1077923_424586297673586_1372291006_nVenticinque anni, un metro e ottantadue per settantacinque chilogrammi, biondo, gentile, solare. Originario di Monteruscello e Diplomato alla Scuola del Teatro San Carlo di Napoli nel 2007, ha immediatamente spiccato il volo verso le più importanti compagnie internazionali. Spontaneo e positivo, Luca ci parla di sé e degli inizi della sua splendida carriera internazionale.

Partiamo dalla tua formazione: gli anni alla Scuola del Teatro San Carlo di Napoli. Parlaci dei tuoi inizi e del percorso di un giovane di provincia in una delle Scuole e più importanti del mondo

Sono entrato alla scuola del Teatro San Carlo nel 1998 per il primo corso. A quattro anni avevo iniziato con la ginnastica, dal momento che i miei genitori sono  titolari di una palestra a Monteruscello, un piccolo paesino presso Pozzuoli. A otto anni non ero molto convito che la danza classica mi piacesse, ero anche rotondetto e i primi tre anni sono stati molto duri, perché non c’erano progressi. Poi al III corso fui rimandato e da quel momento tutto cambiò, perché mi resi conto che ci tenevo tantissimo a continuare, che la danza era davvero importante per me e che sarebbe stata il mio futuro. Dopo quell’anno tornai dalle vacanze estive cresciuto, fisicamente più longilineo e la Direttrice Anna Razzi, a inizio anno, mi chiamò privatamente per dirmi che era molto contenta e che dovevo assolutamente mettercela tutta per andare avanti. Ricordo che quella riunione fu molto speciale per me; la Direttrice mi parlò come una madre. Prese un libro e mi fece vedere una foto di un danzatore che lei diceva che gli ricordavo quando ballavo, Jorge Donn, la musa ispiratrice di Maurice Bejart. In quella foto vidi un leone della danza. La prima che mi venne in mente fu il sole. Così, da quel giorno, fui sempre l’ultimo ad uscire dal Teatro: entravo alle 14.30 e uscivo alle 21.15, perché rimanevo a provare tutte le variazioni classiche maschili. La Signora Razzi iniziò ad affidarmi tutti i ruoli principali del repertorio, dal principe nella favola di Biancaneve, a quello della Bella addormentata di Nureyev, dal Guarracino a Oberon, in Sogno di una notte di mezza estate. Iniziai anche lo studio del Passo a due. Ricordo che la Direttrice era molto contenta e io avevo sempre più voglia di imparare. Nel 2006, un anno prima del diploma, Alberto Testa mi premiò a Positano per il ruolo del principe Desirée ne La bella addormentata. Positano è stato un momento della mia vita molto importante, un trampolino di lancio. Nel 2007 mi diplomai con il ruolo di Oberon in Sogno di una notte di mezza estate. Il giorno dopo la Signora Carla Fracci mi chiamò per danzare al Teatro dell’Opera di Roma.

La conclusione degli studi: quanto è difficile a Napoli poter dimostrare il proprio talento e far sì che la danza diventi un lavoro?

A Napoli ho solamente avuto negli anni precedenti al diploma pratiche con il corpo di ballo, come si usa per  gli allievi normalmente prima di diplomarsi. Niente di più.Sylvia Pas de Deux

Qual è stato il Maestro che ricordi con più affetto, dentro e fuori la Scuola?

Sicuramente Anna Razzi,  che ha subito creduto in me e a lei devo tanto.  Ma un’altra Maestra che porto sempre nel cuore e la Signora Iride Sauri, che venne a dar lezione alla Scuola alla fine del mio percorso di allievo. Lo studio alla fine della Scuola con La Sauri è stato importantissimo, perché lei ci insegnava a lavorare senza utilizzare molto lo specchio, per cui eravamo costretti a “sentire” il nostro corpo. La Sauri è stato il dulcis in fundo. Inoltre devo moltissimo a Martha Iris Fernandez, insegnante cubana che ogni volta che torno al San Carlo mi cura tantissimo..

 Parlaci dei rapidi progressi della tua carriera.

