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Sembra un guerriero d’altri tempi. Fisico possente, lineamenti scolpiti, grinta da vendere, Ertugrel Gjoni – albanese di nascita ma italiano d’adozione – nasconde un’anima sensibile, piena di ideali che unisce alla maturità di chi, giovanissimo, ha avuto il coraggio di lasciare la sicurezza familiare per inseguire il proprio sogno: studiare danza.

Cominciamo dall’ inizio…

Sono nato in Albania in una città che si chiama Kavaje. A cinque anni sono arrivato in Italia (in provincia di Brescia) con la mia famiglia, abitudini albanesi non ne ho anche se mi considero albanese dentro perché non si rinnegano mai le proprie origini, però mi comporto da italiano. Ho un fratello più grande che studia ingegneria, papà operaio e mamma casalinga, una famiglia semplice, dai valori sani.

Com’ è entrata la danza nella sua vita?

Stavo guardando un programma di danza in televisione, forse “Amici” e chiesi a mia madre di poter studiare break dance, mi disse “va bene” poi ha fatto tutto lei: mi ha iscritto ad un corso di classico (sempre in provincia di Brescia). Io ero attratto dai salti strabilianti della break, non sapevo cosa farmene della danza classica ma poi pian piano è nata la passione, grazie anche all’appoggio dei miei genitori che mi hanno sempre sostenuto nelle mie scelte. La danza classica è la base di tutti gli altri stili. Nel 2004, quando avevo quattordici anni, sono andato a studiare a Stoccarda alla John Cranko Schule e ovviamente vivevo in convitto. Dopo nove mesi sono tornato perché non ce la facevo più, la lontananza e un’altra lingua hanno certamente inciso nelle mie decisioni. La mia maestra mi ha consigliato di andare al Teatro San Carlo dove insegnava Iride Sauri, ho fatto l’audizione e sono stato preso al quarto corso, avevo quindici anni e ho concluso lì il mio percorso fino al diploma (con un bellissimo Le Corsaire). Subito dopo ho lavorato al Maggio Musicale Fiorentino e all’Arena di Verona in qualità di solista, poi sono entrato nella Compagnia del Teatro San Carlo.

Quali sono state le difficoltà?

Grandi difficoltà non ne ho vissute, ho avuto la fortuna di avere accanto persone che mi hanno aiutato. I miei genitori anche se lontani mi sono sempre stati vicini, ancora ora ci sentiamo molto spesso durante la giornata.

Chi ha inciso di più nel suo percorso artistico?

La direttrice della Scuola di Ballo Anna Razzi- sempre attenta al nostro percorso- e la maestra Antonina Randazzo, per il resto ho fatto tutto da solo.

Che cos’ è l’umiltà?

Essere consapevoli di chi si è, cosa si può fare, quale obiettivo raggiungere ma senza tirarsela… ognuno ha qualcosa, io non sono migliore degli altri e gli altri non sono migliori di me. Siamo tutti uguali in qualche modo. Penso sia giusto vivere la vita serenamente senza mettere i piedi in  testa a nessuno.

Che cosa le fa venire in mente la parola ‘rigore’?

La danza, il mio lavoro, la mia passione, che è fatta di disciplina ferrea. Senza rigore non si costruisce niente di concreto.

L’anno scorso è stato scelto per fare il partner di Carla Fracci in “Vita di Maria” al Teatro San Carlo, un bel traguardo a soli 24 anni!

Ho vissuto un’esperienza bellissima, unica, non capita a tutti di ballare con la signora Fracci che è un mito della danza! Anche chi non è dell’ambiente la conosce…durante le prove non parlava molto ma sapeva esattamente cosa voleva e riusciva ad ottenerlo con poche parole.

Lei ha un fisico dotato, con grandi attitudini e ha avuto una formazione prettamente classica. Potendo scegliere, quale stile preferisce?

Sicuramente il neoclassico. Nel repertorio classico prediligo i ruoli forti, di carattere, dove bisogna tirar fuori la grinta per far vedere chi sei. In ogni ruolo che interpreto cerco di rispettare la caratterizzazione del personaggio ma poi c’è molto di me.

Quanto conta la tecnica, e l’espressività?

Senza tecnica non si va da nessuna parte, c’è chi ne ha di più e chi ne ha di meno ma è fondamentale, è un mezzo attraverso il quale ci si esprime. L’espressività fa di noi artisti e non atleti, fa uscire fuori la nostra anima; la cosa più bella è far emozionare il pubblico, la gente non ricorda la sequenza dei passi ma l’emozione che tu gli fai vivere. E’ esattamente quello che cerco di fare ogni volta che sono in palcoscenico. La danza è un’arte, non tutti possono farla, è molto selettiva e per me è stata una sfida.

Che cosa le piace e che cosa non sopporta del mondo della danza?

Non sopporto le raccomandazioni, che ancora esistono…non ho mai capito cosa c’entri la politica con la danza, mi piace vivere tutta l’energia, la carica, la spinta che la danza ti dà, l’adrenalina prima di entrare in scena è un qualcosa di unico. Ogni volta dico ‘basta!’ perché è impegnativa da gestire, poi appena entro in scena mi lascio andare alle emozioni e capisco che vivo per questo. E’ una sensazione bellissima!

Che cos’ è il talento?

Una cosa che non si può acquisire. La tecnica migliora tanto lavorando ma il talento è un’altra cosa, ti fa brillare al di sopra di tutti.

Ce l’ha un mito, un modello da seguire?

Mi colpisce molto Ivan Vasiliev, ha una grinta straordinaria e carisma da vendere. Quando balla è esplosivo.

Quale dote non può mancare ad un danzatore secondo lei?

L’intelligenza. E’ una dote che riesce perfino a modificare il proprio corpo. Una persona intelligente è sempre più avanti di una dotata. Le doti senza intelligenza sono inutili.

Che cosa è cambiato nel mondo della danza negli ultimi anni?

La tecnica si è evoluta tantissimo. Purtroppo educazione e rispetto, non solo nel mondo della danza, vanno sempre più scomparendo. Ma questo è un problema che parte dalle famiglie e si ripercuote poi  nella società e nel mondo del lavoro.

Che cosa rappresenta per lei il Teatro San Carlo?

E’ la mia casa.

Che cosa la emoziona?

Tante cose. Ma uscire dal teatro dopo Vita di Maria e trovare una folla di persone che mi applaudiva resterà impresso nella mia mente, mi sono imbarazzato, non me l’aspettavo.

Ce l’ha un sogno? Un obiettivo da raggiungere?

Avere una famiglia tutta mia, una casa, dei figli, i miei genitori vicino, e poi mi piacerebbe diventare un bravo primo ballerino. Voglio crescere, vivo l’ambizione in senso positivo, come spinta per migliorare e andare avanti.

Che cos’ è la danza per lei?

E’ il mio lavoro, il mio hobby, la mia passione. Essere un ballerino è molto stancante ma dà anche molte soddisfazioni. La danza non è tutta la mia vita ma ne è la parte più bella.

Elisabetta Testa

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