Miriam Genovese
Miriam Genovese in tournée con l'Europa Ballet al Croatian National Theatre di Rijieka

NAPOLI – Miriam Genovese, giovane ballerina classe 1998 originaria della provincia partenopea, ha già alle spalle una carriera europea. Ha danzato infatti in importanti compagnie, come l’austriaca Europa Ballet e la David Campos Ballet di Barcellona. Si è cimentata in balletti del repertorio classico, da Giselle a Bella Addormentata, e in nuove produzioni originali come l’acclamato Wolfgang Amadeus di Renato Zanella. Ha così calcato le scene di famosi teatri internazionali, dalla Croazia al Canada.

L’amore per la danza sboccia già in tenera età ma è l’incontro con il maestro Attilio Ruoppoli, venuto a mancare il 13 agosto 2022, a cambiare la carriera e la vita di Miriam Genovese. Dopo infatti un iniziale percorso di studi che – a causa di una serie di sfortunati incontri – indebolisce e rende insicura la giovanissima Genovese, le lezioni col maestro Ruoppoli si trasformano in occasione di rinascita per la ballerina.

A distanza di un anno dalla scomparsa del maestro, Miriam Genovese desidera quindi omaggiarne la memoria. Abbigliata in modo semplice, Genovese si presenta una figura sottile, la fisicità e l’umiltà della ballerina classica. Ma sotto la chioma leonina si nasconde l’indole decisa e ferma che ha saputo trasmetterle il maestro Attilio Ruoppoli.

I primi anni di studio e l’incontro con Ruoppoli

Miriam Genovese, quando è nato il suo amore per la danza?
Ho iniziato a studiare danza in una scuola privata, avevo cinque anni. Chiesi a mia madre, benché piccolissima volevo già danzare, e lei mi iscrisse alla scuola del paese. Da lì iniziò tutto. Poi ho studiato con vari maestri, purtroppo però non ho avuto grande fortuna nell’incontrare bravi insegnanti lungo il mio percorso.

Fino a quando non ho conosciuto Elisa La Cava, lei mi ha aiutato tantissimo. Mi propose un’audizione per il Balletto di Roma e fui presa. Dopo un anno e mezzo al Balletto di Roma tornai in Campania e incontrai il maestro Ruoppoli.

Che impressione le fece Ruoppoli al vostro primo incontro?
Tornata a casa, ero di nuovo alla ricerca di un maestro. Qualcuno mi fece il nome di Ruoppoli, lo incontrai e decise di darmi lezioni private.

All’inizio sembrava molto severo, avevo paura. Ma il timore passò presto poiché mi colpì la sua grande capacità di ascolto. Parlavamo tanto prima di iniziare e anche durante la lezione. Lui mi spiegava nel dettaglio ogni passo. Inoltre, a lui raccontavo anche a mia vita privata poiché il maestro mi vedeva spenta, intuiva che stavo male. Quindi mi dava tantissimi consigli e si creò un rapporto bellissimo.
Era davvero un maestro di vita.

Ruoppoli, maestro di vita

Come si svolgevano le lezioni col maestro Ruoppoli?
Lui decise di darmi lezioni private perché il mio obiettivo era quello di entrare in una compagnia. Quindi si focalizzò tanto sulla tecnica. Erano lezioni di tecnica, di balletto, di vita. In quelle due ore il maestro mi sottoponeva esercizi alla barra, al centro, studiavo il repertorio e addirittura pas de deux direttamente con lui! E poi ci divertivamo anche tanto, spesso facevamo battute ridendo fino alle lacrime.

Qual è l’insegnamento più importante che il maestro Ruoppoli le ha trasmesso?
Lui mi ha forgiato il carattere: io ero fragile, debole, non riuscivo a guardarmi allo specchio dopo tutto ciò che mi era stato detto. Le esperienze precedenti, infatti, in altre scuole e con altri maestri avevano distrutto la mia autostima. Ogni lezione col maestro Ruoppoli, invece, era meglio di una seduta dallo psicologo, ha fatto davvero un grandissimo lavoro. Spesso piangevo in sala, poiché sentivo che potevo davvero aprirmi con lui. Sono passata dal buio alla luce.

Dopo tre anni di lezioni col maestro, ho riacquistato fiducia in me stessa, sono diventata una persona diversa. Mi sentivo un uragano, si può dire che ho assorbito il suo carattere. Gli sono profondamente grata: grazie a lui, la mia carriera – e dunque la vita – è cambiata.

In che senso?
Il maestro Ruoppoli mi spronava sempre a partecipare a premi e audizioni. Mi seguiva passo passo nell’inserimento nel mondo del lavoro. Voleva a tutti i costi aiutarmi a trovare la mia strada, ma non mi ha mai raccomandata, che sia chiaro. Anzi, ripeteva spesso che dovevo farcela da sola, con le mie forze. Lui mi ha aiutato con le parole, con l’insegnamento, ascoltandomi, ma mai con raccomandazioni. 

Nel 2018, subito dopo il mio diploma quindi, mi consigliò di partecipare a un premio che si svolgeva al Teatro Ariston di Sanremo. Partecipai e fui notata dal direttore dell’Europa Ballet, che mi invitò all’audizione per entrare nella compagnia. Superata l’audizione, firmai il contratto a luglio e a settembre di quello stesso anno mi trasferii in Austria.

