Il punto di vista della mela
Da sinistra: Gabriella Stazio; Raffaella Tramontano; Francesca Falcone; Alessandra Sini; Roberta Albano

NAPOLI – Esperienza imperdibile la presentazione del libro Il punto di vista della mela. Storie, politiche e pratiche della Contact Improvisation. Edito da Piretti nel 2021 per AIRDanza – Associazione Italiana per la Ricerca sulla Danza, il libro è curato da Emma Bigé, Francesca Falcone, Alice Godfroy, Alessandra Sini. Presenti quindi Falcone e Sini alla presentazione di sabato 28 novembre, presso Movimento Danza.

Due danzatrici, vestite in maniera speculare di rosso e blu, accolgono studenti e docenti del Liceo Coreutico Palizzi giunti per assistere alla presentazione. Mela Belletto e Lidia Marinaro, fondatrici insieme a Davide Giacobbe del collettivo CI.Na/ Contact Improvisation Napoli, danzano su una traccia mixata da Michele Marchesani in cui è possibile ascoltare stralci di una intervista a Steve Paxton, capostipite della Contact Improvisation.

La loro, infatti, non è una coreografia prestabilita: Belletto e Marinaro si muovono in simbiosi, lo slancio dell’una in reazione alla spinta dell’altra; resistendo o assecondando il movimento, muovendo o lasciandosi agire. Cambiano spesso il punto di contatto tra i loro copri, senza mai perdere la relazione con la compagnia o con il pavimento. Quella che tessono, improvvisando, davanti agli occhi del giovane pubblico è una danza che sente tutto il peso dell’accelerazione di gravità, fatta dunque di cadute, perdita di equilibrio, acrobazie al limite del rischio. Una dimostrazione esaustiva dell’argomento oggetto di questa mattinata.

La rivoluzione democratica della Contact Improvisation

Raffaella Tramontano, giornalista professionista e direttore responsabile Campadidanza, ha moderato l’incontro e presentato le ospiti: due delle quattro autrici di Il punto di vista della mela, Francesca Falcone e Alessandra Sini; Roberta Albano, vicepresidente AIRDanza e la padrona di casa Gabriella Stazio, coreografa, docente e presidente di Movimento Danza, editore di Campadidanza.
Prima di tutto, Tramontano ha dato il benvenuto al pubblico: “Sono contenta di vedere così tanti giovani a questa presentazione. Oggi, purtroppo, si legge sempre meno soprattutto tra i ragazzi”. La lettura è fondamentale per apprendere la storia della danza, del teatro, prosegue la giornalista, in particolare per chi pratica la performance dal vivo.

Ispirazione popolare

Tramontano ha poi passato la parola a Gabriella Stazio, che nella sua lunga carriera ha studiato anche con Steve Paxton, capostipite della Contact Improvisation. Stazio racconta di quanto questa tecnica, giunta a Napoli in modo naturale, è stata rivoluzionaria per la danza contemporanea. Prima di Paxton il contatto tra i danzatori, e tra questi e il pavimento, era minimo e sempre formalizzato. “Oggi è difficile immaginare la danza contemporanea senza contatto”.

La coreografa ha illustrato poi come si svolgeva una lezione di Paxton: “Durava circa 4 ore, di cui 1 sola stesi a terra ad ascoltare il proprio corpo, i micro-movimenti della colonna vertebrale”. Conclude infine ponendo l’accento sull’aspetto democratico della Contact: “È una danza per tutti: professionisti e non. Una vera rivoluzione democratica. Inoltre, trattandosi di una pratica, non è finalizzata alla restituzione al pubblico: non c’è ansia da prestazione, non esiste giusto o sbagliato. È un qualcosa che si fa per star bene con se stessi”.

Prosegue sulla scia della democrazia anche Roberta Albano: “Il punto di vista della mela è una delle pubblicazioni più recenti e interessanti di AIRDanza, che sin dalla sua fondazione nel 2000 porta vanti la sua missione divulgativa”. Evidenza poi come nella storia della danza ogni stile o tecnica codificata si ispiri a una danza popolare e/o una pratica popolare, un tratto comune anche alla Contact Improvisation. Paxton, infatti, guardava all’Akido – arte marziale post-moderna giapponese priva di forma chiuse – e al rock&roll, tanto è vero che alcune acrobazie del collettivo di Paxton ricordano molto questi balli. “Anche lo stesso concetto di collettivo è rivoluzionario: per la prima volta nella storia della danza non c’è un capo, un coreografo unico a cui fare riferimento”.

Mela Belletto e Lidia Marinaro, fondatrici insieme a Davide Giacobbe del collettivo CI.Na/ Contact Improvisation Napoli

Qual è il punto di vista della mela?

Ha quindi preso la parola Alessandra Sini, coreografa, danzatrice, docente e ricercatrice: “Il punto di vista della mela nasce dall’esigenza di parlare in modo approfondito della Contact Improvisation”. L’occasione è il convegno che AIRDanza ha organizzato, nel 2018, per presentare la traduzione del libro Contact Improvisation di Cynthia Novack, prima edizione italiana a cura di Francesca Falcone e Patrizia Veroli per Dino Audino editore.

