Cristina Bozzolini

FIRENZE – Il Festival Nutida, Nuovə danzatori/rici, nasce come festival di danza del Comune di Scandicci. Si tratta di un progetto di Stazione Utopia, con il sostegno del MiC, del Comune di Scandicci e della Città Metropolitana di Firenze. Nell’ambito di OpenCity 2022.

La III edizione del Festival si svolge, dal 18 giugno al 20 luglio presso il Pomerio, il Giardino del Castello di origini medievali dell’Acciaiolo. 21 titoli in 18 giorni, 9 prime nazionali, 39 artisti under 30: questi alcuni numeri di una rassegna che mette in contatto le nuove generazioni di danzatori con artisti, italiani e stranieri, ben noti.

Direttori artistici di Nutida sono Saverio Cona e Cristina Bozzolini, a cui abbiamo chiesto di raccontarci i retroscena del Festival.

Cristina Bozzolini ha danzato per 27 anni al Maggio Danza. Terminata la carriera di interprete, nel 1983 ha fondato il Balletto di Toscana. Ha poi diretto il Balletto di Roma, e in seguito l’Aterballetto per 10 anni. Di recente ha fondato il Nuovo Balletto di Toscana e la relativa Scuola. La sua collaborazione con Saverio Cona dura da 40 anni.

Un Festival nato in piena Pandemia

Cristina Bozzolini, il Festival Nutida è giunto alla sua III edizione. Si può dunque dire che sia nato in piena Pandemia?

Sì, nonostante tutto. La prima edizione si è svolta proprio nel 2020, ne abbiamo poi realizzata una seconda nel 2021 e ora siamo alla terza.

Anche con la Scuola del Balletto di Toscana e con la nuova compagnia non ci siamo mai fermati. Abbiamo lavorato di meno, certo, ma non abbiamo mai interrotto del tutto l’attività.

Avete avuto, quindi, molto coraggio a iniziare un nuovo progetto in un periodo tanto incerto.

Molto coraggio, di sicuro è stata dura. Ma ritengo che per costruire ci voglia tanto tempo, mentre per distruggere si fa in un attimo. 

A distanza di due anni dall’inizio della Pandemia, che impatto ha oggi il Covid-19 sul Festival? Nota un miglioramento rispetto alle edizioni passate?

Sì, adesso si iniziano a intravedere dei miglioramenti. Ma fino ad ora, è stata molto dura. Oggi, come anche durante le passate riaperture, il Covid non è scomparso. Ma non abbiamo voluto mollare: a mollare si fa presto, siamo sempre in tempo. Invece, per  costruire ci vogliono anni, soprattutto per creare un prodotto di qualità. 
Ora sono lieta di affermare che il Festival, e pure il Nuovo Balletto di Toscana e la Scuola, hanno prospettive molto buone. 

Colmare un vuoto

Cosa ha spinto, dunque, Cristina Bozzolini a creare il Festival Nutida?

Prima di tutto, la passione per la danza. La passione è come una droga, non riesco, nonostante la mia tenera età, a starne senza.

E soprattutto, il desiderio di colmare un vuoto presente in Italia.
Nutida non è una vetrina come le altre rassegne, in cui si scelgono le compagnie e si offre loro un palco su cui esibirsi. No, il nostro lavoro – mio e di Saverio Cona – è quello di guidare giovani artisti nella scrittura coreografica.
Capita infatti che giovani danzatori ci propongono progetti di cose già realizzate negli anni 70, e così capiamo che quei ragazzi non conoscono la storia della danza, non si sono informati. 

Ritiene quindi che i giovani coreografi ignorino chi è venuto prima di loro?

Spesso, purtroppo, i danzatori italiani non riescono a trovare la compagnia giusta per ballare e allora decidono di fondare un proprio gruppo. E in Italia siamo pieni di realtà del genere, però per me non è bene perché non c’è la preparazione giusta per fare il coreografo o il direttore di compagnia. Bisogna avere la preparazione ma anche la conoscenza del passato.

Quindi la prerogativa originaria di Nutida è fornire lo strumento della conoscenza, non solo il palcoscenico. È una cosa di cui abbiamo molto bisogno in Italia. I giovani non sanno… prendiamo ad esempio la musica, io non penso che ci sia un musicista che non conosca Beethoven. No?
Invece, nella danza ci sono dei danzatori e dei coreografi –  purtroppo è così – che non sanno chi è Petipa, non sanno chi è Robbins e forse neanche Balanchine!
Allora, il talento e basta per me porta solo fino a un certo punto. Bisogna anche sapere, conoscere il passato. Questa è la nostra filosofia. 

