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I protagonisti della Street Dance: Alex Sardiello e l’House Dance

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In foto, Alex Sardiello che balla nel club.
In foto, Alex Sardiello che balla nel club.

I protagonisti della Street Dance. Uomini, donne, vecchi e giovani, le cui parole possono dirci qualcosa in più. Una testimonianza non scritta che racconta e si racconta, dicendo più di quanto si sappia o si dica di questo spaccato della danza che, nello scorso contributo leggibile al seguente link https://www.campadidanza.it/la-street-dance-uno-spaccato-dimenticato-della-danza.html , abbiamo definito “dimenticato”. Tante le riflessioni messe in campo e che, come già annunciato, approfondiremo ascoltando e discutendo le parole di chi vive la Street Dance, i protagonisti. Oggi, tra i paesaggi colorati di questo affascinante genere di danza, daremo il nostro sguardo all’House Dance. Lo faremo con Alex Sardiello, irrorando del suo pensiero le nostre riflessioni.

I primi approcci alla Street Dance

Si avvicina alla Street Dance nel 2003 approcciandosi al breaking praticato nei luoghi di raduno intorno casa sua, tra Afragola e Casoria, in provincia di Napoli, da alcuni ragazzi. Quella che viene definita “stand up dance”, invece, la incontra successivamente in un contesto formale, con la figura dell’insegnante. Quando gli chiediamo qualche dettaglio in più, ci risponde così: “E’ stato un percorso vissuto senza internet, senza social, senza cellulari. Scendendo in strada ho visto dei ragazzi praticare, mi piaceva e mi sono avvicinato. Imitandoli ho iniziato ad imparare cose e a passare del tempo con loro. Sono state amicizie nate da un contatto diretto e, a partire da queste, negli anni ne sono arrivate altre”.

Oggi, le modalità di avvicinamento sono diverse. “Il modo in cui ho vissuto l’avvicinamento alla Street Dance credo sia stato più forte rispetto alle modalità con cui ci si può avvicinare oggi”. Senza dubbio nel 2003 non c’era l’immediatezza di un click, come oggi. Ad esempio, c’erano le videocassette e tra i suoi ricordi più belli c’è “quella del BOTY – Battle of the Year 2001 (rinomato evento legato al breaking ndr) comprata proprio nel 2003” ossia due anni dopo. Altri tempi, altro aspetto storico-sociale su cui riflettere.

L’incontro con l’House Dance

Il fiore all’occhiello della sua esperienza nella Street Dance è l’amore sconfinato per l’House Dance che, come egli stesso ammette, ha sublimato l’amore che ha sempre avuto per l’House Music. “Conoscevo la musica, ma ignoravo l’esistenza di una danza. Studiarla e praticarla, sulla musica che già ascoltavo, ha dato completezza alla mia esperienza”. Relativamente alla nostra riflessione, le parole di Alex Sardiello ne attestano la bontà: prima la cultura, poi la danza.

L’House Culture

L’House Culture nasce in America, poi arriva in Europa e in Italia. Alex Sardiello, in America, a NY, c’è stato qualche anno fa. Da attivista della realtà campana e italiana, ha potuto osservare, analizzare e confrontare. “New York è la città in cui trovi un vecchietto ballare in un club al chiuso o in un parco all’aperto. Di notte, piuttosto che di giorno. Da noi è un po’ diverso: per l’House Culture non è stato facile “collocarsi” nella cultura nostrana”. Dunque gli chiediamo cosa sia arrivato prima qui, la musica o la danza. “Senza dubbio prima la musica, l’House Dance è arrivata dopo”.

Il riferimento quindi è chiaramente ai deejay, considerati da Alex l’invalicabile porta maestra verso l’House Culture. “I deejay hanno un ruolo importantissimo insieme a tante altre figure che girano intorno al club. Quelli che hanno visto nascere la scena, tra l’altro, sono un vero modello da seguire anche per i ballerini. L’impegno totale, fisico e mentale, oltre al tempo e alla passione, risultavano fondamentali per la creazione di un sound appetibile e gradevole”.

La club culture

Molti dei ballerini di nuova generazione hanno conosciuto l’House Dance ignorandone la cultura che la sottende, ignorando il club. “La danza è uno dei linguaggi, contenuti nell’House Culture, che ti permette di farne parte e viverla.” Dunque, il club, rappresenta la famiglia allargata degli amanti di questa cultura. “Il club è una grande casa condivisa dove lasci sentimenti, vivi emozioni, accogli sensazioni. E’ sempre stato il simbolo dell’aggregazione e della condivisione”.

Con i suoi lati “oscuri” che un po’ ne hanno macchiato l’immagine se pensiamo, ad esempio, allo Studio 54 e al suo proprietario Steve Rubell. Insieme con altri locali di New York e non solo, Rubell è stato protagonista di un’evasione fiscale che all’epoca contava numeri inferiori solo alla mafia. Senza contare che, la sregolata vita fatta di alcol, droghe e sesso occasionale, lo ha portato alla morte per AIDS. “Il club è sempre stato caratterizzato da modi e usi non proprio corretti, sotto tanti aspetti. Nasce però con ideali sani, puliti e socialmente impegnati. Credo che, con gli strumenti di oggi, tali ideali siano più perseguibili di allora. L’House Culture è stata, è e rimarrà un movimento di natura sociale”. Un pensiero interessante cui non faremo mancare una dovuta riflessione di approfondimento.

