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Una lunga carriera luminosa e piena di successi. Étoile, maître de ballet, direttore di compagnie, dal 2006 Frédéric Olivieri dirige con grande professionalità la Scuola di Ballo dell’Accademia Teatro alla Scala. Una delle realtà più prestigiose del mondo.

Fascino carismatico, tono pacato e suadente, insignito dal Principe Ranieri di Monaco della nomina a ‘Cavaliere dell’Ordine per meriti culturali’, Frédéric Olivieri è un fiume in piena mentre racconta della sua enorme passione: la danza. Tantissimi i coreografi con cui ha lavorato, da Maurice Béjart a John Neumeier e poi Kenneth MacMillan, Uwe Scholtz, Roland Petit, solo per citarne alcuni. All’Opéra di Parigi, quando era in compagnia, aveva come direttore Rudolf Nureyev. Nelle numerose tournées in giro per il mondo ha consolidato una profonda esperienza che ora, con molta determinazione, passa ai suoi allievi, giovanissimi e pieni di talento.

Quali sono le difficoltà nella direzione della Scuola di Ballo della Scala?

Più che difficoltà sono responsabilità, nel portare avanti un discorso professionale con ragazzi che hanno dagli undici ai  diciannove anni.

Non è facile aiutarli a crescere, formarli, insegnare loro non solo la danza ma la vita, l’arte, la cultura. La Scuola di Ballo è prima di tutto una scuola di vita, ci tengo che i ragazzi crescano con una visione aperta sul mondo, così quando cominceranno a lavorare potranno scegliere con consapevolezza.

Ho una grande responsabilità ma anche molte soddisfazioni. Quest’anno abbiamo diplomato tredici uomini e sedici donne, un numero sostanzioso!

Una parte di loro entrerà nel Corpo di Ballo della Scala, un’altra parte andrà in altre compagnie, ed è anche un bene perché il nome della Scala va in giro per il mondo: Parigi, Londra ma anche Australia, Germania, Spagna. La nostra accademia prevede un doppio percorso, sia classico che contemporaneo, che si sviluppa dal quarto corso in poi, una volta finito il periodo di impostazione, fondamentale per un corretto sviluppo.

Le basi dello studio sono essenziali, nei primi anni dobbiamo costruire una casa, dal quarto corso parte la scelta di intraprendere lo stile classico o quello contemporaneo. Prima non è possibile, un musicista si siede e suona, se il piano si rompe ne usa un altro. Noi dobbiamo stare attenti al nostro corpo, la crescita deve essere strutturata. La Scuola di Ballo ha più di duecento allievi, abbiamo un percorso parallelo che segue la scuola media e il liceo ma ho sviluppato tutto il lavoro che aveva creato prima di me Anna Maria Prina.

Il Corso di propedeutica somma duecentoquaranta allievi, dai sei ai dieci anni, e rappresenta un vivaio dove approfondire il concetto di spazio, la musicalità, o semplicemente il piacere di ballare. Senza dubbio un contenitore per scoprire nuovi talenti. Tutti gli allievi devono poi fare l’esame per entrare ai corsi professionali. Alle ultime selezioni che si sono svolte, si sono presentati più di quattrocento ragazzi, ne abbiamo presi una quarantina. Tanti  sono italiani ma ogni anno aumenta la richiesta di studenti stranieri: giapponesi, australiani, francesi, inglesi, cinesi.

Superata la fase di apprendimento dell’impostazione, dal quinto corso all’ottavo cerco di educarli al loro futuro, non solo pirouettes e tours en l’air– attraverso le lezioni, il repertorio, il pas de deux, la tecnica di punte o quella maschile-  con uno studio sui diversi stili, anche la compagnia più classica  mette in scena balletti neoclassici o contemporanei. Invitiamo molti maestri e attraverso i workshops che durano circa un mese, gli allievi maturano molto.

Ci sono dei talenti all’interno della Scuola?

Alcuni ragazzi appena diplomati hanno avuto ruoli importanti in compagnia, è sempre una grande soddisfazione. Un riconoscimento per il lavoro svolto. Ce ne sono tanti e sono tutti diversi, non solo per la tecnica, quello che colpisce è che sono già maturi dal punto di vista artistico.

