Andrea Scarfi

MONACO – Andrea Scarfi è un giovane danzatore e coreografo freelance italiano che, al momento, lavora a Monaco di Baviera. Si è formato al Balletto di Roma e ha poi proseguito gli studi alla Iwanson Iternational School of Contemporary Dance, dove si è diplomato nel 2018.

Ha debuttato come coreografo, nella primavera del 2020, con l’assolo Shadab al festival Hier=Jetzt di Monaco. Nell’autunno dello stesso anno e in qualità di danzatore professionista, è stato alla Biennale Danza di Venezia diretta da Marie Chouinard, per lavorare a nuove creazioni con coreografi emergenti.

Nel mese di marzo 2021 presenta una ricerca coreografica, Hut, al Festival Hier=Jetzt di Monaco di Baviera. La coreografia è stata messa in scena al Teatro Schwere Reiter e pubblicata su una piattaforma on-line.
Ha preso parte all’ultima edizione della Biennale Danza di Venezia, lo scorso agosto 2021. È stato selezionato dal Direttore Wayne McGregor per partecipare al programma Biennale College.

Ha lavorato con i coreografi: Matteo Carvone, nelle sue creazioni Faust Symphony alla Philharmonie di Gasteig e Mozart 20 al Carl Off Fest 2019. Alan Book, Dustin Klein, al Bayerische Staatsoper di Monaco.

La danza: una passione divenuta lavoro

Andrea Scarfi, qual è il suo primo approccio all’arte tersicorea?

Ho sempre avuto un forte legame con la musica e il movimento. La danza ha fatto parte della mia vita di tutti i giorni sin da quando ero piccolo. Infatti, non c’è stato un momento in cui ho detto a mia madre: “Voglio andare a danza”. Lei mi ha iscritto a scuola di danza perché mi vedeva ballare ore ed ore in salotto.

Ho iniziato in una scuola di provincia dove mi sono scontrato con barriere mentali e fisiche. È stato difficile portare il mio modo di ballare in quella struttura, seguire i passi prestabiliti, studiare la tecnica. E questo a causa del fatto che per anni avevo improvvisato una mia danza nel salotto di casa.
Non ero molto soddisfatto di quelle lezioni di danza, quindi non ho studiato per alcuni anni.

Ma adesso lei è coreografo e danzatore. Quando la danza è diventata una professione per Andrea Scarfi?

Il vero primo avvicinamento con quest’arte è stato all’età di ventitre anni: ho ricominciato per hobby ma la danza è diventata presto il mio lavoro.
Ho dunque deciso di frequentare l’accademia del Balletto di Roma diretta da Paola Jorio. I primi tempi sono stati molto duri: cercavo di fare più lezioni possibili per recuperare tutti gli anni di studio perduti, esercitandomi anche con i ragazzi di dieci anni.

La decisione che ha cambiato la mia vita è stata quella di trasferirmi a Monaco di Baviera e intraprendere un percorso di studi professionale di danza contemporanea alla Iwanson International School of Contemporary Dance, diretta da Jessica Iwanson.

Studiare danza in Italia

Da danzatore, ritiene che la formazione che offre l’Italia sia sufficiente per inserirsi nel mondo del lavoro?

Bisognerebbe aprire un capitolo immenso… Ritengo che l’Italia abbia delle ottime scuole e che i giovani danzatori siano molto preparati, tanto che la maggior parte di essi si trasferisce nei paesi dove c’è la possibilità di essere riconosciuti come tali.

Al contempo, è anche vero che la danza in Italia ha sempre avuto dei grossi problemi e l’emergenza sanitaria li ha solo portati a galla. Credo che nel tempo il mondo artistico si sia chiuso in una cerchia di addetti al settore, una cerchia in cui il pubblico non trova una collocazione. Le persone cercano un senso in quello che vanno a vedere a teatro, vogliono immedesimarsi, emozionarsi; ma se tutto è ridotto a prodotti sterili, difficilmente le persone tornano a teatro. E questo ovviamente va ad aggravare la posizione del danzatore.

Danza in streaming: il silenzio a fine esibizione è frustrante

Andrea Scarfi: cosa vuol dire essere danzatore freelance al tempo del Covid?