La Street Dance tra opportunità e criticità

L’House Culture è l’habitat naturale di Alex Sardiello, ma l’humus nel quale si costruisce la sua esperienza e il suo pensiero è quello della Street Dance nelle sue diverse sfumature di stile e non solo. In tal senso, una digressione è lecita e non ci sfugge l’occasione. Le criticità del settore sono evidenti: le radici, dalle quali certe culture sono nate, sembrano aver smarrito la propria identità. Gli chiediamo un parere. “L’evoluzione tecnologica ha portato vantaggi e svantaggi. L’utenza della Street Dance si è ampliata notevolmente. Di House Dance, per esempio, se ne parlava quasi niente. Oggi non è così”. Il web ha portato un vantaggio in tal senso.

Quali svantaggi invece?

Il rapido e veloce accesso alle informazioni fa toccare le cose solo superficialmente e questo è un problema”. Questo è un aspetto da non sottovalutare, senza dubbio. Sicuramente anche la formazione ha le sue responsabilità e tale riflessione trova conferma quando, interrogato in tal senso, ci risponde dicendo che “la necessità di arrivare a tutti è stato terreno fertile per compromessi di mercato: il business e la mercificazione hanno annichilito ideali e radici”.

Quale soluzione allora?

La buona formazione può essere la soluzione. Bisogna diffondere la Street Dance mantenendo solido il contatto con le radici, ricordando che parliamo prima di culture, poi di danze”. Le attuali attività di formazione, purtroppo, sembrano incapaci di invertire le tendenze odierne, piuttosto sembrano in balia di queste. Palestre e scuole di danza che accolgono studi di diversi stili della Street Dance sembrano non contribuire in tal senso, anzi “spesso sono considerate discipline di seconda serie, quindi finiscono per essere studiate male”.

Quale futuro per la Street Dance allora?

Nel nostro primo contributo abbiamo parlato di invisibilità come attuale orientamento del genere. Troppe ibridazioni stanno smarrendo, se non lo hanno già fatto completamente, le nature che sottendono le diverse sfumature di stile del genere. Di questo passo, il futuro è incerto. “Serve unione”, dice Alex Sardiello, e soprattutto “non cedere alla vulnerabilità che accomuna chi, nella Street Dance, ha la sua unica fonte di guadagno”.

Ce lo siamo detti anche l’altra volta: l’appetibilità e/o la necessità economica ha corroso l’autenticità stilistica; la potenzialità mediatica ha fatto il resto autorizzando condotte discutibili e che poco hanno a che fare con la cultura in generale. “Gli studenti vanno conosciuti a fondo e guidati bene. Devono capire che dal loro modo di comportarsi dipendono tante cose”. Inoltre “bisogna addentrarli nella cultura della danza che studiano: solo così le radici non finiscono disperse”. Un pensiero assolutamente condivisibile che, poco spesso, trova applicazione.

Le iniziative

Il percorso di Alex Sardiello nell’House Culture ha generato in lui esperienze che hanno trovato applicazione anche in ambito formativo e non solo. “Già prima di stare a New York, con alcuni miei storici allievi, volevamo realizzare qualcosa di simile a quello che poi prima io, poi loro, avremmo visto lì in America”. Dunque, nel 2016, nasce House Your Body Movement, “un movimento nato con il desiderio di divulgare e avvicinare nuove persone all’House Culture”.

Tra attività di formazione, jam sessions e un’attiva collaborazione con il Basic Club di Napoli e altre realtà partenopee, House Your Body Movement ha allargato la sua utenza accogliendo anche studenti fuori regione che hanno sposato la causa affascinati dalla trasversalità del progetto. “Creare una piccola comunità che possa esplorare e ampliare le potenzialità dell’House Culture e dell’House Dance”, questi i buoni propositi di Alex Sardiello che, tra i progetti esplorativi delle potenzialità della danza, ha portato in scena nel 2017 una piccola creazione coreografica di nome FORMAT. La sua visione dell’House Dance è infatti quella di una danza che “può entrare nei teatri ed essere usata per raccontare qualcosa o esprimere un pensiero”.

House Your Body Movement e la Street Dance

Interrogato sulla risposta del mondo della Street Dance alle sue iniziative, scorgiamo quanto già avevamo precedentemente supposto: tanta danza, poca cultura. “Il progetto riceve feedback positivi da persone esterne alla nostra realtà tranne qualche eccezione. Manca il sostegno delle realtà che, teoricamente, dovrebbero dare forza a questo genere di iniziative”. Dunque, torniamo alla riflessione precedente: il futuro della Street Dance sta nell’unione e nel sostegno reciproco che, a suo avviso, manca. Altro spunto interessante per riflessioni di approfondimento doverose.

Conclusione

Il confronto con Alex Sardiello ci arricchisce senza dubbio di nuove informazioni, suggestioni e riflessioni che sicuramente allargano il nostro orizzonte di indagine intorno alla Street Dance. Sarà interessante confrontare il suo pensiero con altri e attivare una serie di approfondimenti partendo dalle sue parole intrise di esperienza oltre che di amore per l’House Culture. Ringraziandolo per essersi reso disponibile, lo congediamo con un forte arrivederci.

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Danzatore, docente di danza e chinesiologo. Opera come performer e giovane autore in Borderline Danza di Claudio Malangone e collabora come danza-educatore con enti e associazioni. Attivo nel campo della ricerca pedagogico-didattica, porta avanti un'indagine sui vantaggi della danza come dispositivo di adattamento cognitivo e sociale.