Ha solo sedici anni e determinazione da vendere. Napoletana, padre ingegnere e madre funzionario nella Pubblica Amministrazione ha una sorella più piccola, Alessandra, che fa il tifo per lei. Bella, intelligente e con un talento abbagliante, Francesca Faella ha davanti a sé un futuro luminoso frutto di sacrifici e abnegazione. Per inseguire il suo sogno ha lasciato la Scuola di Ballo del Teatro San Carlo per l’Accademia Vaganova di San Pietroburgo, dove continua i suoi studi con ottimi risultati.

Com’è entrata la danza nella tua vita?

Grazie a mia madre che ne è sempre stata innamorata. Mi portava spesso a teatro a vedere balletti e a casa guardavamo molti video di danza, e così negli anni io mi sono appassionata a questa bellissima arte. A tre anni e mezzo sono entrata per la prima volta in una sala con le sbarre e praticamente non ne sono più uscita, mia madre mi ha iscritto alla scuola della maestra Laura Gaudieri, diplomata all’Accademia Nazionale di Danza di Roma. Tutto è cominciato lì.

Chi ha inciso di più nel tuo percorso artistico?

A undici anni ho fatto l’audizione per entrare alla Scuola di Ballo del Teatro di San Carlo e ho iniziato dal primo corso con la Maestra Antonina Randazzo che sicuramente è stata la persona che ha inciso più di ogni altra nel mio percorso di allieva. Sono felice di aver avuto un’insegnante di così straordinaria competenza.

Quali sono state le difficoltà?

Le difficoltà nel mio percorso sono state parecchie, come credo nel percorso di molte aspiranti ballerine. Dai piccoli infortuni alle delusioni per risultati non sempre pari alle mie aspettative, per non parlare dei sacrifici e delle rinunce a qualsiasi svago o divertimento. Ma la passione per la danza riempie talmente la mia vita da scacciare la tristezza e la solitudine. Ho frequentato il Teatro San Carlo fino al quarto corso e poi ho deciso di tentare quello che era il mio sogno da molto tempo:l’Accademia Vaganova di San Pietroburgo, considerata il “Tempio della Danza”. Molti mi dicevano che avevo le caratteristiche fisiche delle allieve russe e che avrei potuto farcela. Mi è stato consigliato di rivolgermi al maestro Riccardo Riccardi che si è specializzato nella tecnica Vaganova e, nonostante io fossi molto scettica al riguardo, ho provato. All’audizione ho ricevuto il complimento più bello che io ricordi: l’insegnante russa, indicandomi agli altri docenti che assistevano, ha detto: “Lei è come le mie allieve”.

 Che corso frequenti? Con chi studi? E quali discipline oltre il classico?

Sono stata inserita nel sesto corso e la mia insegnante di Classico è Marina A. Vasilieva, una delle decane dell’Accademia, che ha diplomato quasi tutte le attuali étoiles del Teatro Mariinski. Insomma un “pezzo da novanta”. Oltre al Classico, studio Danza di Carattere, Passo a Due, Repertorio e Mimo, e ovviamente il corso di lingua russa.

Che emozione ti dà studiare in una delle scuole più prestigiose del mondo?

E’ impossibile spiegare a parole l’emozione che si prova: pensare che qui hanno studiato le leggende della danza, da Nureyev, alla Makarova, alla Zakarova. Quando cammino per quei corridoi ricchi di storia e studio in quelle sale mi sembra di stare toccando il cielo con un dito, è una sensazione unica.

Quali sono le difficoltà? La lingua? La tecnica? La disciplina? La lontananza dalla famiglia? L’invidia?

Naturalmente le difficoltà sono state molte: la lingua è particolarmente ostica, i caratteri cirillici sono diversi dai nostri e la grammatica è complessa. Tra l’altro gli insegnanti non conoscono l’inglese e quindi si comunica solo in russo. Inoltre la tecnica Vaganova per me è nuova e quindi all’inizio le lezioni sono state un incubo, poi un po’ alla volta ho acquisito questo nuovo stile. Oramai ho imparato la lingua e quindi è tutto più semplice; il problema maggiore resta la nostalgia di casa. Venire in Russia non è semplice perché comporta la richiesta del visto che ha una durata limitata e quindi un genitore che vuole venirti a trovare deve organizzare e programmare il viaggio con un certo anticipo. Per quanto riguarda l’invidia, è un sentimento umano ma qui è inutile più che altrove. Il livello tecnico delle allieve è talmente stratosferico che devi solo guardare, ammirare e imparare da chi è meglio di te.

Qual è il tuo obiettivo?

Riuscire a sfruttare al massimo questa esperienza, cercando di migliorare il più possibile le mie capacità  per provare a diventare una brava ballerina e poter poi lavorare in qualsiasi altra parte del mondo.

Che cosa ti piace del mondo della danza e che cosa non sopporti?

Non mi piace l’invidia di cui parlavamo prima. Compromette qualsiasi rapporto e ti fa perdere la serenità. Invece adoro la sensazione di danzare in palcoscenico, ti fa dimenticare il mondo esterno, sembra di entrare in una fiaba.

