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Letizia Giuliani e Angel Corella  La danza delle ore / La Gioconda  coreografie: Gheorghe Iancu

Parlare con Letizia Giuliani, prima ballerina della Compagnia di danza del Maggio Musicale Fiorentino, étoile internazionale, è davvero una letizia. Sì, perché la ballerina romana, scelta dai più grandi coreografi del mondo ad interpretare i ruoli più disparati e difficili, è nella vita così come la si vede in scena. E’ viscerale Letizia, trasparente, passionale e non ha paura di mostrare anche le sue fragilità che si sono progressivamente attenuate, nel suo crescere e diventare prima donna e poi mamma. Ci parla di tutto: dalla carriera, al rapporto con Firenze e con le città del mondo in cui si è trovata a danzare da prima ballerina; dall’incontro con l’ amore, ai suoi coreografi e ballerini preferiti, dalle difficoltà che oggi vive la sua Compagnia, alla sua idea di danza. Questa intervista racconta solo un tratto dell’immenso talento artistico della  Giuliani. Sarà fortunato chi potrà constatarlo con i propri occhi, guardandola in scena il 10 maggio al gran Gala di apertura dell’Opera di Firenze insieme a tantissimi artisti tra cui Alessandra Ferri…

Letizia come è nata l’idea di  iscriverti da bambina ad una scuola di danza?
Non fu merito mio. Quando ero piccola ballavo sempre e di tutto: dal “Ballo del qua qua”, alle canzoni di Gianni Morandi! Mia madre osservandomi intuì la mia passione per quest’arte e forse immaginò, grazie all’istinto che solo le madri posseggono, che quella poteva essere la mia strada. Così mi  iscrisse a 9 anni ai corsi regolari di danza classica del Teatro dell’Opera di Roma. Prima però già avevo fatto 4 anni di propedeutica e ginnastica artistica.

Cosa ricordi dei tuoi anni di studi nella Scuola di ballo dell’Opera di Roma?
Sono stati gli anni più belli della mia vita. Era tutto un gioco. Avevo una passione per la danza infinita. Nella mia vita di adolescente esisteva solo la danza. Negli anni del liceo le mie giornate erano tutta una corsa. Uscivo dall’Istituto tecnico per il turismo ogni giorno alle 14.00 e alle 14.30 iniziava la lezione di danza. Era mia nonna a venirmi a prendere a scuola e ad accompagnarmi a danza mentre mangiavo in macchina cannelloni, fagioli e tutte le cose buone che mi preparava. A volte, nelle prime ore del pomeriggio, mi sembrava di addormentarmi alla sbarra, anche perché ero a stomaco pieno! Poi ricordo i miei filoni, diversi da quelli delle altre ragazze. Io ne approfittavo sempre per correre a danza a provare variazioni, cose extra. All’Opera ho studiato con maestri eccezionali che hanno inciso notevolmente sul mio percorso professionale. Tra questi c’erano Floris Alexander, Massimo Moricone, Derek Deane.

Tu sei romana, ma da un certo punto della tua vita Firenze ti ha “adottata”. Che rapporto hai con queste due città?
Sono arrivata a Firenze a 20 anni, perché seppi che Elisabetta Terabust era stata chiamata a dirigere la compagnia del Maggio Danza. All’inizio è stato duro ambientarmi. Mi mancavano gli amici, la varietà di locali e gli spazi di Roma. Decisi di andar via  perché al Teatro dell’Opera si ballava solo repertorio classico e non c’era la possibilità di conoscere coreografi che mi offrissero nuove prospettive. In quel periodo a Firenze si sperimentavano tante coreografie innovative anche di stile contemporaneo, neoclassico. Quando sono entrata nella compagnia del Teatro del Maggio Musicale Fiorentino, Firenze era un’avanguardia. Pensa che si faceva anche hip hop! E’ qui che ho conosciuto tantissimi coreografi che poi mi hanno portato all’estero a danzare. Roma è bellissima ma ora non tornerei mai a viverci. Firenze è più a dimensione d’uomo, civile, educata, c’è più rispetto.

