(Esclusiva Campadidanza)

Sabato 23 gennaio alle ore 18 nel teatro Ruskaja dell’Accademia Nazionale di Danza di Roma, secondo appuntamento della rassegna “Nostos.Viaggio di ritorno”. Una rassegna che riporta in Accademia artisti ormai affermati a livello nazionale e internazionale che hanno cominciato la propria carriera partendo dall’Accademia.
Il primo appuntamento, sabato 16 è stato con Mattia Russo e Antonio De Rosa, il 23 con Marco Bellone, dal 2015 direttore del Corpo di Ballo del Teatro Massimo di Palermo.

Marco Bellone © rosellina garbo _49A9523Bellone, palermitano d’origine, ha cominciato a studiare danza all’Accademia per poi diplomarsi al Teatro alla Scala. Da quel momento in poi la sua attenzione si è spostata verso la danza contemporanea e ha lavorato con grandi artisti quali Carolyn Carlson, Amedeo Amodio, Micha van Hoecke, Mauro Bigonzetti, Fabrizio Monteverde, Milena Zullo, Eugenio Scigliano, Mario Piazza, Luciano Cannito, Lorca Massine. E anche accanto a Roberto Bolle e Alessandra Ferri  nel passo a tre della Romeo e Giulietta di Amedeo Amodio.

Prima di tornare a Palermo l’anno scorso,  è stato maître de ballet e assistente coreografo di Matteo Levaggi per il Balletto Teatro di Torino, con la direzione artistica di Loredana Furno, per il Teatro San Carlo di Napoli e per il Teatro Massimo di Palermo.

Lo spirito di “Nostos. Viaggio di ritorno” è quello di far tornare alcuni artisti nel luogo dove sono partiti! Che effetto le ha fatto tornare in Accademia?
“Sinceramente nonostante io abiti a Roma dal 2003, raramente ho avuto occasione di avvicinarmi all’Accademia. Posso dire che quando sono arrivato, qualche giorno fa, ero emozionato come il mio primo giorno di scuola, non a caso ho deciso di raggiungerla con i mezzi pubblici, proprio come quando avevo 14 anni e, nel tragitto in metropolitana verso la fermata Circo Massimo mi sembrava di rivivere quei momenti ormai abbastanza lontani.
ed é stato bello!
Mi racconta com’è andata dall’inizio all’Accademia in poi?
“E’ andata come speravo che andasse, ho ultimato i miei studi al Teatro alla Scala di Milano (non nascondo che non sono stati rari all’ inizio, i momenti in cui desideravo tornare a Roma), e poi ho avuto la possibilità di confrontarmi con molti dei più prestigiosi coreografi italiani e non, incontrati durante i periodi trascorsi tra il Teatro alla Scala, il Maggio musicale fiorentino, il Teatro Massimo di Palermo e il Balletto di Roma. Esattamente come speravo che andasse”.
L’anno scorso è stato nominato direttore del Corpo di ballo del Teatro Massimo di Palermo, sua città d’origine. Anche lì un ritorno… Come sta andando?
“Beh, è stata una grande sorpresa anche questa, come del resto le tante cose che mi sono accadute fino ad adesso e che mi hanno portato ad una crescita continua senza eccessivi alti e bassi.
Al momento, quindi, tutto procede secondo i piani, nel 2016 avremo un’interessantissima Cinderella di Fabrizio Monteverde, la Soirée Roland Petit con ospite Eleonora Abbagnato e a Natale Lo Schiaccianoci classico ripreso da Giuseppe Picone. Il futuro accentuerà questa apertura ai diversi linguaggi con importanti collaborazioni della scena contemporanea senza rinunciare all’appuntamento classico, voluto dal pubblico, il quale credo che però, debba essere educato e abituato ad essere messo alla prova. Mi piacerebbe riuscire a stuzzicare il più possibile la sua curiosità verso il nuovo.. verso ciò che rappresenta i nostri tempi. Il mio obiettivo più immediato è questo”.
Come ha trovato i danzatori di Palermo?
“Il Corpo di Ballo palermitano costituito, ad oggi, da 4 stabili e una trentina di aggiunti, è una compagnia tecnicamente preparata, giovane e soprattutto versatile, aperta alle sfide. Penso che quest’ultima caratteristica sia quella più affine al mio modo di pensare e quella che può tracciare un percorso vincente”.
Sabato presenterà, così come richiede Nostos.Viaggio di ritorno, una breve performance. Come ha impostato in questi giorni in lavoro con i ragazzi dell’Accademia Nazionale di Danza?
” Ci tengo a precisare sin da subito che non sono un coreografo, o almeno non ho ancora sentito il sacro fuoco guidarmi in questa direzione. Io nasco danzatore/interprete, e mi trasformo in Maitre de Ballet e assistente coreografo, per cui, in questo caso ho rimontato per i ragazzi un estratto dai lavori del coreografo Fabrizio Monteverde, proprio perché c’è un filo diretto con il mio attuale ruolo a Palermo avendolo nominato coreografo residente per la stagione 2016″.
Qualcuno degli studenti le ha chiesto consigli?
“Consigli specifici no, ma sono stati molto attenti e curiosi a carpire un linguaggio a loro sconosciuto o quasi, ed è stato bello adattarlo su di loro in maniera istintiva. Ovviamente non basta una settimana per assimilare uno stile, ma il primo impatto per un ballerino è la cosa fondamentale. Spesso devi riuscire a convincere chi ti sta guardando nei primi 10 minuti di lavoro, riuscire a rassicurarlo, col tuo modo di porti, del fatto che sei la persona adatta per un determinato ruolo. Spero si siano divertiti!
Se tornasse indietro cambierebbe qualcosa del suo percorso?
“Non ho alcun tipo di rimorso o rimpianto, ho sempre scelto in base alle proposte artistiche che più mi interessavano. Forse l’unica cosa che cambierei potrebbe essere quella di non aver preso in considerazione fino in fondo alcune opportunità arrivate dall’ estero. Ma i tempi erano diversi rispetto ad oggi, anche se in fin dei conti non sono passati così tanti anni, e le alternative in Italia erano ancora ottime alternative”.
Il nostro dance magazine è letto soprattutto da giovani che chiaramente amano la danza. E molti dei quali di danza vivono. Vuole lanciare loro un messaggio?
“Più che un messaggio, un augurio. Spero vivamente che, per le nuove generazioni di danzatori, si inverta una rotta, soprattutto in Italia, quella attuale  non mi piace affatto. Non mi piace continuare ad assistere allo smantellamento dei nostri corpi di ballo come se la danza non fosse concepita come professione, ma come passatempo. E’ grave per un paese (una disdetta e una sconfitta morale e sociale) lasciare a casa dei lavoratori professionisti che hanno investito l’intera vita su una professione che amano, fatta sicuramente di soddisfazioni ma anche di innumerevoli rinunce. Non mi piace vedere che le nuove generazioni di danzatori e coreografi vedano ridursi drasticamente gli spazi e le offerte per poter portare avanti il loro lavoro.
Non mi piace la concezione inculcata dai media alle nuove generazioni, in cui si lascia passare un messaggio altamente fuorviante, ovvero che basta un’ apparizione in un programma di dubbia natura per avere successo,  quando invece l’unica strada possibile è il lungo lavoro perseguito negli anni con convinzione, sacrificio e passione.
Tutto questo non mi piace, ma come ho detto prima, sono abituato alle sorprese, dunque il mio augurio è che quanto prima ci sia una netta inversione di rotta. Credo che sia ancora possibile”.

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