Borderline Danza è una delle compagnie più in vista nel panorama campano.
La ricerca coreografica della Compagnia parte dallo studio della mente umana e del suo processo neurobiologico. Le creazioni coreografiche di Borderline Danza indagano gli equilibri instabili su cui si basa l’esistenza umana: luce e ombra, movimento e quiete, suono e silenzio, presenza e assenza.

Il lavoro di ricerca della Compagnia si estende anche alla analisi dei modi di composizione coreografica. Borderline Danza investiga le motivazioni del comporre e del mettere in scena: dall’auto osservazione allo svelamento delle tecniche di rappresentazione, all’abbattimento della quarta parete, con il coinvolgimento del pubblico all’interno della performance.

L’interessante campo di ricerca rispecchia la formazione del fondatore della Compagnia, Claudio Malangone. Danzatore, coreografo e psichiatra, Malangone fonda Borderline Danza nel 1998 dopo essersi formato con Susanne Linke, Carolyn Carlson, Birgit Cullberg, Nina Watt, Matilde Monnier, Doris Rudko, Alice Condodina, Simona Bucci, Andè Peck, Roberta Garrison, Adriana Borriello.

Abbiamo intervistato Claudio Malangone per cercare di capire come la sua compagnia stia affrontando la ripresa dell’attività.

La ripresa dell’attività

Si parla di fase 3, ma il mondo dello spettacolo è rimasto alla fase 2. Che cosa ne pensa?

Dal 15 giugno hanno o avrebbero dovuto riaprire i teatri e sopratutto ci sarebbe dovuto essere il via libera alle rappresentazioni. Ma ben pochi sono stati i festival/rassegne che hanno mantenuto l’impegno preso con le compagnie in fase di programmazione. Ad oggi se non ci fosse stata l’emergenza sanitaria noi avremmo all’attivo circa trenta spettacoli. Inoltre, la programmazione che ci stanno richiedendo è completamente diversa rispetto a quanto avevamo in allestimento perché deve essere conforme alle linea guida che regolamentano questa fase. Quindi bisogna riallestire ad hoc, ripensare gli spettacoli.

Quanto tempo ci vorrà, secondo lei, per colmare questo gap?

Non riesco a fare una previsione in tal senso. È doveroso cercare e trovare un nuovo equilibrio quanto prima e ripensare al sistema spettacolo dal vivo con queste nuove necessità. Questo vale sia per la creazione degli spettacoli, quanto per tutto ciò che si attiene al processo di produzione e promozione.

La riapertura l’ha colta di sorpresa? Come si sta preparando Borderline Danza in queste settimane?

Per quanto riguarda l’attività di produzione, con i danzatori stiamo cercando di pensare al riallestimento di alcuni progetti che devono essere necessariamente modificati per poter andare in scena. È sicuramente faticoso ripensare a un qualcosa che aveva già la sua forma e rispettava altre esigenze creative, ma tutto questo potrebbe trasformarsi in qualcosa di interessante e di nuovo grazie ai limiti imposti.

Circa invece la nostra attività di promozione con RAID Festival, anche qui lo staff organizzativo ne sta valutando la fattibilità nei vecchi luoghi e cercandone di nuovi che meglio possano soddisfare le linee guida, le esigenze artistiche delle compagnie che ospitiamo. Come gli spazi all’aperto: palazzi storici, chiostri ed altri..

L’impatto psicologico

Lei, oltre ad essere coreografo e danzatore affermato, è anche psichiatra. Che impatto hanno avuto questi mesi di lockdown sulla psiche dei danzatori?

Smarrimento, incertezza, confusione, ansia per il futuro soprattutto nella prima parte di questo periodo, sono le emozioni che mi vengono in mente e che meglio ci hanno rappresentato. Emozioni che ho riscontrato su più fronti, considerando che non ho mai smesso di lavorare come medico.

Ma coi danzatori, coi quali ho avuto ripetuti e anche strutturati contatti telefonici, è subito comparso il desiderio di reagire e cercare quei nuovi equilibri a cui accennavo prima. Se da un lato si sperimentava incertezza, dall’altro c’era la sicurezza che noi siamo un gruppo, come una famiglia, che uniti vanno nella stessa direzione, verso un obiettivo comune, che di fatto è il rafforzamento della nostra linea estetica e produttiva.

