Tamas Moricz in scena
Tamas Moricz mentre fa lezione
Tamas Moricz mentre fa lezione

BERLINO – Nato in Ungheria Tamas Moricz ha cominciato la sua carriera di danzatore presso la Ballet National Academy di Budapest. Dopo nove anni di formazione classica, è entrato a far parte della Kibbutz Contemporary Dance Company. Successivamente ha lavorato con Jan Fabre, Troubleyn per poi affermarsi definitivamente nel Ballett Frankfurt su invito di William Forsythe dove ha lavorato per otto anni.

Tamas Moricz ha insegnato in molte delle migliori accademie di oggi: la Palucca Hochschule di Dresda, il Boston Conservatory of Music e Performing Arts, l’Accademia Reale di Anversa, P.A.R.T.S. di Bruxelles, Codarts Rotterdam, il DANCE Apprentice Program, la Biennale di Venezia, Tokyo ArchiTanz, l’Università coreana nazionale delle Arti, Università di Istanbul, Mimar Sinan, Yildiz, Frankfurter Hochschule, ed altre ancora. Ha lavorato, altresì in Compagnie come il Cullberg Ballett, Angelin Preljocaj Co e la Skanes Dansteater.

Quando sei venuto in contatto con la danza per la prima volta?

Probabilmente la prima volta che sono entrato in contatto con la danza è stata vedendo un film o un programma televisivo. Soltanto quando poi ho frequentato l’Accademia vi sono realmente entrato in contatto. Prima di studiare danza, tra i sette e gli otto anni, ho praticato ginnastica e springboard diving nella città in cui vivevo.

 Dove vivevi?

Sono originario di una piccola città chiamata Esztergom, che fu l’antica capitale dell’Ungheria. Quando avevo 7 anni mia mamma mi iscrisse a un corso di ginnastica, ma ero troppo debole e troppo piccolo per farla correttamente. Di solito, quindi, durante le lezioni mi appartavo in un lato della sala a fare streatching con le ragazze. Dopo la morte improvvisa del nostro allenatore, però, non ebbi più la possibilità di praticare alcuno sport a Esztergom, per cui iniziai a scaricare tutte le mie energie in casa. Facevo impazzire mia madre perché non potevo stare in silenzio né star fermo con le gambe mentre si guardava la TV. Così, avevo circa dieci anni, quando mia madre vide una pubblicità sul National Ballet di Budapest e pensò potesse essere una buona opportunità per incanalare le mie energie.

A essere onesti, più che la danza l’attrattiva maggiore per me era costituita dal fatto che la scuola si trovasse a Budapest. Del resto, non avevo ancora visto una performance di danza dal vivo, per cui non avevo mai pensato a quella del danzatore come a una professione. L’immagine di un ballerino per me era una ragazza, sospesa a mezz’aria, saltando in spaccata. Per cui, nel momento in cui imparai a fare la spaccata, mi apparì chiaro, potevo andare a studiare danza! Ricordo che l’unica cosa che feci fu chiedere a mia madre se anche gli uomini potessero danzare. Lei mi rispose sì: “anche gli uomini possono danzare”.

Siamo andati al provino e, probabilmente perché ero flessibile e avevo un buon orecchio musicale (avevo anche studiato musica nella mia scuola), mi presero subito. Tuttavia, quando mi guardai in giro, mi resi conto di avere un gran problema, c’erano tantissimi ragazzi che volevano entrare nella scuola, per cui occorse tutta la mia concentrazione per raggiungere quell’obbiettivo. Quell’anno ci furono circa un migliaio di bambini all’audizione il primo giorno, e la scuola ne ammetteva solo 36.

È così che la danza è entrata nella mia vita.

 Cos’è che ti ha spinto a perseguire questa passione e a renderla una parte importante della tua vita?