In che modo Nutida aiuta i giovani coreografi a costruire la propria performance?

Prima di tutto supportandoli. 
In Italia gli operatori danno la possibilità di esibirsi, ma spesso non basta. Invece noi accompagniamo gli artisti emergenti dall’ideazione della coreografia fino alla messa in scena e non credo che ci siano altre realtà come noi. È un lavoro di ricerca e di gruppo svolto insieme ai coreografi del nostro centro. 

Seguiamo quindi il processo di scrittura coreografica. Diamo consigli musicali, drammaturgici… per assurdo questa rassegna è anche un corso di coreografia. Offriamo a giovani coreografi la possibilità di crescita indicano magari ciò che non funziona, che si può migliorare.

Per esempio, nel programma di quest’anno c’è uno spettacolo di Philippe Kratz, che è stato danzatore con me per tanti anni all’Aterballetto. E adesso è molto richiesto, è invitato alla Scala, a Monaco di Baviera e non solo. Eppure lo spettacolo che presenta a  Nutida è supportato dal Festival e coinvolge giovani danzatori, dando loro modo di relazionarsi con un coreografo esperto. 
Certo ci sono anche spettacoli che non sono prodotti da noi. Purtroppo non ce la faremmo a produrli tutti, ci sarebbe bisogno di risorse finanziarie enormi. 

In programma quest’anno ci sono sia compagnie ben note, come l’Aterballetto, e sia giovani artisti come Emma Zani che era presente anche nell’edizione passata con Meraki. Quest’anno porta in scena il secondo capitolo del progetto: Fiori assenti. Si vede dunque una linea di continuità tra le varie edizioni del Festival.

Sì, Emma Zani è stata nostra allieva per tanti anni. Poi si è distaccata, ha fondato una propria compagnia, la YoY Performing Arts. E l’anno scorso ha proposto questo progetto, una trilogia chiamata Dialoghi con l’arte. Abbiamo deciso di supportarla perché è una ragazza che lavora bene, con intelligenza. 

Inoltre, alternare in programma compagnie affermate con giovani emergenti è un modo per far incontrare generazioni differenti. E anche per dare al pubblico qualcosa di più conosciuto, di certo, anche il pubblico fa parte dello spettacolo. Il rischio va bene, io ho sempre rischiato, però bisogna anche dare delle certezze. E così può darsi che lo spettatore sia attratto dal grande nome ma resti poi anche per vedere qualcosa di nuovo.

Danzare alla luce del tramonto

Cristina Bozzolini, le andrebbe di raccontarci qualcosa della location in cui si svolge Nutida?

Vi so dire poco, su questo ha fatto tutto Saverio Cona. Io vi posso dire solo che è un Giardino meraviglioso. L’idea che abbiamo avuto – secondo me anche questa molto buona – è di non cercare di fare un teatro all’aperto. Sono sempre brutte copie dei teatri al chiuso. Ci vorrebbero mezzi enormi per fare un palco idoneo.
Allora i nostri spettacoli si svolgono all’imbrunire, con la luce del tramonto, è una cosa meravigliosa, vera, naturale, una poesia straordinaria. Questo è molto bello, è un’idea vincente. 

Io con la mia compagnia ho fatto tante tournée estive, anche all’estero. All’etero siamo stati in palchi all’aperto, entro festival, realizzati molto bene, perché hanno risorse finanziarie enormi. Ma in Italia no.
Quindi per Nutida abbiamo deciso di non usare luci artificiali, ma di danzare alla luce del tramonto. I nostri spettacoli infatti iniziano alle 19:00.

E il pubblico apprezza questa idea?

Sul pubblico dobbiamo ancora lavorare, ma posso dire che ogni anno è aumentato. In queste prime edizioni ci siamo concentrati sulla parte artistica, dal prossimo anno ci dedicheremo di più al pubblico. Per il momento ogni anno è cresciuto, potremmo dire in modo spontaneo. Ma va fatto un lavoro anche lì.

Nel senso che il pubblico va formato?

No, non va formato. Va fatta pubblicità.

Qualche idea per l’edizione del 2023?

Non ancora, è troppo presto. Per il momento pensiamo a finire l’edizione attuale, poi inizieremo la programmazione dell’anno prossimo.

Iscriviti alla Newsletter