cardano

Poche  sere fa, con molto piacere, sono stata invitata ad uno spettacolo di danza in una rinomata località estiva della costiera  del Cilento. Un posto chic dove la sera ognuno si fa obbligo di sfoggiare mise e toilette griffate e griffatissime. Allestito sul lungomare della località turistica, ovvero nei pressi della “vasca serale”,  con un mare ed una luna meravigliosa, lo spettacolo , purtroppo, è stato organizzato ad ingresso gratuito. Purtroppo per due motivi : il primo perché la gratuità instilla il morbo che la cultura non valga nulla (tutto quello che è gratuito oggi viene visto come un disvalore, non come una operazione culturale per garantire a tutti l’accesso all’arte), il secondo perché il pubblico che accede ad uno spettacolo gratuito non prende nessun impegno con sé stesso e con gli artisti in scena. Di fatto c’è, ma potrebbe anche non esserci.

Arrivata per tempo saluto la coreografa augurando in bocca a lupo a lei ed alla compagnia e prendo posto in quella che viene definita in gergo “arena estiva”. Il termine arena è risultato molto appropriato. Non pensiamo all’Arena di Verona,no, assolutamente no. Immaginiamo l’arena ed il pubblico dell’epoca imperiale romana,del circo e dei gladiatori e cominceremo ad avvicinarci alla realtà. Seduta al mio posto aspetto l’inizio dello spettacolo mentre il pubblico dà spettacolo di sè. Le sedie, che per norma di legge dovrebbero essere fissate al suolo e legate tra di loro e questo per una manifestazione promossa da un Comune risulta doppiamente grave, erano invece libere ed un cospicuo numero accatastato su di un lato del molo. Ognuno dei presenti quindi si è fatto obbligo di mostrare e dimostrare quanto fosse più “fico” degli altri spostando la propria sedia avanti a quella della fila che lo precedeva. E’ iniziato quindi il “balletto delle sedie” non quello di Bauschana memoria, ma quello del pubblico, che a gruppi, frotte, comitive,o anche singolarmente (cosa crede, che non ne sono capace anche io?) spostava la propria sedia avanti a quella del vicino della fila avanti come se fosse la cosa più naturale ed ovvia del mondo. Inutile dire che nessun servizio di sicurezza e/o accoglienza era stato predisposto dal Comune a garanzia della riuscita dello spettacolo. Finalmente tra crocchi e capannelli che chiacchieravano, si chiamavano a gran voce da un lato all’altro,con urla dei bambini e dei genitori dei bambini, comitive di adolescenti annoiate che si trascinavano lungo la passeggiata sedendosi ed alzandosi ad intermittenze quasi regolari, crunch,crunch di patatine, swif di lattine, cellulari,selfie, ed un tripudio di whatsupp, lo spettacolo ha inizio.

A quel punto una parte del pubblico ha cercato di immedesimarsi con i danzatori in scena, di farsi coinvolgere dalle musiche, dal tema coreografico,una parte del pubblico, la maggioranza, ha proseguito incurante la sua opera di devastazione  senza averne coscienza. Oppure applaudendo a sproposito. Non intendo andare incontro ad una visione manichea suddividendo il pubblico in “buoni”  e “cattivi”. Tutti eravamo pubblico. Vorrei porre l’attenzione su una questione più complessa di cui sono stata “spettatrice” in questi ultimi mesi sia in teatri al chiuso che all’aperto, in città come al mare e che credo vada oltre la “spettacolarizzazione”subita in questi ultimi anni dalla danza.

L’altra sera, come in altre serate,l’empatia che la danza suscita in ognuno di noi è stata violata, violentata in quella che gli sociologi e psicologi iniziano a definire come la “malattia” dei nostri giorni :”autismo sociale” per alludere alla sempre più comune indifferenza verso le conseguenze , in termini di malessere, che i nostri  atteggiamenti producono nel prossimo. Sembra che tutto ciò dipenda dall’individualismo esasperato che caratterizza la società attuale in cui il compiacimento di sè stessi è divenuto un imperativo.Ben oltre la maleducazione.Una sorta di incapacità a sentire , vedere e percepite l’altro, un vetro che si erige tra me e l’altro in cui il mio bisogno deve essere sempre pienamente soddisfatto.  Chi sono quelle immagini sfuocate che si muovono sul palcoscenico? Non lo sò e non mi importa . Non sono io.

Non ho potuto fare altro che rimanere seduta sulla mia sedia ,senza averla spostata di un centimetro, ad ammirare la bella coreografia e la professionalità dei danzatori che hanno portato avanti lo spettacolo con serenità e, è il caso di dirlo, senso del dovere. Mi è stato detto che l’esempio è più importante delle parole.

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