Gennaro Maione

NAPOLI – Gennaro Maione racconta il suo ultimo progetto: MDMA. Una coreografia ispirata alla filmografia thriller e visionaria di Dario Argento. Il progetto si sviluppa attraverso una serie di residenze: ha preso il via a luglio presso il centro Körper di Napoli e proseguirà a metà novembre presso Scenario Pubblico a Catania. Venerdì 18 novembre, la prima restituzione al pubblico del work in progress.

Di formazione classica e contemporanea, Gennaro Maione si perfeziona a Berlino e a Bruxelles presso il TanzFabrik; Dock 11; DansCentrumJette; Compagnia Thor. Segue poi il corso di perfezionamento per coreografi presso il Tanztheater Wuppertal Pina Bausch.

Dal 2011 è danzatore per la compagnia partenopea Körper, esibendosi in produzioni di C. Carcatella, F. Nappa, G. Cimmino. Diventa poi coreografo della compagnia stessa. Collabora per progetti con Antonello Tudisco; inoltre è danzatore per Balletto di Napoli, Dignità Autonome di Prostituzione, Mp3 projects. È supervisore artistico per la televisione collaborando a Gomorra – seconda stagione.

Un lavoro in continua evoluzione

Gennaro Maione come sta procedendo la ricerca di MDMA?
È un lavoro in continua evoluzione. 
Il progetto nasce come coreografia corale, ma al momento sto lavorando su un assolo danzato da Alessandra Sorrentino, una sorta di banco di prova. La prima residenza è stata a luglio con Körper e doveva proseguire poi a settembre. Poi ho deciso di spostarla, a causa dei tanti impegni, e ho avuto l’occasione di proseguirla con Scenario Pubblico di Zappalà.

La residenza a Catania durerà circa una settimana e terminerà il 18 con la prima restituzione al pubblico. Non sarà la versione finale, ma una prima open door. Mente il 14 dicembre alla Sala Assoli di Napoli, nell’ambito della rassegna Körperformer, ci sarà la presentazione effettiva del primo studio.  

A dicembre a Napoli, quindi, la presentazione del lavoro concluso?
Non esattamente. Io lo chiamo “primo studio” perché per me non è concluso. Per me è un lavoro che non terminerà così: lo immagino sviluppato in un lavoro corale, con più interpreti. È chiaro che ci vogliono più risorse, ma lo immagino in una forma più ampia. 

La restituzione definitiva avverrà l’anno prossimo, a maggio, al FIC – Focolaio d’Infezione Creativa, il Festival di Scenario Pubblico. Il lavoro finale sarà presentato lì.

Da dove nasce l’idea di realizzare una coreografia ispirata ai film di Dario Argento?
Sono appassionato di cinema e di Dario Argento in particolare, sin da adolescente. Passione che ho coltivato nel corso degli anni. Ma l’esigenza di creare qualcosa su questo tema si è fatta sentire solo durante la pandemia e il primo lockdown. Penso che quello sia stato, un po’ per tutti, un momento di riflessione e di ricerca del proprio passato. Mi son chiesto da dove son partito e quali erano, e sono, le mie passioni. 

Avevo uno zio che era un intenditore di cinema e mi portava a vedere film, non solo di Dario Argento. Mi regalava spesso VHS di ogni genere di film. Da ragazzo avevo in mente di fare il regista o il critico cinematografico. Quindi sono cresciuto con questa passione, che ho coltivato fino ad oggi. 

Dunque l’idea è nata durante il lockdown?
Sì, ma ho realizzato prima un cortometraggio. Sempre su Dario Argento, però più sul thriller. È un episodio pilota, si chiama Argento vivo e l’ho sviluppato insieme ad altri collaboratori, Angela e Claudio Fagnano, che sono videomakers. Insieme abbiamo ideato la struttura del cortometraggio. 

Abbiamo terminato Argento vivo a gennaio di quest’anno e lo abbiamo presentato in molte rassegne, raccogliendo un riscontro molto positivo. È un successo inaspettato, anche perché è stato un lavoro a low budget, autofinanziato. Ora siamo in finale a un festival che si chiama Cortisonanti, patrocinato dalla Regione Campania e dal Comune di Napoli. Siamo anche ad Anghiari Dance Hub e sabato 19 novembre sarà proiettato alla Sala Molière di ArtGarage per Immaginaria Film Festival.