Iniziare a lavorare da freelancer è molto simile ad avviare un’attività autonoma. Il vantaggio di essere un danzatore freelance sono la possibilità di scegliere come, quando e dove lavorare.

Le misure di contenimento ovviamente hanno influenzato molto la mia attività come danzatore e coreografo freelance. In particolare sono stato influenzato dal blocco totale dei teatri, luoghi dedicati alla cultura e alla sua divulgazione, che hanno spostato la loro attività sulle piattaforme digitali e social. Tale soluzione può essere positiva ma ha dei limiti: l’arte deve avere il proprio spazio fisico per esistere, per essere contemplata, per dare allo spettatore l’opportunità di essere coinvolto ed esprimere emozioni.

Nel primo lockdown, mi sono posto molte domande sulla danza, su quello che vorrei trasmettere e sulla mia carriera artistica. L’ho vissuto e lo sto vivendo tutt’ora come un momento di riflessione e sperimentazione, sfruttando il maggior tempo che ho a disposizione per dedicarmi ancora di più a ciò che amo fare, ovvero ricerca coreografica. La pandemia mi ha obbligato a usare internet come unica vetrina possibile: a performare in streaming, dove il silenzio alla fine di un’esibizione è estremamente frustrante.

Ma il progresso tecnologico ha anche i suoi lati positivi. Uno dei più interessanti è stato quello di poter entrare in contatto con danzatori di diverse nazionalità. Mi ha permesso di avere uno stimolante scambio culturale e sociale.

L’esperienze alla Biennale di Venezia

Andrea Scarfi ha partecipato a due edizioni della Biennale di Venezia, condotte da direttori differenti. Ce ne vuole parlare?

Il percorso alla Biennale di Venezia è iniziato l’anno scorso. Ho partecipato, in qualità di danzatore professionista, al Biennale College Coreografi 2020 sotto la direzione artistica di Marie Chouinard.
Nonostante le restrizioni dovute all’emergenza sanitaria, è stata un’esperienza che mi ha catapultato in un mondo pieno di poesia.
Alla fine del festival della Chouinard sapevo già di voler partecipare all’edizione successiva con il nuovo direttore, Wayne McGregor.

La selezione di quest’anno non è stata meno impegnativa della precedente: sono state inviate, infatti, più di quattrocento applicazioni e son grato di essere stato tra i ventisette danzatori selezionati.
Abbiamo avuto l’opportunità di studiare direttamente con McGregor: il suo lavoro mi ha fatto capire l’importanza di essere se stessi in sala e sul palco.

Wayne McGregor ci ha fatto conoscere diversi approcci alla danza: tecnici, coreografici, attraverso le arti visive. Durante il percorso abbiamo avuto l’opportunità di lavorare con grandi artisti tra cui: Olivier De Sagazan; Eric Beauchesne, Staging Artist di Crystal Pite; Eileih Ishbel Muir, assistente di Wayne McGregor; e Davide Di Pretorio, Staging Artis di Wayne McGregor.

Oltre all’attività pedagogica e didattica l’esperienza alla Biennale di Venezia mi ha dato la possibilità di conoscere delle persone stupende, molto più che colleghi.

Una nuova creazione per l’Anghiari Dance Hub

Dopo la Biennale, cosa c’è all’orizzonte?

Dopo l’esperienza alla Biennale, parteciperò in qualità di danzatore al progetto Think Big organizzato dal teatro di Hannover sotto la direzione artistica di Marco Goecke e la direttrice del Festival di danza di Hannover, Christine Winter.

Vorrei mettere in pratica tutte le nozioni e le tecniche acquisite durante esperienze lavorative e gli anni di studio.
Come danzatore ho avuto l’opportunità di prendere parte a diversi progetti, e quindi di confrontarmi con stili e teorie differenti.
Da questo percorso sono nati i miei primi lavori coreografici: Shadab nell’aprile 2020 e Hut con la collaborazione della danzatrice Emmanuelle Rizzo. Un anno dopo, sono stati presentati al festival Hier=Jetzt di Monaco di Baviera.

Di recente, ho ottenuto una residenza artistica ad Anghiari dove sarò affiancato dal Drammaturg Francesco Cocco, dalla danzatrice Francesca Roini e tutto lo staff di Anghiari Dance Hub per una nuova creazione.

Iscriviti alla Newsletter