amirante 1Nota protagonista di un famoso calendario dell’azienda “Triunfo” (era appeso praticamente in ogni scuola di danza), napoletana rientrata in patria dopo aver arricchito il proprio bagaglio artistico con i principali nomi della danza internazionale, Anna Chiara Amirante è, ancora giovanissima e nel meglio della propria vita professionale, mamma sulle punte. L’abbiamo incontrata dopo le estenuanti fatiche della giornata tipica del danzatore: lezione, prova, prova costumi in occasione del prossimo appuntamento con la danza proposto dal Teatro San Carlo, ossia il Requiem di Mozart letto da Boris Eifman. L’impressione immediata è stata quella di una persona bella, equilibrata, affabile ma decisa, gentile e dedita al proprio lavoro.

Quali sono stati i tuoi inizi nel mondo della danza?

I miei genitori sono musicisti. Mia madre vedeva che per casa “ballicchiavo” dovunque e, da donna intelligente qual è, decise di iscrivermi alla scuola migliore di Napoli: quella del Teatro San Carlo. Feci l’audizione e la superai. Così, a sette anni, entrai nel mondo della danza. Devo molto alla Direttrice, la signora Anna Razzi, per l’impostazione che ha dato non solo alla “danzatrice” ma alla persona, forgiando non solo il mio corpo, ma soprattutto il mio carattere. Ho conseguito il diploma nel 2005 con il massimo dei voti, interpretando il ruolo di Aurora, ne La bella addormentata.

La domanda di rito: quali sono state le principali difficoltà negli anni della scuola?

L’aver rinunciato a un’infanzia “normale”. Finire il Liceo e iniziare le lezioni di danza dopo mezz’ora, rientrare la sera a casa e iniziare a studiare tardissimo è stata molto dura. Ma lo rifarei perché è un mestiere magico.

E quelle del mondo del lavoro?

Il problema dell’Italia è che la scuola non prepara al lavoro, benché la signora Razzi ci abbia istruito nel migliore dei modi. Anche perché in Italia non è possibile avere contratti prima dei diciotto anni, mentre all’estero a quell’età i danzatori già ricoprono grandi ruoli. Poi ci sono le audizioni pubbliche … Ma i più bravi vanno avanti.

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È stato tutto come ti aspettavi dopo il diploma?

Più o meno sì. C’è stato un momento molto brutto quando sono stata in Scala, dove non mi sono trovata per niente bene. Ero giovanissima, avevo quasi diciannove anni, ma fu una
crisi totale: volevo lasciare la danza e iscrivermi all’Università. L’età dei dubbi insomma, ma ha vinto la danza. Fortunatamente l’audizione a Roma mi ridiede vigore e sono stata per sette anni al Teatro dell’Opera, prima con Carla Fracci e poi con Misha Van Hoecke.

Parlaci dei tuoi esordi professionali e delle tappe più importanti della tua carriera.

Nel 2006 sono entrata a far parte della compagnia del San Carlo, allora diretta da Elisabetta Terabust e sono stata subito scelta per il ruolo dei “grandi cigni “ nel balletto Il lago dei cigni di Ricardo Nunez. Nello stesso anno Alberto Testa mi aveva assegnato il “Premio Positano” come giovane talento emergente, dopo avermi visto danzare al “Passo d’addio”. Nel 2006 sono entrata a far parte del Corpo di ballo del Teatro alla Scala di Milano, diretto da Frederic Olivieri, dove ho danzato Lo Schiaccianoci di Rudolf Nureyev. Nel 2007 sono invece entrata a far parte della Compagnia del Teatro dell’Opera di Roma, sotto la direzione di Carla Fracci, e ho immediatamente interpretato ruoli da solista e prima ballerina, tra i quali la Principessa russa, i due “Grandi cigni” e il Pas de trois de lI lago dei cigni, le Pietre preziose ne La bella addormentata nel bosco, le Tre odalische nel balletto Sheherazade. Per il balletto Sogno di una notte di mezza estate Paul Chalmer ha creato per me il ruolo di “Venere” e successivamente sono stata scelta per il ruolo della Fata Confetto ne Lo Schiaccianoci di Luc Bouy. Ma nell’ottobre 2011 al Teatro dell’Opera di Roma,in occasione della prima Bayadère della storia del Teatro, sono stata scelta per il ruolo della protagonista di Nikya, con mia grandissima commozione. Qui ho danzato con il mio carissimo amico Alessandro Macario. Dopo altri ruoli di primo piano a Roma, sono tornata nella mia città in occasione di un’altra “prima” storica, quella Le Corsaire al San Carlo, dove ho danzato il Pas d’Esclave e le Tre odalische.

