La sua creazione, Yellow, è quella che ma messo d’accordo la giuria di New Dance Generation, il contest che ha chiuso lo scorso 8 aprile, allo Spazio X di Caserta, la prima edizione di #Off Call For Contemporary Experimental Dance, la rassegna di danza contemporanea creata e diretta da Annamaria Di Maio dell’ARB Dance Company. Adriano Bolognino, il giovane vincitore, ha convinto tutti, a partire dalla sottoscritta, che ha avuto il piacere e la responsabilità di far parte della commissione insieme a Roberto Solofria, regista e direttore artistico del Teatro Civico 14, Fabrizio Coppo, danzatore e coreografo, Chiara Giacobone, docente di tecnica della danza contemporanea, ed alla stessa direttrice Di Maio. Nonostante abbia solo ventidue anni, Adriano, che in scena è stato affiancato dalla splendida partner Rosaria Di Maro, si sta costruendo un percorso solido. Ce lo racconta in questa intervista, in cui racconta i suoi inizi e ci anticipa i prossimi progetti.

Adriano, quando e come nasce la tua passione per la danza?

Da piccolissimo ho studiato danza un solo anno, e nel mentre mi divertivo a creare coreografie con le matite, immaginando fossero danzatori. Ma fino ai tredici anni ho giocato a calcio. Ho sempre avuto questa doppia passione, ma quella per la danza era più forte ed è stata mia sorella, in seguito, ad indirizzarmi definitivamente verso quest’arte.

Ci racconti del tuo percorso di studi?

Ho iniziato a studiare danza nella palestra di mio padre, per gioco. La mia prima scuola di danza è stata la Schininà-Vecchi del Vomero, dove ho studiato soprattutto con le maestre Federica Musella e Valeria Benigno. Da lì in poi la mia vita è completamente cambiata grazie al maestro Ferdinando Arenella. Sono approdato al Lyceum diretto da Mara Fusco, dove sotto la guida dei fantastici direttori e dei bravissimi maestri sono riuscito a crescere artisticamente ed umanamente. Il maestro Arenella è stato ed è tutt’ora una guida per me. Devo a lui gran parte della mia formazione e delle mie soddisfazioni. Mi ha insegnato davvero tanto e continua a farlo. L’anno scorso, invece, sono stato a Milano nella compagnia Milano Contemporary Ballet, dove ho conosciuto grazie a Roberto Altamura, Vittoria Brancadoro e Virginia Spallarossa nuovi stili e tecniche della danza contemporanea. Inoltre, ho affinato lo studio della danza classica grazie alle maestre Roberta Nebulone e Chiara Borghi. Essendo in collaborazione con Wayne Mc Gregor, ho avuto la fortuna di lavorare su uno dei repertori più complessi che esistano e di ampliare le mie vedute da danzatore ed aspirante coreografo avendo come esempio meravigliosi danzatori. Devo tanto al maestro Altamura, che con il suo progetto ha sicuramente dato una svolta importante alla mia creatività e alla mia carriera.

Ti sei aggiudicato la vittoria della prima edizione di New Dance Generation. Come hai saputo del concorso e quando ti sei convinto a prendervi parte?

Ne sono venuto a conoscenza grazie ad un sito di audizioni e subito ho deciso di partecipare e presentare il mio progetto a cui lavoro da un po’.

 

 

La coreografia vincitrice, Yellow, come nasce?

Yellow nasce da un ricordo di bambino. Ho sempre immaginato l’anima come gialla e mi sono voluto concentrare sulle emozioni che un danzatore può portare in scena. L’idea è quella di destrutturare il danzatore. Da una parte ho lavorato per renderlo il più simile allo spettatore, che può così rompere le barriere con il danzatore e vederlo per quello che è realmente come essere umano, dall’altra ho cercato di fare un lavoro puramente estetico attraverso un’identità coreografica che sto cercando di costruire pian piano, e che è possibile ritrovare in determinati movimenti per tutta la creazione. Yellow vuole mettere in scena personalità diverse e le varie emozioni della quotidianità. Un rapporto andato male, una perdita, una vittoria.

