Ra.I.D.
Gli artisti di Atacama in "Anime" di Patrizia Cavola e Ivan Truol

AVELLINO – Sorpresi gli spettatori di Ra.I.D. Festivals nell’entrare nella sala di Palazzo Ducale Orsini, venerdì 13 ottobre. Ad accoglierli, sul palco, un mucchio di lunghi palloncini rosa, anemone, corallo, riccio. Prima dell’inizio della serata, per la sezione del progetto speciale Come as you are, si è svolta infatti la restituzione al pubblico di Pink Lady, un work in progress firmato da Virginia Spallarossa.

Sulla musica settecentesca di Vivaldi si staglia il rumore stridente dei palloncini, da cui emerge una danzatrice. Con sguardo intenso e passionale, la ballerina ha intessuto un rapporto di odio-amore con il dispositivo indossato. È prima nascosta dal proprio costume, ingaggia poi una lotta, lo domina, se ne libera per tornare infine a cercarlo di nuovo.

“La residenza C.Re.A.Re. ci ha fornito la possibilità di lavorare una settimana a questo progetto”, racconta Virginia Spallarossa. “Eravamo partite con l’idea di realizzare una scenografia che si è trasformata poi in un costume, un dispositivo dal grande potenziale. Danzare con gli oggetti è più complicato, ma porta un valore aggiunto significativo”. Tornano infatti alcuni dei tratti distintivi della scrittura coreografica di Spallarossa: l’uso degli oggetti, la musica settecentesca, il tema mitologico e gli indumenti della danzatrice – ancora da definire rivela la coreografa – elementi comuni a Nullos, altra creazione della coreografa.

Liberamente ispirato a Il postumano di di Rosi Braidotti, Pink Lady è l’estratto di un progetto più ampio sulla rimodulazione dei miti. Questo primo solo è appunto incentrato sulla figura di Circe, a cui faranno seguito dei lavori su Penelope e Aracne, tutte donne legate alla tessitura.

Tribù e rituale a Ra.I.D.

Ipazia di Emma Cianchi e Laura Matano ha poi aperto la penultima serata di Ra.I.D. Festivals 2023. Dieci gli interpreti sul palco, di cui due uomini, in abiti morbidi e dai colori neutri, si dispongono in fila. I loro movimenti sono lenti, in perfetto sincrono. Durante tutta la coreografia, il gruppo si disfa in numerose situazioni di solo e duo simultanee, per poi tornare a riunirsi e di nuovo separarsi.

Una coreografia ciclica, come un rituale, in cui si ripetono gesti e sequenze. Due gruppi, su ciascuno dei quali troneggia un danzatore in presa, sfilano come in processione. I danzatori in scena sono una comunità in cui ci si sostiene gli uni con gli altri, ci si sente a vicenda. Il buio cala sul palco mentre gli interpreti ancora danzano.

Applauditi i danzatori di Art Garage, di cui il pubblico ha apprezzato la bella qualità di movimento plastico. Un lavoro astratto quello a quattro mani di Cianchi e Matano, che in una prima stesura contava ben 24 interpreti in scena. Ipazia, figura storica riscoperta di recente, è una coreografia che riporta sotto i riflettori il senso della tribù e l’importanza del rituale.

Protesi verso il cielo

Tre donne e tre uomini, vestiti di nero, si aggirano sul palco guardandosi intorno. Sussurrano parole inafferrabili, sembrano pregare. Ha inizio così Anime, una performance che protende verso il cielo. Potente il momento di passo a due in cui gli interpreti agiscono in perfetto sincrono con movimenti che esprimono dolcezza, conforto, quasi una carezza verso se stessi. E poi i ruoli si invertono: gli altri quattro danzatori prendono il centro del palco, eseguono un secondo port de bras stilizzato, dal ritmo sempre più incalzante.

La coreografia esplode in vorticosi passi a due che culminano in una sequenza di prese ardite, quasi circensi. A turno, il gruppo solleva verso l’alto uno degli interpreti che si lascia cadere, si lancia, sembra volare tra le braccia dei compagni. Un finale stupefacente in cui ogni presa è diversa dall’altra in un crescendo di difficoltà.

Eccezionali infatti gli artisti della compagnia romana Atacama nell’eseguire questi virtuosismi con collaudata disinvoltura, e nello scambiarsi di continuo i ruoli senza distinzione di genere. La coreografia di Patrizia Cavola e Ivan Truol esprime il desiderio di abitare gli spazi: luoghi attraversati da anime, luoghi che hanno memoria.

La danza in una parola

Come è usanza a Ra.I.D. Festivals, alla fine della serata si è svolto l’incontro con i coreografi e il pubblico ha avuto la possibilità di fornire il proprio feedback condensato in una parola. “Angoscia, insetti, libertà, tribù” sono alcune delle suggestioni che ha suscitato Ipazia. “Non è vero che il pubblico non comprende la danza”, commenta a riguardo Emma Cianchi, “avete appena dimostrato che chiunque è in grado di guardare la danza e catturare le sensazioni che suscita”

Per Anime, invece, le parole sono state: “vertigo, aquile, amore, sospensione”. Anche Patrizia Cavola e Ivan Truol confermano di rispecchiarsi in questi feedback. “Anime è una performance nata in un luogo non convenzionale: un ex-convento. Si è instaurato, quindi, subito un dialogo con l’alto”. Concludono restituendo una parola al pubblico: comunanza.

L’appuntamento conclusivo di Ra.I.D. Festivals 2023 è domenica 22 ottobre con Il Canto delle Mani di Gabriella Stazio, Movimento Danza, e Hikikomori della Compagnia Hunt. Oltre agli incontri di Come as you are, tra cui anche la presentazione del libro di Carmela Piccione Passi di danza.

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