NAPOLI – La danza ritorna in scena a Napoli grazie al Napoli Teatro Festival con La mistica del cosmo. Alla sua dodicesima edizione, dal 2017 sotto la direzione di Ruggero Cappuccio, il NTFI ha dovuto riorganizzarsi e ripensare la programmazione in relazione alle norme anti Covid-19 e porta dal 1 al 31 luglio oltre 130 spettacoli in numerosi spazi all’aperto a Napoli e nella Campania.
Spettacolo in prima assoluta
La mistica del cosmo è andata in scena in prima assoluta nel cortile d’onore del Palazzo Reale il 9 luglio scorso.
La direzione artistica e la regia dello spettacolo è della cantante mezzosoprano Raffaella Ambrosino, versatile interprete sia del repertorio barocco che contemporaneo. La sua idea nasce dalla volontà di presentare un mix musicale che ha nel Magnificat di Cristoforo Caresana il suo perno centrale. L’opera sacra si articola con elaborazioni elettroniche, musica dal vivo e registrate, a cura di Adagiosonoro e dell’Orchestra vocale Numeri Primi diretta da Alessandro Tino e si avvale dei costumi di Giovanna Panico.
La musica di Caresana
Caresana, nato a Venezia nel 1640 circa, è stato ben presto protagonista della scena musicale partenopea come membro dei “Febi Armonici”, primo gruppo di musicisti a rappresentare l’opera veneziana a Napoli. La sua carriera è progredita fino a diventare maestro di cappella del conservatorio di S. Onofrio a Capuana. Le sue composizioni, in gran parte musica religiosa, sono ancora eseguite, in particolare quelle dedicate alla Natività tra cui la famosa tarantella Quanno nascette Ninno.
Il concept dello spettacolo
Raffaella Ambrosino interviene nello spettacolo interagendo in scena con i danzatori della compagnia Ivirdance, diretta da Irma Cardano e cantando alcuni brani. Riconoscibile e apprezzata è l’aria Lascia ch’io pianga di Georg Friedrich Händel, tratta dall’opera Rinaldo scritta dal 1711 dal compositore tedesco.
Ma è il Magnificat di Cesarana, composizione conservata nella Bibliothèque Nationale de France a Parigi, opera polifonica eseguita quasi del tutto ‘a cappella’, la partitura su cui si incentra lo script dello spettacolo: In principio c’era il Magnificat, una preghiera. Poi venne la musica e il canto. E così gli occhi videro il cielo. L’uomo confrontandosi con le stelle vi riflesse le sue emozioni, le sue paure. E prese coraggio dall’immenso per la sua eterna avventura. Si tratta di una riflessione coreutico- musicale sulla creazione e sul destino dell’uomo nel creato, evocata dalle immagini video e dalle luci curate da Alessandra Franco e Daniele Piscitelli.
La compagnia di Irma Cardano
La presenza in scena dei danzatori di Irma Cardano, Monica Cristiano, Roberta Fanzini, Luca Jack Squadritti e Luigi D’Aiello, è costante ed allude alla nascita e allo sviluppo di un’umanità allo stesso tempo ardita e dolente: ambiziosa (voci di astronauti in collegamento con la Nasa si sovrappongono alla colonna sonora) e fragile: la scena alla fine si svuota, in maniera emblematica, al seguito di un allusivo e malefico gas che richiama inevitabilmente alla drammatica situazione attuale. Si tratta di una metafora ma anche di un dato descrittivo: la pandemia ha svuotato in maniera drammatica i teatri e i palcoscenici di tutto il mondo. Ha messo in pausa in maniera terribile la danza. Non è stato facile per gli interpreti, in particolare i danzatori, ritornare in scena dopo il lungo lockdown e immaginiamo che le prossime rappresentazioni risulteranno ancora più scorrevoli ed agili.
Resta qualche perplessità sulla regia musicale che avrebbe dovuto perseguire con maggior coraggio la prolifica simbiosi tra musica barocca e danza contemporanea. Negli ultimi anni non sono poche, infatti, le regie d’opera, tre cui le varie versioni di Dido and Aeneas di Purcell o di Orfeo e Euridice di Gluck, in cui si trova una felicissima interazione tra balletto e melodramma, arti storicamente nate insieme e indissolubilmente legate.
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