E su quella degli spettatori?

Circa gli spettatori possiamo fare solo delle previsioni. L’incertezza e la preoccupazione di nuove ondate, malgrado le norme alle quali dovranno attenersi i teatri e/o i luoghi performativi, temiamo non rendano sereni gli spettatori, riducendo ulteriormente l’affluenza.

Si teme che il pubblico possa non tornare a teatro. D’altro canto, è anche vero che non fosse molto numeroso già prima del Covid-19. Che ne pensa?

Tranne poche eccezioni, il mondo della danza, soprattutto per gli spettacoli di ricerca, da sempre non si caratterizza per grandi numeri. Se poi pensiamo anche ad altre variabili sicuramente necessarie come le norme che regolamentano il numero massimo di spettatori, le modalità di prenotazione, il distanziamento all’interno della sala, la rilevazione della temperatura, l’uso della mascherina negli spazi comuni, possiamo senza dubbio paventare un ulteriore calo delle presenze. Ma staremo a vedere.

Il coinvolgimento del pubblico

Borderline Danza ha realizzato nel 2015 uno spettacolo dal titolo Body Moods: wich one is yours? Si tratta di una coreografia che varia a seconda del pubblico. Questo, infatti, partecipa attivamente alla creazione artistica, compilando un questionario per scoprire il proprio biotipo. Ritiene sia possibile realizzare una così stretta relazione fra pubblico e spettatori nei prossimi mesi?

Questo spettacolo per noi ha un valore molto importante perchè è il primo che tiene in considerazione il pubblico non come semplice fruitore dell’evento ma come parte attiva, che poi negli anni successivi ad oggi ha avuto uno sviluppo sempre maggiore fino ad essere co-presente nella performance. Le ultime creazioni infatti prevedono l’audience all’interno dell’area performativa in azione insieme ai danzatori, restituendo senso allo spettacolo grazie alle loro azioni sceniche, tra situazioni consapevoli e accidentali. L’ultimo progetto realizzato per l’Accademia Nazionale di Danza nel progetto Resid’AND, mai andato in scena perchè a ridosso del lockdown, si incentrava prevalentemente su questi aspetti.

Ma ritornando a Body Moods, proprio in questi giorni abbiamo ipotizzato un riallestimento ad hoc che potesse soddisfare non solo le esigenze artistiche ma anche le nuove norme di sicurezza. Per noi il pubblico fa parte del nostro processo di ricerca e continueremo a pensare agli spettacoli in questo modo.

Le creazioni video

Nelle realizzazioni coreografiche di Borderline Danza si fa anche molto uso delle riproduzioni video. In pieno lockdown, ad esempio, è stato realizzato Handmade. Alla luce di ciò, cosa ne pensa della proposta del Ministro Franceschini di creare una Netflix della cultura? È una proposta che può essere estesa ad ogni creazione tersicorea?

È vero che noi utilizziamo molto il video, sia live che in post-produzione. Alcuni progetti sono realizzati solo ed esclusivamente per il video ma sono progetti ad hoc, che nascono così. Handmade è l’utlima produzione video affidata ad un giovane autore della mia compagnia, Luigi Aruta. Ma questi progetti nascono per il video. Si tratta di altro che soddisfa altre esigenze artistiche, di linguaggio, di forma, di contenuti, ma non può sostituire lo spettacolo dal vivo. Soprattutto per noi che danziamo insieme al pubblico. Una Netflix della cultura ben venga ma è altra cosa.

Si cambia danza

Come immagina cambierà la danza, tutta, nei mesi avvenire?

In verità non so come rispondere. Sicuramente non sarà come prima ma ad oggi non riesco ad immaginarla. Siamo in una fase di attesa e di sperimentazione, alla ricerca di altri e nuovi modi, nuove possibilità. Forse il video è una di queste. Siamo però certi che è necessario ricominciare, non ripercorrendo quello che già avevamo ma andando oltre. L’emergenza sanitaria ci ha costretti a fermarci, a pensare, a ripensarci. E sicuramente questo rinnovamento deve prevedere con maggior forza l’idea di poter lavorare in rete, per sostenerci e per alimentarci artisticamente.

Inchiesta Covid-19, si cambia danza

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