Cosa fa Letizia Giuliani nel suo tempo libero a Firenze…nella patria dell’arte? Ti piace girare per mostre, visitare monumenti? Fai la turista o cosa?
Non conosco più il tempo libero da quando sono mamma! Prima viaggiavo tantissimo, per fare spettacoli all’estero. Approfittavo degli spostamenti in treno, in aereo, per leggere. Ora anche quando sono in viaggio, sono sempre dietro al mio bimbo che, quando posso, porto in giro con me. Siamo stati a Bucarest, a Bratislava e un mese e mezzo a Parigi. Presto lo porterò con me  anche a Palermo, dove sono stata chiamata a danzare Romeo e Giulietta.

Nel 2003 Florence Clerc ti ha nominato Prima Ballerina. Da allora sei diventata una girovaga. Una étoile “in prestito” ai più grandi coreografi del mondo….Hai una natura nomade?
No, assolutamente. A me piace girare, però poi ho bisogno sempre di tornare a casa. Io sono oltre che una ballerina, anche una donna, casalinga, mamma…La famiglia è il punto fermo della mia vita. Quando viaggiavo da sola avevo sempre molta ansia, soprattutto prima di entrare in scena. La mia mente era troppo concentrata su tutto quello che circondava lo spettacolo. Oggi ho delle priorità e ho imparato a dare meno importanza alle cose stupide. La passione per la danza è sempre al centro della mia vita, ma se non posso condividerla non vale nulla.  Per me è un regalo poter ballare nella città dove vivo con il mio compagno e il mio bambino. Tornare la sera a casa dalla tua famiglia, è impagabile. Anche quando, come ora, non dormo più la notte!

C’è un posto nel mondo dove ti senti più a casa?
In America stranamente! Anche se è così lontana… La prima volta sono andata a New York per ballare con Angel Corella e ci sono rimasta un  mese e mezzo. Lì ti senti accolta, gli americani adorano gli italiani…e poi io ho vissuto la città come una newyorkese. Andavo a fare la spesa, allo stadio, talvolta facevo anche la turista in giro per musei.  Andavo a fare lezione da “Steps on Broadway”, una grande scuola dove alla stessa sbarra trovi l’étoile del New York City Ballet e la signora della porta accanto. E’ lì che ho incontrato per la prima volta Alessandra Ferri che ora rivedrò al Gala a Firenze il 10 maggio.

Hai danzato per coreografi come Peter Wright, David Bintley Gheorghe Iancu, Christopher Wheeldon, Amodio, Luciano Cannito, Daniel Ezralow… Con chi di questi preferisci lavorare?
Iancu per me è al primo posto. Con lui ho un rapporto di padre-figlia. Riesce sempre a tirare fuori il meglio di me, a volte anche usando maniere forti. Sa scavarmi nell’anima, nel movimento, e sa sempre quello che devo fare perché la mia performance risulti di qualità. Mi capisce più di tutti gli altri e poi ha un potenziale artistico incredibile, di gusto e  di cultura musicale. Devo molto anche ad Amodio. Ho ballato la sua Romeo e Giulietta a 18 anni, appena uscita dalla scuola. Gli va riconosciuto il coraggio di aver messo in scena  una 18enne con una étoile come Igor Yebra, in un balletto così difficile a livello sia interpretativo che tecnico.

Cosa si prova ad arrivare in una nuova compagnia, chiamata ad interpretare ruoli da prima ballerina? Esiste davvero quel mondo di invidie e sentimenti di competizione descritti nel film il “Cigno nero”?
No. Quel film è terribile! Offre allo spettatore un’immagine devastante della danza. L’invidia ovviamente c’è, come in tutti i campi.  Molto importante è che nei primi approcci alla danza  i genitori dei giovani allievi non la facciano notare. Ma non posso dire che si arriva a quei livelli di competizione, anzi! In Inghilterra, per esempio, che è la nazione dove meno mi sento a casa, sono stata accolta benissimo. E poi all’estero ci sono talmente tanti spettacoli, che se balli una replica in meno sei contenta. Posso dire che neanche nella mia compagnia si respira quest’aria.

