me dovrebbe dare più sostegno e permettere di studiare quasi gratuitamente. Attualmente quasi tutti i percorsi di formazione sono privati e dispendiosi. Le  istituzioni pubbliche preposte alla formazione per  danzatori dovrebbero essere presenti in tutte le città.

E del fatto che abbiamo una sola Accademia di danza in Italia cosa ne pensa?

Penso che le Accademie di Danza dovrebbero essere molte e distribuite in tutta Italia.

Un sogno: una grande rete dal nord al sud

Se improvvisamente avesse il potere di risolvere i problemi del mondo della danza che cosa farebbe per prima cosa?

Creerei  delle reti, dei collegamenti. Un tragitto, una grande mappa: un sistema che non abbia niente a che vedere con le politiche o con i gusti o con i grandi nomi. Un incredibile circuito, simile ai collegamenti ferroviari. Un percorso fatto di  stazioni con la possibilità, ad ogni tappa, di un incontro, di uno scambio, di una  relazione, di una possibilità di lavoro, di un desiderio condiviso da realizzare con i compagni di viaggio che man mano si incontrano. Nord, centro e sud collegati da piccoli segmenti costruiti nel tempo .

AL MOMENTO. Schraffur | Thanks for the dancehttps://youtu.be/Ctq95MxNuT4

u m a n u d i t àhttps://youtu.be/FvIeYDHoF2A

Pesce comune | Lastanzadigretahttps://youtu.be/Ko8YxZyHU4E

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Giornalista e critica di danza, danzatrice, coreografa, docente di materie pratiche e teoriche della danza, docente di Lettere e Discipline Audiovisive. Laureata in Arti e Scienze dello Spettacolo e specializzata in Saperi e Tecniche dello Spettacolo all’Università degli Studi di Roma “La Sapienza”. Dal 1990 è direttore artistico e insegnante del Centro Studi Danza Ceccano e curatrice del ”Premio Ceccano Danza". E’ inoltre direttrice e coreografa della CREATIVE Contemporary Dance Company.