La mia carriera come danzatore classico ha iniziato ad avere un’andatura “fluida” da quando ho lasciato l’Italia. Dopo l’anno di esperienza con Carla Fracci a Roma, Angel Corella mi ha voluto nella sua compagnia classica a Segovia. In questa Compagnia ho conosciuto tanti coreografi di fama internazionale che mi sceglievano per i loro balletti, come il Secondo Marinaio romantico in Fancy Free di Jerome Robbins, il Passo a Due di  DGV Danse a grande vitesse di Wheeldon in the upper roon di Tarp e tanti altri. Una volta finita l’esperienza con Corella, Victor Ullate mi ha voluto nella sua compagnia come Primo ballerino, affidandomi subito il ruolo di Franz nel balletto Coppelia e altri ruoli importanti. Una volta conclusa l’esperienza con Victor sono tornato a Roma per ballare Don Quixote di Mikhail Messerer, nel ruolo di Espada. Dal 2012 ho iniziato a essere ospite di prestigiosi Festivals. Sono stato “immagine ufficiale” del Festival di Miami diretto da Pedro Pablo Pena e allo stesso tempo sono apparso in cover a Miami, ho ballato la suite del secondo atto di Giselle con la danzatrice Americana Monica Pelfrey. La morte del Cigno di Michael Descombay e Bata, un assolo meraviglioso creato per me da Aida Gomez, con la bata disegnata da Giorgio Armani. Poi sono stato invitato da Alicia Alonso per partecipare al Festival internazionale de L’Habana nel 2012.  Alicia mi affidò il ruolo di Narciso nel balletto Morte di Narciso, su musica di Julian Orbon e scenografie di 62436_10200796997500524_1553836922_nRoger Salas. La stessa Alonso a Cuba  mi affidò come partner la fantastica Sadaise Arencibia per il Sylvia pad de deux di George Balanchine. Dopo il festival Alicia Alonso mi propose di rimanere più a lungo come ospite del Balletto Nazionale di Cuba e così danzai Alberch in Giselle e Siglfrid nel Lago dei Cigni, lo Schiavo dell’Excelsior in coppia con Dayesi Torriente. Nel novembre del 2013 Renato Zanella mi ha voluto per interpretare la sua Danza Araba ne Lo Schiaccianoci, con la Compagnia della Fondazione Arena di Verona. Lavorare con Renato è stata una bellissima esperienza, perché lui ha una mentalità molto aperta e vero rispetto per i danzatori. Dal febbraio 2014 Ivan Liska mi ha ingaggiato per far parte della compagnia Bayerisches State Ballet Monaco di Baviera. Il prossimo appuntamento è con romeo e giulietta in Oman, un paese molto ricco. Sono molto felice, la compagnia è molto grande e vanta un repertorio stupendo.

Qual è, a tuo giudizio, la tua qualità migliore come danzatore?

Lascio sempre agli altri parlare delle  mie qualità. In Narciso, ad esempio, Roger Salas si è complimentato con me per l’interpretazione della storia. Si tratta di un balletto che mi sento molto “comodo”, c’è molta tecnica, ma l’importante – come mi diceva Alicia Alonso – è sentirsi “comodo” nella tecnica per approfondire l’interpretazione e rendere tutto leggibile allo spettatore. Così è  stato un successo.

Cosa vorresti e cosa non vorresti dal tuo futuro?

Sono molto scaramantico, ma penso che ogni danzatore aspiri ad essere un danzatore di alto livello. Bisogna pazientare molto e lavorare duro, perché il lavoro paga 3-1sempre. Bisogna anche avere una mentalità aperta, essere svelti e avere rispetto per Maestri, coreografi e colleghi, cosa che non avviene sempre. Bisogna rimanere concentrati sull’obiettivo: non tutti i giorni sono uguali. Quando si è stanchi bisogna riposare perché senza il giusto recupero non si avanza.

Il sogno cubano: quali sono le differenze più grandi che un danzatore europeo avverte lavorando a Cuba?

Ogni volta che parlo di cuba mi emoziono. C’è un’altra mentalità per la danza. In Europa e in America c’è molto business, la gioia di essere soddisfatto in scena non è al centro degli interessi della maggior parte dei danzatori, che spesso non si esibiscono se il cachet non li soddisfa. Per carità, è anche giusto, ma io non riesco proprio a vederla in questo modo.

Carla Fracci e Alicia Alonso. Le Divine della danza cosa ti hanno insegnato?

