Alessandro Bascioni in "Terre Ardenti"
Alessandro Bascioni in “Terre Ardenti”

Lui ha un accento inconfondibilmente toscano e un nome italianissimo;  lei ha una “voce multietnica” e un nome spiccatamente mediorientale.

Alessandro Bascioni e Suraya Hilal sono una coppia nella vita come nell’arte.

Sono l’esempio di un incontro ben riuscito, di un connubio artistico eccezionale, in cui a fare da cupido è stata la danza.

Ballerini e coreografi di fama internazionale, Suraya e Alessandro  hanno unito le loro conoscenze artistico- espressive, creando negli anni ben due compagnie di danza: la Hilal Dance Company e la Iskandar Dance, entrambe acclamate dal pubblico e dalla critica internazionale. Oggi la loro attività si divide tra le tournée per il mondo e l’insegnamento presso  la Hilal dance school che,  attraverso laboratori tematici, stage residenziali, corsi di formazione professionali e master, da dieci anni  diffonde e contribuisce a sviluppare il lavoro di Suaraya Hilal. Per saperne di più basta navigare sul loro sito: www.hilaldance.com.

Basterà un clic e si svelerà, a chi lo vorrà  scoprire, il vasto e suggestivo mondo della Hilal dance…

 

Alessandro tu sei nato a Firenze, ti sei formato in danza terapia e da subito ti sei dedicato alla danza nordafricana e dell’Africa Centrale. Perché?

La danza è sempre stata per me una cosa molto importante fin da piccolo, anche se ho deciso di farne una professione solo da grande, a 20 anni. Ho sempre individuato nel movimento la porta d’ingresso per la mia personale ricerca interiore. La danza, in qualsiasi sua forma,  è sempre sta una chiave d’accesso alla spiritualità. Sono cresciuto in un quartiere di Firenze che ospitava tantissime culture. Vi abitavano tantissimi italiani che avevano vissuto all’estero, in Egitto a Tunisi, in Grecia e poi erano rientrati. Ho avuto a che fare con tantissime di queste persone. E’ da qui che nasce la mia curiosità per il Medio Oriente.

Nel 1997 hai scoperto la Hilal Dance e, da allora,  la tua ricerca intorno a questa forma d’arte non è mai terminata. E’ stato amore a prima vista?

Sì, è stato un coup de foudre. Mentre portavo avanti le mie personali ricerche a Parigi presso l’Istituto del mondo arabo, mi ritrovai tra le mani un video di Suraya Hilal. Guardandolo rimasi letteralmente folgorato da questa forma d’arte. Così presi qualche informazione  e decisi di andare a fare un seminario a Londra. Per uno strano scherzo del destino, scoprii che Suraya sarebbe venuta di lì a poco a Firenze a tenere un seminario. Così mi tuffai in quest’avventura e da allora il mio percorso non è mai terminato..

Come spiegheresti a chi non la conosce  cos’è la Hilal Dance?

La Hilal dance è una danza che si fonda su tante tradizioni. Vi si possono trovare degli elementi sufici, africani, turchi e molte influenze mediorientali. Ha un linguaggio astratto ed emozionale che si avvale di una tecnica contemporanea. Quello che conta per comprendere a fondo questa forma d’espressione è cogliere l’aspetto energetico del movimento. Nella Hilal dance, infatti si dà molta importanza alla respirazione che allenta i muscoli, favorisce la centratura e prepara alla pratica. E’ una danza accessibile a tutti senza limiti d’età. Per chi la voglia studiare in maniera professionale, il percorso completo dura 4 anni e può variare a seconda delle singole individualità. Oggi, abbiamo tanti insegnanti formati che hanno classi di Hilal dance in giro per il mondo e tanti altri stanno effettuando ancora la formazione.

Ad un certo punto ti sei trasferito a Londra per collaborare con la Hilal dance company…

Si, sono diventato danzatore, con ruoli da solista, nella compagnia di Suraya Hilal.

Cosa ti ha attratto del lavoro, della personalità e della ricerca artistica di Suraya?

Artisticamente quello che mi ha colpito da subito è stata l’autenticità e la semplicità dei suoi lavori. Un piccolo gesto nascondeva un mondo dietro. Questo mi ha folgorato… Inoltre,  mi ha stupito il suo modo di insegnare: era chiara, disponibile, aperta e attenta. Sul lato umano, posso affermare che non l’avrei sposata se non avessi trovato qualcosa di estremamente bello in lei!

Nel 2004 avete messo in scena lo spettacolo “Aseel”  in cui danzavate insieme. Avete riscosso un immediato successo di critica e pubblico. Qual è stata la chiave del successo di questa produzione?

