Asylum

NAPOLI – Pioggia di applausi al termine della seconda serata di Asylum, lo spettacolo hip hop firmato da Mery Micillo. Piena la platea del Piccolo Bellini, domenica 3 marzo.

Un flusso continuo di spettatori, accorsi fino all’ultimo minuto, ha riempito la platea del Piccolo Bellini domenica 3 marzo per assistere alla replica di Asylum. Tra il pubblico di età eterogenea, intento in un allegro chiacchiericcio, spunta qua e là qualche mazzo di fiori. La maschera ha accolto gli ultimi spettatori raccomandando di non filmare le interpreti, la cui presenza è già intuibile dietro il sipario.
Manuela Barbato – che insieme a Emma Cianchi cura la programmazione danza del Teatro Bellini – ha introdotto la serata: “Vedere la platea così piena è un effetto ottico che fa scoppiare il cuore”. Ha poi presentato la coreografa Mery Micillo, già ospite del Bellini anni fa in una serata condivisa insieme ad altri coreografi. “Asylum è un lavoro molto forte e coinvolgente, lasciatevi andare e non dimenticate che gli artisti non esistono senza pubblico” ha concluso Barbato.

Energia da vendere

Asylum si apre quindi sulle famose note di Whatever Will Be, Will Be evocate da una espressiva danzatrice, seduta al centro del palco. Altre sei ragazze, tutte vestite di bianco e con le braccia legate in una camicia di forza, raggiungono poi la compagna. Lo spettacolo procede quindi in una serie di scene giustapposte; il passaggio dall’una all’altra è segnato da uno stacco netto. Il pubblico tenta così di ricostruire le vite di queste donne, chiuse in un ospedale psichiatrico per una presunta malattia mentale. Vicende passate intuibili soprattutto attraverso alcune brevi frasi gridate con irruenza o appena sussurrate dalle giovani danzatrici.
Altri indizi sono poi suggeriti da oggetti di scena come rose di vario colore, lampadine luminose, tablet su cui scorrono immagini delle sette donne all’interno dell’ospedale psichiatrico. E sulle frasi rap della nota canzone di Simone Cristicchi, che affronta proprio questo tema, Asylum trova coerente conclusione.

Le sette interpreti della ODF Company – Federica Ferrara, Martina Giannetti, Olga Rossi, Martina Viglione, Camilla Caiazzo, Angelica Migliaccio, Fiamma Guida – alle prime esperienze, si sono mostrate però già padrone del palco. Le danzatrici si sono distinte infatti per la bellissima qualità di movimento hip hop e l’ottimo sincrono senza cui molti disegni coreografici perderebbero incisività. E soprattutto per l’energia da vendere e l’abilità espressiva degna di vere professioniste. Nonostante siano giovanissime hanno dimostrato di non temere la distanza ravvicinata col pubblico e di saper dare vita, ognuna col proprio stile personale, alle tante voci di donne considerate ingiustamente folli.

Alcuni espedienti di forte impatto scenografico, come le lampadine e i tablet, trovano però debole ragione d’esistere sul piano drammaturgico. Così come la selezione musicale appare spesso troppo potente ed esaltante rispetto al tema scelto, che meriterebbe forse maggiore introspezione. Sembrerebbe infatti che, da un punto di vista registico e drammaturgico, Asylum non abbia ancora espresso appieno tutto il suo potenziale. I confini tra una sequenza e un’altra, per esempio, potrebbero essere resi più labili, anche per non indurre il pubblico nell’errore di applaudire prima che lo spettacolo sia terminato. Si ha inoltre l’impressione che il tema degli ospedali psichiatrici solo un pretesto per mettere in scena delle coreografie: la vera storia delle protagoniste, che è svelata tutta a parole sul finire della performance, potrebbe essere diluita durante tutto lo spettacolo.

Al termine della serata, in ogni caso, il pubblico si è manifestato molto soddisfatto e ha sommerso le danzatrici e la coreografa di applausi. Ancora, nel lasciare la sala, gli spettatori hanno commentato in maniera positiva l’esperienza.

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