Il convegno diventa quindi un calderone di idee; fondamentale è l’incontro di Sini e Falcone con Emma Bigé e Alice Godfroy, dottori di ricerca, danzatrici di Contact, e membri del aCD – equivalente di AIRDanza in Francia. Dopo due anni di lavoro, dedizione e passione, Il punto di vista della mela è pubblicato sia in Italia che in Francia, cinquant’anni dopo la nascita della Contact Improvisation (1972). “Il libro”, prosegue Sini, “raccoglie gli studi più aggiornati sull’opera tentacolare sin qui intrapresa dalla Contact. Offre inoltre un’accurata selezione di testi, per la prima volta tradotti in italiano e in francese”.

Studio della percezione

È la volta, quindi, di Francesca Falcone, già docente di Teoria della Danza presso l’Accademia Nazionale di Danza. Falcone ripercorre quindi la carriera di Paxton: dalla sua presenza nelle fila di danzatori di Cunningham negli anni ’60, al viaggio in Giappone che gli ha fatto scoprire l’Akido fino alla nascita della Contact Improvisation nel 1972.

“In questa tecnica sono presenti sempre tre elementi”, evidenzia Falcone, “due danzatori e il pavimento, quasi fosse un terzo interprete. La Contact è un viaggio dentro di sé e allo stesso tempo una ricerca di diplomazia col corpo dell’altro. Nel praticare la Contact si tenta di aumentare la percezione del periferico, di capire come lavorano i riflessi per avere quindi una risposta pronta ed evitare rischio di farsi male. È uno studio delle sensazioni: qualsiasi danzatore sperimenta dei vuoti di coscienza nella sua pratica, per esempio quando fa una capriola; la Contact si propone di riempire questi vuoti con le sensazioni”.

Per proteggere questa pratica, Paxton sceglie di non brevettarla – come è avvenuto per altre tecniche, quali Gaga – poiché il brevetto non è democratico, è l’opposto dell’improvvisazione. Fonda dunque una rivista in cui scrivono i danzatori della Contact Improvisation.

La simbologia della mela

Le due autrici hanno poi spiegato che il titolo del libro e la simbologia della copertina sono riferimenti a una citazione di Steve Paxton: “Quando una mela cadde sulla sua testa, Newton fu ispirato a descrivere le tre leggi del moto che recano il suo nome, che costituiscono il fondamento delle nostre idee sulla fisica. Nel suo tentativo di essere oggettivo, Newton trascurò la domanda su cosa si prova a essere la mela” (Paxton 1988)

Per Paxton, dunque, chiedersi cosa prova la mela significa mettersi nei panni dell’altro, indagare cosa si prova quando si cade, quando il mondo è sottosopra. “Come in questo periodo”, commenta Falcone. La grafica in copertina, dunque, e le immagini nell’angolo delle pagine – Il punto di vista della mela è infatti anche un flip book – simboleggiano quindi proprio la mela che cade e che si trasforma in occhio, ovvero il punto di vista capovolto. L’occhio infine si chiude e le sue ciglia si trasformano in radici, a indicare il rapporto costante col pavimento.

Relatori e pubblico della presentazione di “Il punto di vista della mela” coinvolti in una jam di Contact Improvisation

Comunità e jam

Dopo aver visionato un video che mostra il lavoro di Paxton e del suo collettivo dal 1972 al 1983, hanno preso la parola i danzatori del collettivo CI.Na/ Contact Improvisation Napoli. “Proveniamo da formazioni differenti”, raccontano Mela Belletto, Lidia Marinaro e Davide Giacobbe, “ma ci siamo attratti a vicenda”. Il collettivo, fondato nel 2016, organizza lezioni e workshop di Contact Improvisation e jam. Termine che deriva dalla musica, la jam è un momento dedicato alla pratica della Contact in cui non c’è nessuno a condurre la danza. È aperta a tutti, anche se i danzatori consigliano di partecipare almeno a una lezione prima di prendere parte a una jam.

“La Contact Improvisation è praticata da tanti collettivi locali, sparsi un po’ ovunque nel mondo”, raccontano i danzatori. “Ogni città ha la sua comunità di Contact, e chiunque vi può entrare a far parte. Sono, poi, tutte collegate tra loro, come se fosse un’unica grande comunità. Oggi coi social è ancora più facile”. Mela Belletto, Lidia Marinaro e Davide Giacobbe invitano dunque a seguire le loro pagine social per partecipare a tutti i loro eventi, come anche il Festival di Contact che da due anni organizzano a Pompei e il DRIN – Danza Roma Incontra Napoli.

Comunità significa che ognuno è partecipe, e dunque che tutti devono fare la propria parte. Adesso è il vostro turno“, conclude la Stazio rivolgendosi ai giovani danzatori presenti e invitando tutti a sperimentare subito la Contact Improvisation. La presentazione di Il punto di vista della mela si è dunque conclusa con una jam che ha coinvolto pubblico e relatori.

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