 

 

Con la tua danzatrice c’era una bella intesa. Ballate da tanto insieme?

La danzatrice che ha danzato con e per me si chiama Rosaria Di Maro. Non abbiamo avuto spesso l’occasione di danzare insieme, nonostante anche lei si sia diplomata al Lyceum. Oltre ad essere la mia fidanzata è una mia grande sostenitrice e da subito ha creduto nel progetto. Conoscendo a fondo la sua vita, ho potuto lavorare bene sulla sua personalità e mettere in scena il rapporto dualistico fra una parte sovrastata da corazze e una parte libera e senza freni sulle emozioni. Questo è, appunto, il tema centrale di Yellow, il mostrarsi non come danzatore ma come essere umano, il fidarsi di qualcuno e poi rimanerne feriti.

Il premio di Off consiste nell’inserimento di Yellow nel cartellone della seconda edizione della rassegna. Che lavoro affronterai per questo appuntamento del prossimo anno?

Sicuramente il mio obiettivo è di concludere quello che ho iniziato. Cercherò di coinvolgere altri danzatori e di creare quello che adesso è soltanto una bozza del mio progetto. Yellow parte da un’idea semplice e vorrei che arrivasse al pubblico proprio con semplicità, ma non per questo voglio penalizzare il lato coreografico. Dunque cercherò danzatori che sposino il progetto e che siano affini con le mie stranezze coreografiche.

Da quanto tempo ti dedichi alla coreografia?

Mi dedico alla coreografia da sempre perché è la cosa che amo più fare. Sicuramente in questi ultimi anni mi sono concentrato maggiormente sul cercare di creare un qualcosa che potesse essere solo mio.

 

 

Come nascono le tue creazioni?

Fortunatamente mi basta farmi trasportare dalle mie idee e sensazioni. È sempre stato così, è forse la cosa che mi riesce più facile fare. Cerco semplicemente di essere me stesso e di non tradire mai quello che sono. Mi ispiro molto a giovani danzatori come me e a grandi coreografi. Cerco sempre di imparare e ricercare qualcosa di nuovo.

Quali sono i coreografi contemporanei che prendi come riferimento?

Sicuramente Wayne Mc Gregor. Adoro Ohad Naharin e Crystal Pite. In Italia mi piace tanto Erika Silgoner, mentre per ora il coreografo a cui mi ispiro di più è Marco Goecke.

Quali sono le occasioni e gli spazi che l’Italia offre ad un giovane coreografo?

Sicuramente penso che in Italia qualcosa stia cambiando ma c’è ancora poco per la danza contemporanea. New Dance Generation è stata una bellissima iniziativa e spero ce ne siano sempre di più. Il progetto in Italia verrà presentato anche presso la piattaforma coreografica romana BPFORM.

Hai fatto delle esperienze all’estero o hai pensato di farne?

Il progetto Yellow è stato selezionato per il festival Let’s Dance International Frontiers a Leicester, e quindi danzaremo lì il 4 Maggio. Inoltre, un altro pezzo creato da me, Off from me, il 15 aprile sarà in gara a Celle, in Slovenia, per il concorso internazionale di giovani performers.

Cos’è per te la danza?

La danza é il mio modo per sentirmi appagato e pieno. É il mio modo per farmi conoscere ed apprezzare. É il mio modo per crescere e rimanere al passo con il tempo.

Quali sono i traguardi professionali che ti auguri di raggiungere?

Sicuramente avendo 22 anni voglio ancora danzare, ma sto cercando già di aprirmi al mondo della coreografia proprio perché il mio grande obiettivo è riuscire ad avere una mia compagnia e dei danzatori con i quali mettere in scena le mie idee.

 

 

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