Hai ballato in questi anni al fianco di Igor Yebra, Massimo Murru, Roberto Bolle, Angel Corella, Umberto De Luca, Francesco Marzola, Conzalo Garcia, Alessandro Riga, Iain Mackay, Alessio Carbone, Alessandro Molin, Josè Perez e Gheorghe Iancu. Tra i più grandi ballerini del mondo…C’è un maggiore feeling artistico con qualcuno di questi?
Si, decisamente con Angel Corella. Con lui c’è in scena una complicità bellissima. E’ capace di tirarmi fuori tutta l’energia che penso di non avere! Per ballare con lui devi essere esplosiva, devi adeguarti alla sua esplosività. E’ stato bellissimo danzare con lui ne La Gioconda, con le coreografie di Iancu. Nella Danza delle ore siamo nudi in scena e danziamo un passo a due sensualissimo. In questo tipo di coreografie è necessario avere un’intesa forte con il partner. E’ importante avere stima dell’altra persona.

I ruoli che hai interpretato spaziano dal repertorio classico, al contemporaneo, al neoclassico. C’è uno stile che prediligi e per il quale ti senti più portata?
A me piace fare tutto. Mi capita spesso di danzare Romeo e Giulietta, che è il balletto classico che più mi appartiene. Il contemporaneo mi piace tantissimo. Ho lavorato con tanti coreografi eccezionali come Alex Atzewi. Ma mi piace anche sperimentare cose nuove: creazioni di coreografi giovani, che hanno talento. Come Brigel Gjoka, un ballerino albanese di 24 anni della Compagnia di Forsythe. Lui sta creando delle coreografie che porta in giro per il mondo davvero interessanti. Lo stile che più si adatta alle mie corde è decisamente il neoclassico. Sono cresciuta con gli insegnamenti di un grande maestro, Floris Alexander, che ci ha formati con la tecnica Balanchine. Io ho dovuto fare il lavoro al contrario: apprendere la tecnica del repertorio classico alla quale ero completamente disabituata. Ho dovuto lavorare sodo per imparare balletti come La Bella Addormentata. Ero abituata a prendere le pirouettes con la testa en face, e facevo gli arabesques un po’ sfiancati con le braccia alte. Tutto lo stile da rivedere!

Qual è il balletto che più ami interpretare?
Donne di Iancu. L’ha creato per me quando avevo 20 anni. L’ho rifatto ora a 34 anni ed è stato ancora più vero. Ho scoperto che dai 30 in su la maturità e la consapevolezza acquisite rendono più serena e sentita ogni esibizione. E’ anche l’essere diventata madre che mi ha aiutato a dare il giusto peso alle cose. Oggi ho imparato a gestire meglio il mio lavoro con tutte le ansie che ne derivano e di conseguenza assaporo più cose e rendo anche meglio in scena.

Hai anche provato l’esperienza del Festival di Sanremo con Daniel Ezralow. Che differenza c’è tra il palcoscenico di Sanremo e quello dei Teatri lirici?
Ezralow è un coreografo particolare: è decisamente televisivo. La coreografia è stata creata lì, al momento. Io facevo l’uccello di fuoco. Dovevo ballare su una pedana di vetro con le punte! Ho dovuto ingegnare un sistema per non scivolare: mi sono montata la gomma sotto la suola! Sanremo è una festa. Lì la crisi che c’era negli Enti lirici non si sentiva.  Incrociai Marco Carta dietro le quinte. Mi disse che non aveva un camerino, così gli lasciai il mio. Si vede che gli ha portato fortuna…ha vinto!

Sei una romantica e per qualche tempo l’amore ti ha avvicinato anche alla città di Napoli. Da qualche tempo hai un nuovo compagno e un bambino! Come è nato l’amore con il ballerino  Francesco Marzola?
E’ nato durante una fisioterapia per un infortunio grave che ebbi al ginocchio! Lui era già un amico da anni e in quel periodo mi fu molto vicino. Il nostro è un amore particolare perché è nata prima la fiducia della passione, e forse per questo è così solido. Ho capito che non sempre le grandi passioni equivalgono all’amore. Talvolta conta di più la stima, il rispetto reciproco, l’avere un progetto di vita insieme. Oggi io, Francesco e il nostro bambino siamo una cosa sola.

Quali sono i piccoli vizi che si concede Letizia Giuliani?
Davvero pochi! Mi sottopongo continuamente a diete, soprattutto ora, dopo la gravidanza. Qualche volta  mi concedo una pizza o un cornetto con la nutella. Sì, il cornetto alla nutella mi fa impazzire!