È stato difficile adattarti ad una nuova vita in Russia?

All’inizio è stato davvero difficile. Non ero abituata a stare senza la famiglia e a dovermela cavare da sola. Era un’impresa qualsiasi azione quotidiana, mi sentivo spaesata quando uscivo dall’Accademia per fare le varie commissioni, e all’interno del convitto era difficile comunicare con le altre ragazze straniere con cui condivido tutto. Per non parlare dell’alimentazione completamente diversa e delle temperature invernali che sono arrivate a -25°C.

Che rapporto hai con le tue compagne, in generale come ti trovi? Sei soddisfatta della tua scelta?

Ho un ottimo rapporto con le mie compagne russe, un po’ meno con le altre straniere perché loro forse sentono di più la competizione ma in generale mi trovo bene anche perché cerco di mantenere buoni rapporti con tutti. Naturalmente sono soddisfatta della mia scelta perché se vuoi imparare la danza classica credo non ci sia un posto più adatto. Hanno conservato la tradizione e continuano ad insegnarla nel migliore dei modi.

Quanti stranieri ci sono nella scuola?

Una quarantina su un totale di circa trecento allievi.

Ti manca Napoli? Il Teatro San Carlo?

Mi mancano tantissimo Napoli e il Teatro San Carlo, che considero casa mia. Ma sogno di tornarci semmai da professionista.

Che cos’è il talento secondo te?

Quel qualcosa in più che fa la differenza, che emoziona chi ti guarda, ma che puoi sfruttare solo se hai cervello.

E l’umiltà?

L’umiltà è fondamentale, ti consente di fare autocritica e quindi di migliorare, ma anche di riconoscere i tuoi limiti.

Quale dote secondo te non può mancare ad un ballerino?

L’intelligenza. Permette di compensare i difetti che abbiamo e di capire fin dove puoi arrivare; e la passione, perché a volte ti resta solo quella e da lì devi trovare la forza di risollevarti e continuare.

Qual è il tuo ruolo preferito?

Quello di Odette nel Lago dei Cigni.

Chi è la tua ballerina prediletta se ce l’hai?

Svetlana Zakharova, insieme ad Alina Somova e Kristina Shapran, molto giovane ma sicuramente una stella emergente del Mariinsky.

Che differenza c’è tra la danza a Napoli e a San Pietroburgo?

Sarebbe troppo semplice dire che c’è un’enorme differenza. Bisogna tenere presente che qui la danza è come lo sport del calcio in Italia. Il governo investe molto nella formazione dei ballerini, hanno sovvenzioni con cui riescono a mantenere un’Accademia di trecento allievi con trenta sale e settantacinque insegnanti di danza. Solo il Mariinsky ha tre palcoscenici dove vanno in scena contemporaneamente tre spettacoli diversi, la città è piena di teatri e i balletti in cartellone sono tantissimi, tra quelli delle compagnie dell’Eifman Ballet, del Mihailovsky e del Mariinsky, il quale propone almeno un balletto di repertorio a sera, se non due. I biglietti sono esauriti mesi prima. È facile quindi mantenere un livello così alto. Da noi la danza sopravvive a stento e con i pochi fondi destinati alla cultura è già un miracolo quello che si riesce a fare e i risultati che si ottengono. Penso davvero che i veri eroi siamo noi!

Che cosa ti emoziona?

La musica, mi commuovo ascoltando un brano suonato al pianoforte.

Che cosa sono per te la forza, la determinazione?

La spinta per andare avanti quando ti sembra di non farcela più e metti in dubbio la scelta che hai fatto.

Che cosa vedi nel tuo futuro?

Tanta fatica, qualche delusione, molta speranza e la consapevolezza che si può anche cambiare strada.

Segui anche la scuola normale, continui a studiare?

Continuo a studiare da sola e a fine anno dovrò sostenere in Italia l’esame per essere promossa al IV liceo scientifico.

 Tre aggettivi che ti descrivono?

Sensibile, determinata e ipercritica verso me stessa.

Ce l’hai un sogno?

Poter danzare da professionista ma ancor di più guardare avanti e poter vedere in me un’adulta serena e realizzata.

Che cosa ti manca?

La mia famiglia, i miei gatti e il buon cibo.

Stai vivendo sicuramente una bellissima esperienza ma ci sono stati momenti di tristezza, di solitudine, in cui hai pensato di tornare indietro?

Ci sono stati all’inizio molti momenti di sconforto in cui ho pensato di rinunciare e tornare in Italia soprattutto perché le difficoltà erano enormi e mi sembrava di esserne schiacciata. Ma i momenti critici non mancano mai, bisogna cercare di non avvilirsi e guardare oltre.

Che cos’è la danza per te?

Magia. E’ la mia passione e non riesco ad immaginare una vita diversa da questa.

Elisabetta Testa

Francesca Faella 2

Francesca Faella 3

 

Iscriviti alla Newsletter