Un cambiamento repentino. Non ci fu nessuna esitazione nel lasciare l’Italia?
Fu tutto molto rapido, non ebbi neanche il tempo di pensare. Avevo tantissima voglia di seguire il mio sogno.

Miriam Genovese
Miriam Genovese e il maestro Attilio Ruoppoli

Il ritorno a Napoli

Dopo anni trascorsi all’estero, in importanti compagnie, Miriam Genovese ha deciso di tornare a Napoli. Le va di raccontarci il motivo di questa scelta?
La mia prospettiva è cambiata molto: prima desideravo solo lavorare in compagnia. Ho vissuto a Roma, in Austria, in Spagna; ho imparato le lingue, conosciuto diverse culture, persone, e penso che quello che dovevo fare l’ho realizzato. Ho fatto le mie esperienze e sono felice.

Adesso, dopo 7 anni, sento il bisogno di godermi la mia famiglia e creare qualcosa a Napoli. Perché non è detto che non si possa creare qualcosa qui. Molti mi consigliano di tornare fuori, ma io credo che con la fantasia e la creatività si possa fare tutto.

Quanto è importante, nella formazione di una ballerina, l’esperienza all’estero?
Tantissimo. Credo che esperienze come questa vadano vissute da ragazzi: andar via a 18 anni e tornare con un bagaglio pieno. Perché se parti a 25 anni – certo si può partire a qualsiasi età – però penso che da ragazzi è diverso. Ti cambia, ti fa crescere, ti dà una formazione che nessuna scuola può offrirti.

Lo consiglio a tutti i ragazzi: scappare a 18 anni e di tornare quando lo senti dentro. Io l’ho sentito quest’anno, nel mio cuore, che è ora di tornare e realizzare qualcosa qui a Napoli. Ho tanta voglia di studiare, arricchirmi, magari iscrivermi all’Università. Ho un mare di sogni in testa, ma più di tutto desidero insegnare danza.

Un nuovo obiettivo: insegnare

Attilio Ruoppoli è purtroppo venuto a mancare l’anno scorso. Miriam Genovese ritiene che l’attuale desiderio di insegnare sia nato in seguito a questo evento?
Mi è sempre piaciuto dare, aiutare le persone. Vorrei donare tutto quello che il maestro Ruoppoli mi ha dato. Magari un giorno troverò una ragazza fragile come lo ero io e mi piacerebbe poterla aiutare, darle consigli. Sarebbe un onore diventare una maestra come lo è stato lui, essere un punto di riferimento per giovani ballerini.

Quali sono, secondo Miriam Genovese, le caratteristiche che dovrebbe avere un bravo insegnante?
Da quando ho studiato col maestro Ruoppoli mi sono resa conto che è raro incontrare insegnanti come lui. Ho realizzato che insegnare non è per tutti, è una cosa difficilissima. Sembra banale, lo fanno quasi tutti al giorno d’oggi, ma è uno dei mestieri più difficili. Bisogna stare attenti, c’è il rischio di incontrare insegnanti frustrati che rovinano gli allievi in età così delicate.

Si dice che “ballerini si nasce”, ecco io credo che anche per essere insegnanti bisogna avere una dote innata. Attilio Ruoppoli aveva qualcosa di raro. Sapeva inquadrare l’allievo, quasi guardasse nel suo futuro. Vedeva ciò che era meglio per lui, la sua possibile carriera e ci azzeccava sempre.

Cuori, sogni e motti

Terminate le lezioni col maestro Ruoppolo, Miriam Genovese ha mantenuto i contatti?
Sì, sempre, ci scrivevano ogni giorno e lui mi ricordava sempre il nostro motto: “Non mollare mai”.

La morte di Attilio Ruoppoli ha colto di sorpresa molti dei suoi allievi più cari e a lui più vicini.
Sì, è purtroppo vero. Sapevo che stava male, ma non immaginavo fino a quel punto. Prima di partire per Barcellona, infatti, mi sono allenata con Francesco Imperatore, poiché il maestro Ruoppoli non poteva seguirmi.
Nell’ultimo periodo, poi, gli scrivevo spesso ma lui rispondeva di meno, a volte non rispondeva affatto. Quando è morto, mi ha telefonato una delle sue allieve e per me è stato come perdere un nonno, un familiare. Ho pianto per settimane. Era la mia guida.

Adesso mantengo ancora i contatti con con le figlie del maestro e con suo nipote. Proprio poche settimane fa ho scritto a Pasquale Caselli – che segue le orme del nonno – per dirgli che l’ho sognato. Nel sogno io e il maestro Ruoppoli eravamo seduti in platea e guardavamo Pasquale, vestito di bianco, ballare sul palco.

È un sogno ricorrente?
Più o meno: sogno spesso di andare a teatro in compagnia del maestro, a guardare balletti. In altri sogni, invece, lui mi guarda danzare. Si tratta di sogni molto brevi, in cui pronuncia frasi di incoraggiamento. Mi è apparso tante volte, soprattutto nei momenti di difficoltà.

Dopo la sua morte lo sogno ogni notte, penso spesso a lui e… ovunque poso lo sguardo vedo cuori, come se il maestro Ruoppoli volesse inviarmi un messaggio. Vedo almeno un cuore al giorno e subito penso al maestro. Magari sono folle, non lo so, però sento che c’è un collegamento. Come se volesse dirmi: “Non mollare adesso, dopo tutti i sacrifici che hai fatto, continua ad andare avanti”.

Miriam Genovese
Miriam Genovese in sala col maestro Attilio Ruoppoli

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