A proposito dell’importante ruolo di Nikya ne La Bayadère al Teatro dell’Opera di Roma, c’è da dire che la situazione è legata a un evento ancora più importante nella vita di una donna …

amirante 3La Bayadère è stata la cosa più bella che mi sia mai successa. Ho sempre pensato a Nikya come il ruolo dei miei sogni. Il coreografo, Rafael Avnikjan, mi guardò (mi aspettavo una Gamzatti al massimo, ma mai la protagonista!) e mi disse di aver visto prima i miei occhi, da lì il mio cuore e poi le mie gambe, per capire che io ero Nikya. E io mi sciolsi in lacrime, perché poche persone sono così sensibili. Accanto a Svetlana Zakharova e Polina Semionova, per la prima Bayadère assoluta del Teatro dell’Opera di Roma, c’era il mio nome. Mi vengono i brividi solo a pensarlo. In tutto ciò, ero incinta di due mesi e mezzo, ma non lo sapevo! L’unica cosa negativa, purtroppo, è che quando non si è prima ballerina con incarico ufficiale non si ha molto tempo per studiare il proprio ruolo. E questo non è giusto, soprattutto per i giovanissimi che devono costruire la propria carriera artistica.

Quanto è importante la mobilità per un giovane danzatore?

Importantissima. Il danzatore è nomade! La cosa più importante è guardare e “rapire” da chi è più grande di noi …

Hai qualche rimpianto?

Rimpianti propriamente no, piuttosto non so come sarebbe andata se, dopo l’audizione al Royal Ballet,non avessi scoperto di essere incinta. Ma ho avuto la cosa più bella del mondo e non rimpiango nulla.

Come hai vissuto la scoperta della maternità e come è vista nel mondo della danza?

Non è vista bene, paragonando l’Italia all’estero, dove i direttori invitano le danzatrici ad affrontare la gravidanza intorno ai venti anni, per dare al fisico possibilità i ripresa più rapida, rispetto a quella che si potrebbe avere dopo i trenta. Quando ho saputo di aspettare mia figlia Dalia sono stata felicissima, ma avevo anche paura: paura di come gli altri avrebbero visto questa cosa. Temevo di essere giudicata, perché così giovane e nel meglio della carriera avevo scelto di diventare mamma. Per molti qui è inconcepibile. Anche altre mie colleghe romane hanno avuto la stessa esperienza molto giovani. Quando andavo via un’ora prima per l’allattamento, le espressioni dei Maîtres erano pessime. A volte restavo, per non perdere dei ruoli. Quell’ora di allattamento a fine giornata costituiva un problema enorme ed era un motivo in più per non assegnarmi ruoli che potevo meritare. In Italia molte rinunciano ad avere bambini proprio per questo. Non giudico nessuno, ma poi si arriva a un’età in cui avere figli è più difficile. Ho ripreso a danzare dopo soli tre mesi dal parto, ma nessuno si è degnato di notare la rapidità della mia ripresa. Era quasi come se avessi dovuto pagare un prezzo per il tempo che ero stata via dal lavoro. Come io non giudico le scelte egli altri, vorrei che anche gli altri non giudicassero le mie. Sono rimasta molto delusa e anche per questo sono andata via da Roma, ma non credo che in un’altra città sarebbe stato diverso. Da quando sono diventata mamma sono una professionista migliore: nelle ore che impiego al lavoro devo dare il massimo perché è tempo prezioso che tolgo a mia figlia. E questo tempo a lei non lo ridà nessuno. In Itala ci fanno sentire in colpa. Se fossi stata una persona debole di carattere avrei potuto abortire, in un momento così importante per la mia carriera, ma la vita è qualcosa di molto più importante del lavoro. Sono tornata a danzare con una forza incredibile, perché volevo dimostrare prima a me stessa amirante 4e poi agli altri che potevo farcela a tornare più in forma di prima. Ed è stato così. Grazie a mia figlia sono una donna e una ballerina migliore.

Qual è l’importanza, a tuo avviso, dello studio della danza a livello più o meno professionale nella formazione della persona?

La danza forma caratterialmente. A parte il fisico, fa crescere a livello mentale negli altri aspetti della vita ed è una cosa di cui ci si accorge solo dopo. Si è più avanti rispetto ai propri coetanei e questo anche grazie alle rinunce che si devono affrontare.

Indirizzeresti tua figlia allo studio della danza?

Non saprei … Credo che mi debba proprio supplicare! Il mondo della cultura in questo periodo non mi convince; magari quando lei sarà più grande le cose cambieranno.

Una speranza per il futuro?

Che il mio Teatro venga diretto da persone di alto profilo culturale e che il rinnovamento, già iniziato con il Corpo di ballo, possa portare il San Carlo, che è il Teatro più bello del mondo per l’amore del quale sono tornata a Napoli, ai più alti livelli internazionali. Siamo ancora senza un Direttore del ballo, con la stagione prossima già annunciata … È una situazione veramente assurda. Ma io sono tornata qui anche per questo, per lavorare in un Teatro di grandissima tradizione, che merita il meglio. Attendiamo e incrociamo le dita…

Maria Venuso

 

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