Luciana Savignano ed Enrico Tellini

imageIl Teatro di San Carlo di Napoli è il teatro lirico più antico in Italia (1737) ed ha una storia ricca e magnifica di spettacoli, eventi, artisti che ne hanno calcato le scene e che nei secoli hanno fatto di Napoli una delle piazze più ambite e la fucina di grandi talenti musicali e teatrali. Lo studio della sua storia avviene attraverso il reperimento di documenti che per il Settecento e l’Ottocento sono prevalentemente conservati nell’Archivio di Stato e  al Coservatorio di San Pietro a Maiella. Il Memus, nato nel 2011 e sito in locali adiacenti al teatro, nel Palazzo Reale,  è il Museo della memoria di eventi forse più recenti, ma non per questo meno importanti, dove vengono riproposti  i costumi, gli spartiti, i documenti  e i programmi di sala del Teatro. Conservare la memoria di spettacoli teatrali oggi che con video e foto digitali trasportiamo tutto in immagini immediatamente fruibili, può sembrare semplice,  ma considerando che tale rivoluzione è avvenuta solo recentemente, ci si rende conto che c’è il rischio di perdere per sempre informazioni su spettacoli irripetibili del passato.  Studiosi come Paolo Maione e Francesca Seller da anni stanno risistemando la cronologia degli spettacoli del San Carlo del ‘700 e di una parte dell’Ottocento in pubblicazioni che sono strumenti ormai indispensabili.   Tutto ciò per  il balletto si amplifica in quanto gli studi di danza sono più rari e difficili per la scarsità di reperti e documenti. Chi negli ultimi decenni si è occupato di archiviare, catalogare, conservare e razionalizzare la documentazione ancora presente in teatro  relativa al ‘900, è una persona che per dedizione e competenza è apprezzata da tutti: l’ingegnere Enrico Tellini. Lo incontriamo per capire come sia nata la sua passione.

Sono cresciuto in una famiglia di appassionati di musica, mia nonna era una grande amante dell’opera e fan della Tebaldi, mio zio, fan della Callas, è rimasto per qualche anno in bilico tra divenire cantante lirico o  dedicarsi alla professione medica,  scegliendo infine la seconda. Da ragazzino ho studiato il pianoforte con scarso successo ma è rimasto in me un grande amore soprattutto per  il canto e poi per la musica sinfonica. Mi sarebbe piaciuto fare il critico musicale, meno invece il giornalista e quando capii che tale passione non sarebbe potuta diventare una professione, optai per l’ingegneria chimica, la mia seconda passione. Ma nel tempo libero e nei miei viaggi intorno al mondo sono sempre andato anche alla ricerca del teatro e della musica.

Ma in realtà lei oggi è un critico musicale ..

Si in effetti da anni scrivo per la rivista inglese  Opera GB per cui redigo recensioni dal teatro San Carlo in particolare come fruitore di opera e musica sinfonica e questa è un’attività che dopo la pensione è finalmente diventata prioritaria. Inoltre,  in quanto membro dei soci fondatori dell’Associazione Amici del San Carlo, mi occupo di incontri e seminari sulla lirica in particolare.

Quando è avvenuto il suo  incontro con la danza ?

In realtà molto presto, quando ero ancora ragazzo negli anni ’50 mia madre mi portò a vedere un balletto a Firenze al teatro Comunale, forse un “Lago dei cigni”., ma ho una memoria confusissima di quella sera perchè mi annoiai molto. In genere andavo a teatro preparato in quanto mi raccontavano la trama e mi facevano ascoltare qualche aria, in quel caso ero assolutamente ignaro su tutto e non riuscii ad interpretare il senso di quello che vidi.  Quindi i miei primi anni di passione teatrale sono stati completamente assorbiti dalla musica ma  successivamente, più adulto e preparato,  due eventi hanno poi cambiato la mia prospettiva: l’arrivo al San Carlo di Maurice Béjart con le Ballet du XXe Siècle e l’incontro con Luciana Savignano. Il “Notre Faust”di Béjart e tutta la sua  programmazione successiva mi stupirono completamente chiarendomi cosa era possibile fare e comunicare con la danza. Luciana Savignano, che poi è diventata una mia carissima amica, mi ha conquistato con la drammaticità del  Il Mandarino Meraviglioso nella versione di Mario Pistoni,  la sua femminilità,  forte e malinconica,  mi ha colpito e trasportato nel mondo della danza con convinzione. Con il tempo ho imparato ad apprezzare anche il linguaggio del balletto classico di repertorio e i suoi tecnicismi.

Cosa l’ ha spinta a diventare la memoria storica del Teatro San Carlo e l’artefice dell’archivio digitale?

Sono una persona sistematica e precisa per cui un aspetto del mio carattere sicuramente mi ha spinto su questo strada. In realtà cominciai con un lavoro di ricerca  sulle origini della Mostra d’Oltremare che poi ha portato alla pubblicazione per l’editore  Lucarelli di La Mostra d’Oltremare – Immagini di Settant’anni di storia. L’allora sovrintendente del San Carlo, mio caro amico, Francesco Canessa, mi spinse ad occuparmi ugualmente della documentazione presente nei locali del teatro. Così in uno spirito di vero volontariato, mi misi all’opera e trovai, in due stanzette attigue ai camerini dei ballerini, una quantità di scatoloni, di programmi di sala, di manifesti, tutti conservati in modo confuso che ho cominciato a catalogare e riordinare. L’arrivo del computer a Teatro mi ha poi spinto a digitalizzare un programma, che per ora non è online, dove è archiviato giorno per giorno ogni evento, spettacolo o manifestazione avvenuta al San Carlo dal 1900 ad oggi. Con l’aiuto soprattutto delle ultime direttrici dell’ufficio stampa del teatro, in particolare Raffaella Tramontano prima  ed oggi Laura Valente, sono quotidianamente aggiornato su tutto quello che avviene a Teatro dagli spettacoli per le scuole, alla programmazione ordinaria e straordinaria e, naturalmente, sono il loro archivio vivente.

Roberta Albano

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