In che direzione va la danza?
Sono dispiaciuta di ciò che sta accadendo a Firenze ed anche in altri Enti Lirici. Da noi la compagnia è stata distaccata dal Teatro e ora verrà gestita per la produzione da una società terza. Il Teatro non farà più audizioni per ballerini, e i nuovi contratti li gestirà questa società. Si sta andando verso la privatizzazione delle compagnie, come in America. Non so per cosa propendere… Anche la stabilità ha fatto tanti danni in questi anni. L’età pensionabile fino a 52  ha rovinato i corpi di ballo, la mancanza di controlli ha fatto sì che molti continuassero a guadagnare senza neppure andare a lavorare. Noi stiamo pagando tutti questi errori di gestione.

Quali sono i tuoi prossimi progetti?
Partirò a breve per Istambul dove ballerò Romeo e Giulietta di Amodio al concorso internazionale di danza della città. A dicembre sarò a Palermo per la Romeo e Giulietta di Massimo Moricone. Poi c’è tutta la stagione della compagnia del Maggio Danza. Il 31 maggio balleremo allo Stadio di Firenze in uno spettacolo sponsorizzato dalla Fiorentina Calcio. Finalmente qualcosa di diverso, in una location d’eccezione per una compagnia di danza!

Marta Graham diceva che dietro la danza c’è una fatica così immane che il corpo piange, persino durante il sonno. Ci sono periodi di frustrazione completa; e ci sono piccole morti quotidiane. E’ così?
Si è così. Ci sono frustrazioni fisiche e psichiche. Certe volte prima dello spettacolo volevo scappare per l’ansia. E spesso quando finisco un balletto classico la notte non dormo, perché mi fanno male tutti i muscoli. Il nostro corpo soffre in continuazione. Però quando sei in scena accade qualcosa di magico. Vanno via come per incantesimo tutti i dolori e le ansie. E terminato uno spettacolo, lo rifaresti subito. Esibirsi, danzare, sentire l’emozione e gli applausi è come una droga. Spesso accade anche che un passo che non ti è mai venuto in prova, lo esegui miracolosamente bene sul palco…L’ho detto…è come una magia!

Qualcuno dice che danzare è l’arte dell’onestà. Quando si balla si è completamente allo scoperto. Si può mentire danzando?
Ogni spettacolo è diverso. La qualità della performance dipende dall’umore che hai. Aiuta sicuramente calarsi completamente nella storia e nel ruolo che interpreti. Per esempio io quando ballo Giselle veramente soffro, veramente amo Albrecht, ma è inevitabile che a seconda del mio stato emotivo a volte sono più romantica, altre volte sono più passionale. Io non ho mai finto in scena e, quando mi capita, è un motivo di dispiacere per me, perché vuol dire che non sono riuscita ad entrare completamente nella storia. Capita raramente però,  perché quando sono sul palcoscenico di solito sono come posseduta dal ruolo, al punto che quando finisco lo spettacolo mi sento svuotata, non riesco ad uscire dal camerino, mi rallento nei movimenti. E’ come morire ogni volta, per poi rinascere presto in un nuovo personaggio.

Sarebbe banale chiederti cos’è per te la danza. Allora ti chiedo cosa si perde chi non danza? Quali gioie, quali sensazioni?
Chi non danza non potrà mai conoscere approfonditamente il proprio corpo. La danza insegna a rispettarsi, a conoscersi nel profondo, insegna anche il rispetto verso la musica, le pause, i silenzi. Una lezione di danza semplificata farebbe bene a tutti. Allo “Steps” a New York trovi in sala persone che non hanno mai studiato danza a livello professionale e cercano semplicemente di imitare i ballerini. Il solo ascoltare la musica classica ti trasporta in un’altra dimensione. Tutti dovrebbero uscire qualche volta dalla quotidianità ed entrare in una sala di danza. Ascoltare Mozart, Chopin, aiuterebbe ad allontanarsi dallo stress e a rifugiarsi in altri mondi.Io sono nata per danzare. Non avrei saputo fare altro. Ma non tutti hanno la fortuna, che ho avuto io,  di scoprire il proprio talento; capita  purtroppo, molto più di frequente, che si possa vivere un’intera esistenza facendo qualcosa che non c’entri assolutamente nulla con la ragione vera per cui siamo nati.

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