Bentornati all’appuntamento di *“Pliè di pagina” _ Lo spazio della scena. Nel tentativo di ricostruire la storia del teatro occidentale e arrivare a definire lo spazio del teatro di oggi, scopriamo insieme la scena concepita da uno dei più importanti visionari del teatro del Novecento: Adolphe Appia.
Verso un nuovo luogo teatrale
Nei primi anni del Novecento, le ricerche utopiche di numerosi artisti rivoluzionano lo spazio del teatro. La scena continua a realizzarsi nello spazio del teatro all’italiana, ma non vi si riconosce più progettualmente. Il teatro non è più sentito come luogo della rappresentazione, ma come luogo della relazione tra attore e spettatore. Il suo spazio è sempre meno un problema di edificio e sempre più una questione di valori. Lo spazio della scena diventa così un necessario strumento linguistico ed espressivo. Tra i visionari dello spazio scenico troviamo Adolphe Appia che, con la sua ricerca sistematica sulla scenografia e la luce, muta considerevolmente la percezione dello spazio scenico contribuendo alla nascita della regia teatrale. Oggi Adolphe Appia è considerato tra i maggiori innovatori della scena europea.
La passione per Wagner
Adolphe Appia era svizzero,di origini italiane. Dopo aver studiato disegno artistico e industriale, si era dedicato allo studio del teatro musicale e in particolare alle opere e agli scritti di Richard Wagner. Colpito dall’inadeguatezza delle scene bidimensionali, utilizzate nelle opere liriche, comprese quelle wagneriane, notò che quest’ultime non rispettavano la concezione del Wort-Ton-Drama (ossia in un’opera unitaria, di un unico artefice, che sia assieme parola, musica e realizzazione scenica). A tal fine Appia maturò l’idea di una messa in scena in cui la scenografia fosse funzionale alla rappresentazione. In particolare, lavorando ad alcuni drammi di Wagner scrisse la messinscena dell’Anello del Nibelungo e disegnò le scene per L’oro del Reno e La Walkiria.
La sua visione del quadro scenico
Secondo la visione di Appia, la rappresentazione coinvolge tre elementi visivi contradditori: l’attore in movimento, la scena perpendicolare e il suolo orizzontale. Siamo di fronte ad una scenografia essenziale e stilizzata in cui il sipario, le quinte e le scene dipinte, sono sostituite da gradini, scivoli, piani inclinati, all’interno del quale l’attore si muove in modo ragionato.
All’interno della scena, Appia attribuisce un importante valore alla luce che deve integrarsi con la musica completando la scena. La luce costituisce un elemento visivo che crea l’atmosfera mutando assieme alle azioni e alle emozioni dell’attore. A tal fine è necessario programmarla e orchestrarla, proprio come uno spartito musicale.
La Festspielhaus di Hellerau
Adolphe Appia nel 1906 incontra Émile Jaques-Dalcroze, dal quale sarà notevolmente influenzato. Collaboreranno insieme nell’istituto fondato da Dalcroze ad Hellerau. Lì Appia viene a contatto diretto con la disciplina teorizzata da Dalcroze: l’euritmica, o ginnastica ritmica, un sistema che permetteva di sperimentare la musica attraverso movimenti risultanti dall’ automatizzazione delle reazioni motorie agli stimoli dei ritmi musicali. Ad Hellerau, Appia allestisce una sala per le rappresentazioni: la Festspielhaus per cui il pittore russo Alexandre Salztmann cura l’illuminazione.
Lì Appia trova terreno fertile per le sue ricerche curando tutti i componenti della messinscena. Finalmente l’occasione di creare una rappresentazione in cui la musica, la scenografia, la luce e gli attori, con i loro movimenti. concorrono a creare un ritmo scenico, concretizzando quindi la sua visione ritmica della scena. Possibilità pienamente attuata tra il 1912 e il 1913 con la messa in scena dell’Orfeo e Euridice di Gluck e nel 1914 con Annuncio fatto a Maria di Paul Claudel, entrambi rappresentati nella sala teatrale dell’istituto di Hellerau.
Gli spazi ritmici
Dal 1909 al 1910 disegna una serie di scene a cui dà il nome di spazi ritmici, luoghi ideali di spettacolo, tridimensionali e praticabili, in cui l’elemento preminente è una struttura architettonica volumetrica. Gli spazi ritmici, dalla quale viene esclusa la rotondità e la curva, configurano nello spazio linee rette geometriche con grandi colonne verticali, ampi gradoni orizzontali, ampi piani inclinati in linea diagonale. Una sorta di elementi mobili combinabili in altri situazioni scenografiche. Una scena essenziale e modificabile in cui l’utilizzo della luce, altamente costruttivo, si fonde con il movimento del corpo.
I suoi scritti
Adolphe Appia ha lasciato diversi scritti tra cui: La messa in scena del dramma wagneriano (1985), La musica e la messa in scena (1899), L’opera d’arte vivente (1920).
Bibliografia:
- Mancini Franco. L’evoluzione dello spazio scenico, dal naturalismo al teatro epico, edizioni Dedalo.
- Ciancarelli Roberto (a cura di). Il ritmo come principio scenico, Dino Audino Editore, Roma.
- Cruciani Fabrizio. Lo spazio del teatro,Editori Laterza, Roma-Bari, 1992.
- Cruciani Fabrizio. Registi pedagoghi e comunità teatrali nel Novecento, Editoria & Spettacolo, Roma 2006.
- Brockett Oscar G. Storia del teatro, a cura di Claudio Vicentini, traduzione di De Lorenzis Angela, Marsilio, Venezia, 1988.
- Marotti Ferruccio (a cura di). Attore, musica e scena. Autore Adolphe Appia, Cue Press, Imola (Bo), 2015.
- Allardyce Nicoll. Lo spazio scenico. Storia dell’arte teatrale, Bulzoni Editore.
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