Quindi il lavoro ha preso il via come cortometraggio e poi da lì mi son detto che mi sarebbe piaciuto realizzare uno spettacolo dal vivo, prima o poi. Lo spettacolo dal vivo è nato comunque come pezzo corale, ma ho preferito andarci piano. Meglio procedere un passo alla volta poiché è una tematica molto ampia, quindi mi sto muovendo adagio. 

Tra videodanza e danza dal vivo

Gennaro Maione, le andrebbe di raccontare qualcosa in più circa il cortometraggio Argento vivo?
Si tratta di videodanza ed è un episodio che ritengo “pilota”. Visto che è andato bene il primo, sto pensando di girare un secondo, magari in un’altra ambientazione. 

Per il primo infatti ho scelto un’ambientazione cupa, una sorta di labirinto dove sono rinchiuse delle donne che non si comprende se siano vittime o carnefici. Nessuno sa perché sono lì, se sono inseguite da qualcuno o sono loro stesse le assassine. 

Con Argento vivo ho giocato molto sul thriller di Dario Argento; mi piacerebbe fare un secondo corto sull’aspetto più fantasy e mistico del regista.

Gennaro Maione si occupa, quindi, di videodanza e danza dal vivo. Che rapporto ha con queste due forme d’arte? Ne preferisce una in particolare?
Argento vivo è stata la mia prima esperienza col video. Come ho già detto, in passato fantasticavo di diventare un regista, ma non avevo mai realizzato un corto. È stata una bella esperienza che mi piacerebbe portare avanti.

Però lo spettacolo dal vivo mi piace di più, forse perché l’ho vissuto di più, ho più dimestichezza. Al contempo, per me l’una non esclude l’altra, mi piacciono entrambe ma in maniera differente. Il video, forse, mi incuriosisce di più. Ci sono aspetti che non posso ritrovare nello spettacolo dal vivo. Nel video adopero un immaginario differente, è tutto diverso. 

Sia nel video che nello spettacolo dal vivo, come rendere le immagini di Dario Argento attraverso il corpo e la coreografia?
Qui siamo sul piano della ricerca che sto pian piano sviluppando. È un lavoro in evoluzione, trovo sempre cose nuove. Dario Argento racchiude tante sfaccettature, tanti aspetti artistici: cinema, architettura, scultura, danza, opera lirica. Tratta molto di immagini, arte visiva; vorrei prendere tutto questo, trasferirlo sul corpo umano e vedere cosa succede. 

Ci sono tante cose che sto sviluppando al momento su un unico corpo per capire dove si può arrivare. È un lavoro molto ampio, c’è tanto materiale. Sto cercando di captare quelle informazioni più interessanti e capire se funzionano. 

Un connubio insolito

Tornando invece all’assolo, le andrebbe di parlarci della scelta del titolo: MDMA?
MDMA è, ovvio, il nome di una droga ma contiene anche le iniziali di Dario Argento. Un connubio insolito che ho voluto innescare.

Sin da adolescente, infatti, vedere i film di Argento mi ha sempre trasmesso un’emotività serena, mi sono sempre piaciuti in maniera godibile, senza paura o timore. Con questo spettacolo vorrei dunque trasmettere una sorta di euforia, come immagino sia quella provocata dall’MDMA. Ma anche di banale allegria, una sorta di piacere, una sensibilità spiccata. Quindi ho voluto combinare le due cose in questo senso. È un’idea molto personale, molto intima. 

Gennaro Maione, quanto sono importanti le residenze per la creazione coreografica? 
Sono fondamentali. Ci vuole tempo, e risorse, per sviluppare bene un’idea.

Dalla residenza di Scenario Pubblico, a novembre, mi aspetto di entrare nel dettaglio. Ma soprattutto sarà la prima volta che il pubblico assisterà a una prova. Un’occasione per far visionare i primi passi, è essenziale. 

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