Nel 2008 ho cominciato a lavorare con Carla Fracci: ingaggio immediato il giorno dopo il mio diploma nel 2007. Mi ha molto curato sul lato tecnico, ho studiato col lei i ruoli del repertorio classico e le produzioni di Beppe Menegatti. Grazie a lei ho conosciuto tante persone. Il distacco è avvenuto quando Angel Corella mi ha invitato a Segovia. Lei era triste perché mi diceva che a Roma avrei avuto un futuro sicuro, ma io non volevo essere un “impiegato”. A diciotto anni volevo altre esperienze. Alla fine ha capito e mi ha lasciato andare. Alicia Alonso è stata la persona più importante della mia carriera. Mi ha praticamente “adottato”. Mi ha fatto capire cose molto importanti. Lei ha danzato per tantissimo tempo cieca; in sala mi spiegava dove dovevo dirigere i miei gesti. Non vedendo si affida molto all’orecchio, ascoltando il rumore prodotto dall’atterraggio dei miei salti, e spiegandomi molto la pantomima del balletto. Mi ha sempre insegnato che il pubblico deve capire il significato di ciò che si racconta, al di là della tecnica, perché altrimenti danzare non ha senso. Normalmente torno a Cuba per fare lezione con lei. Dopo il Festival di Miami ho accettato subito il suo invito per lavorare nove mesi con il Balletto Nazionale di Cuba, dove ho lavorato anche con la figlia, Laura Alonso, che ha una sua compagnia (Il Balletto di Laura Alonso), e lei mi curava sulle variazioni maschili e sulla tecnica, massacrandomi letteralmente. Anche il figlio di Laura, Ivan Morales Alonso è un coreografo: tutta la famiglia mi ha adottato! Ogni due anni per il Festival Internazionale di Balletto  invita sempre persone nuove per far sì che il pubblico cubano possa vedere anche altri danzatori e ampliare le proprie vedute. Non come in Italia, dove girano sempre i soliti nomi. A Cuba c’è molto pubblico che va a guardare danzatori stranieri, anche se non sono stelle internazionali. Vanno perché è balletto, non solo per il nome. C’è una mentalità più sana rispetto alle nostre parti. Bisogna che il pubblico capisca questo.

1Quanto rimpiangi di non aver trovato spazio a Napoli e quanto invece rivaluti questa situazione, alla luce dei tuoi successi internazionali, in un momento storico in cui i giovani di tutti i settori sono costretti a espatriare?

In Italia ci sono buoni talenti che sono costretti ad andar via perché non trovano spazio. Da quando ho iniziato a studiare al San Carlo ho sempre detto ai miei genitori che sarei andato via. Sapevo che Napoli non sarebbe stato il mio futuro. Vedevo le dinamiche italiane. Purtroppo il giovane, se vuole danzare per farsi conoscere dai coreografi stranieri, deve andar via. Io sono felice di questo e per me va bene così. Non ho rammarichi. La mia famiglia mi ha molto appoggiato e continua a farlo.

Ho affrontato moltissime audizioni: alcune andate bene e alcune no, come tutti i danzatori. Bisogna avere molto carattere e personalità, non farsi influenzare dagli altri, rimanere concentrati si se stessi e circondarsi di persone sane. Questo è importantissimo.

Rimpiango la mia famiglia, la mia Maestra Anna Razzi, vado spesso a studiare a Milano con Iride Sauri perché la porto sempre nel cuore, così come porto nel cuore la Maestra Martha Iris Fernandez. Quando ho vacanza torno subito dai miei dai miei Maestri.

Cosa consiglieresti ai giovani, numerosissimi, che affollano le scuole non professionali e che spesso demordono alla prima difficoltà? La mentalità comune considera ancora inutile sforzarsi se le probabilità di diventare una ballerina/o sono quasi nulle, visto che non si considera ancora lo studio della danza come un arricchimento culturale indipendente dal palcoscenico. Che consigli potresti dare a questi giovani che studiano in scuole non professionali?

Al termine degli studi un giovane deve affrontare le prime audizioni davanti a una giuria, come accade soprattutto all’estero, mentre in Italia si attinge per lo più dalle 10259600_10202441356488471_1482931457_nscuole importanti. All’estero non importa dove sei diplomato, se piaci alla giuria non è importante il “titolo”. Ci sono miei colleghi affermati che non vengono da scuole professionali ma sono stati danzatori eccellenti. In Italia c’è un blocco maggiore per l’accesso alle audizioni. Consiglio di perseverare e andare via. Se la danza è la loro vita i giovanissimi devono crederci fino in fondo (e con  grande supporto della famiglia), senza perdere di vista il proprio obiettivo. Ho colleghi che non hanno avuto la fortuna di andare all’estero e in Italia hanno smesso di ballare. Mai gettare la spugna. Se posso servire da esempio per i ragazzi che stanno iniziando, voglio esortarli a non fossilizzarsi sulle poche compagnie presenti in Italia, perché ma fuori c’è un mondo intero da scoprire. In questo momento della mia vita sono molto felice, anche per le scelte che ho fatto.

 

 

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Maria Venuso

 

 

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