Il ballerino è come una spugna, deve assorbire ogni cosa per dare al pubblico una serie di emozioni. La tecnica limpida è bellissima da vedere ma le emozioni che regala l’arte sono tutta un’altra cosa.

Facciamo un passo indietro, com’è entrata la danza nella sua vita?

La mia passione è nata davanti ad un film in bianco e nero di Fred Astaire, ho cominciato a studiare danza e mi è piaciuta. Ho avuto la fortuna di avere degli ottimi insegnanti che hanno saputo darmi la qualità, dopo un percorso iniziale ho vinto il Prix de Lausanne e sono entrato all’Opéra di Parigi.

C’è qualcuno in particolare che ha inciso nel suo percorso artistico, nelle sue scelte?

Rudolf Nureyev, ha segnato intere generazioni. La sua direzione artistica all’Opéra di Parigi ha rivoluzionato tutto, dalla distribuzione dei ruoli – che ha cambiato dando valore alla meritocrazia – al modo di ballare, diverso. Ha intensificato l’idea del corpo di ballo, che nelle sue versioni coreografiche dei grandi classici balla moltissimo.

Che cos’è l’umiltà?

Non pensare a sé stessi, essere generosi. L’umiltà è una grande qualità, fondamentale per un artista di primo piano. Tutti i grandi personaggi sono umili.

E il talento?

Una cosa che non si può dire in due parole. Se entrando in una sala affollata guardi solo una persona  significa che ha talento, la guardi perché ha una presenza. Non c’entrano la bellezza o le doti ma una luce particolare. Il talento lo assimilo sempre alla luce.

Che cosa guarda in un danzatore?

La personalità. Certo anche le doti sono importanti.

Le è mai capitato di avere paura?

No. Da giovane avevo grandi responsabilità in ruoli importanti, forse ero incosciente,  me ne sono reso conto dopo.

Che cosa le piace e che cosa non sopporta?

Rispetto e onestà per sé stessi e per gli altri, valori che sento molto. Le cose finte e superficiali non mi piacciono.

Il suo ricordo più bello?

Ce ne sono tanti, ma forse uno in particolare è il finale di un balletto che creò per me John Neumeier, sulla musica di Mahler. In tutta la coreografia c’era una ricerca di perfezione, di bellezza, alla fine il protagonista  si ritrovava davanti ad uno specchio, con una luce magica, la musica bellissima… ancora ora rivivo quel momento, così elevato, mistico, molto al di là della tecnica.

Come è cambiato il mondo della danza?

Secondo me l’idea della danza in Italia è molto presente. Sono convinto che ci sia ancora tanto da inventare e sarebbe drammatico se non esistesse più la creazione. Anche se qualcosa si ripete, si ripete sempre in maniera diversa. Il mondo va sempre avanti.

Anni fa le ballerine erano molto più interpretative, oggi la tecnica spinge molto, i coreografi possono usare i corpi dei danzatori in un modo molto più ampio ma la danza non è uno sport. E comunque il talento prevale sempre.

Che cosa la emoziona?

La sensibilità legata alla musica, un artista , un bel libro, un film intenso.

Tre aggettivi che la descrivono?

Generoso, sensibile, sincero.

Dove vuole arrivare Frédéric Olivieri?

Non ho nessun punto di arrivo, ho capito che fino adesso ho seguito gli anelli di una catena : ballerino, maître de ballet, direttore di MaggioDanza e della Scala. Poi direttore di una Scuola di Ballo molto importante. Alla fine è tutto collegato, il fatto di poter dare ai ragazzi- insieme al corpo docente – una linea didattica, artistica, una disciplina utile anche nella vita di tutti i giorni, è una cosa molto bella, unica. A volte restano alla Scala altre volte vanno lontano, in giro per il mondo ma tornano sempre qui da dove sono partiti ed è una bellissima sensazione, la scuola è la loro casa.

Che cos’è la danza per lei?

È vita. Un’arte meravigliosa in cui si può dare sé stessi.

Elisabetta Testa

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