E’ stata in assoluto la nostra prima collaborazione. “Aseel” in arabo significa autentico. Significa essere presenti al cento per cento in quel momento. Si sono creati dei magnifici momenti di give and take, di dialogo tra noi e la musica. Per questo spettacolo abbiamo utilizzato musiche beleghi, esclusivamente egiziane, piene d’anima.  Avevamo una gran voglia di fare qualcosa insieme. Credo sia questo che ha garantito il successo della produzione.

In quel periodo hai avviato anche una ricerca musicale collaborando con il percussionista Ibrahim el Minyawi, inaugurando nuovi percorsi all’interno della Hilal Dance. La musica e la danza: è inevitabile farle incontrare…

Lui aveva già collaborato con Suraya. Per me è stata una bellissima esperienza che mi ha portato tante soddisfazioni. Ci sono delle performance dove la musica ha partorito le mie creazioni. Altre, in cui sono  partito  da un concetto ben preciso e la musica mi ha solo accompagnato. In questo caso non esisteva miglior modo di interpretare un inno all’ autenticità,  che stabilire un dialogo immediato con la musica dal vivo, con il ritmo che ha una potenza non da poco..

Nel 2005 hai fondato la Iskandar Dance Company che è debuttata nel 2006 alla Tanzhaus NRW con lo spettacolo “El Saqiyeh” (La ruota d’acqua)… Questo spettacolo è stato portato in tournée per il mondo facendo il tutto esaurito ovunque…

La Iskandar Dance nasce reduce del successo avuto con Aseel. Ho dato non a caso alla compagnia il mio nome, perché sentivo l’esigenza di misurarmi avvalendomi solo di me stesso, provando a produrre da solo. Iskandar, infatti, in arabo significa Alessandro.  Il linguaggio è lo stesso della Hilal dance, ma con la mia compagnia mi sono permesso la libertà di andare oltre, esplorando anche il terreno della teatralità.

Nei tuoi lavori tradizione e ricerca si fondono e si percepisce un’ispirazione che nasce dal mondo orientale…

Non sempre…L’ultima mia produzione si chiama “Terre Ardenti”. Qui ho lavorato con un compositore  inglese vissuto  da sempre in Grecia, che ha fatto una serie di ricerche sulla musica greca, e poi ha fuso diverse culture tra cui quella indiana e  spagnola. In effetti c’è, in assoluto, un richiamo per il mondo mediorientale. Questa passione è nata come ho detto  da bambino e  si è coltivata nel tempo attraverso viaggi in questi paesi.

Cosa possiede l’Oriente che l’Occidente non ha?

Questa è una domanda difficile! Posso dire che vivendo per brevi periodi in alcuni di questi paesi come la Tunisia, ho conosciuto bene le persone e la cultura del posto. E tutt’ora, ogni volta che mi capita di ritornare in questi paesi, mi sento a casa. In Occidente si vive con dei ritmi accelerati, in un correre continuo e si perde la capacità di essere e basta, di stare. In Medio Oriente ci sono dei luoghi dove ancora si può trovare la vita autentica, come poteva essere 100 anni fa.  In Occidente questa cosa è andata perduta.

Oltre ad essere coreografo, tu insegni la Hilal Dance con workshop e seminari che tieni tra Londra e Firenze e nelle più grandi città europee. Qual è il pubblico che incontri nelle tue lezioni?

Molto variegato… Si possono trovare persone che vengono da altre forme di danza, come la danza contemporanea, il flamenco o la danza orientale e che scoprono che la Hilal dance non ha nulla di simile, per esempio, alla danza del ventre! C’è anche chi non ha mai fatto danza e si cimenta per la prima volta con una forma di movimento. L’insegnamento, comunque,  va per me di pari passo con la mia parte creativa. E’ nutrimento per la mia anima…

Oggi come si fonde  il tuo lavoro con quello di Suraya Hilal?

La chiave è sempre la ricerca, alla base di tutto. E’ questo il nostro punto di incontro.

Il vostri lavoro è molto apprezzato all’estero, ma fa ancora fatica a farsi conoscere in Italia. Pregiudizi o cosa?

Siamo in Italia solo da 4 anni e qui ancora non si conosce bene questa forma d’arte. I pregiudizi possono sorgere su qualcosa che si conosce. La Hilal dance ancora non è diffusa, bisognerebbe prima provarla!

Quali nuove sfide si prospettano per te e Suraya e quali sono i vostri prossimi progetti?

La sfida è quella di riuscire ad ottenere dei finanziamenti pubblici per mettere in scena in Italia le nostre produzioni, come possiamo fare nel resto del mondo. Tra i progetti prossimi c’è quello di realizzare un documentario sul mio lavoro insieme ad un regista che si è mostrato entusiasta del nostro modo di mettere insieme così tante culture attraverso il movimento.

Gea Finelli

 

Iscriviti alla Newsletter