Come ho già detto, non avevo mai pensato: “Oh, voglio essere un ballerino “, per me era un modo per andare lontano di casa. La danza sembrava essere qualcosa per la quale avevo una facilità di apprendimento. Che dire… amavo la fisicità, il movimento, ero abbastanza coordinato e imparavo piuttosto velocemente, e sebbene non fossi di certo il migliore della mia classe, era chiaro che fosse una cosa che potevo fare bene. Agli inizi, più che una grande passione per la danza, la mia motivazione principale era legata alle selezioni periodiche che si tenevano a scuola. Quando cominciammo eravamo 36 bambini, ma ogni sei mesi c’erano ulteriori esami di selezione. Se non fossi stato abbastanza bravo mi avrebbero rimandato a casa. Al termine dell’intero corso di nove anni, nella mia classe inizialmente di 36, ne eravamo rimasti soltanto in 4. Oggi, pertanto, posso dire che questa competitività è stata molto importante per me, mi ha spinto a impegnarmi per non essere buttato fuori dalla scuola. Quello è stato il mio sprone principale.

Più tardi, invece, la motivazione diventò quella di dimostrare a me stesso di poter fare meglio di quelli che venivano preferiti a me. A scuola, infatti, mi fu subito chiaro che non sarei mai stato scelto per il “Lago dei cigni”, per cui subito cominciai a cercare altre cose oltre alla danza classica. Amavo la musica pop e quel tipo di creatività, così iniziai a coltivare maggiormente quello in cui mi identificavo. Ciò non significa che non abbia capito e apprezzato la bellezza del balletto classico. Il mio amore per la danza è cresciuto lentamente. Agli inizi, la mia passione principale era la bellezza visiva, la poesia in alcuni spettacoli, poi è diventata esibirmi, per poi arrivare a essere indipendente con la mia individualità artistica. Sono stato sin da subito disposto a imparare qualsiasi cosa, che fosse danza moderna, jazz o qualsiasi altro stile che potesse appartenermi. Nelle mie vacanze estive ho persino partecipato a dei Musical per guadagnare qualche soldo extra.

Quali sono le esperienze più belle e le soddisfazioni più grandi che la danza ti ha regalato?

La più bella esperienza, credo sia stata quella di aver lavorato a un altissimo livello artistico con Forsythe. Sono stato invitato da lui in un ambiente dove la libertà creativa veniva incredibilmente sollecitata. Non avevo mai sperimentato niente di simile prima. Lavorare con Bill mi ha fatto aprire gli occhi. C’era una libertà incredibile, potevamo scherzare, dar sfogo alla pazzia e articolare qualità di movimento che non erano ancora state mai esplorate nel campo della danza. Questo ci ha permesso di essere autosufficienti e creativi. È incredibile come siano nate tantissime idee davvero originali da persone che giocavano e scherzavano in sala, ed è stato incredibile per me essere parte di questo tipo di libertà, perché il risultato del nostro cazzeggio è stato quello di creare un’arte molto alta. È stata un’opportunità eccezionale nella mia vita.

Naturalmente potrei anche elencare i nomi delle persone eccezionali che ho incontrato e dei luoghi in cui ci siamo esibiti… Ricordo di essermi seduto a Milano a la Scala nel vecchio camerino di Maria Callas pronto ad andare in scena e pensare: “Se mia madre e i miei amici potessero vedermi ora”…

La più grande soddisfazione credo, sia quella di aver acquistato una più chiara comprensione di me stesso attraverso la danza, di aver imparato a definire il mio talento e di aver avuto modo di esprimere la maggior parte di esso.

A proposito di Forsythe, cosa ne pensi di Godani come suo successore?

Jacopo non mi sorprende affatto come scelta, lui ha fatto parte della compagnia per molti anni. Se Bill è pronto ad andare in pensione e la compagnia deve continuare a lavorare, suppongo che sia lui la persona di cui Bill si fida di più a cui affidarne le redini. Mi dispiace sapere che Bill vada in pensione. È veramente una fonte di ispirazione nel lavoro. L’ho guardato un paio di settimane fa, durante le prove, e si carica ancora la sala di tanta energia. Lui ha davvero un occhio magistrale. Spero che rimarrà ancora in giro e che resti in stretto contatto con i ballerini.

 Quando ho preso parte al tuo workshop, sono rimasto impressionato dal grande lavoro sulla consapevolezza del movimento. Perché questa ricerca è così importante per te?

L’aspetto principale di qualsiasi formazione di danza (qualunque sia lo stile) è quello di consentire al danzatore di usare il proprio corpo per dar vita alla forma, al flusso, alla grazia alla rappresentazione artistica, ogni qual volta gli venga richiesto. Il metodo di studio che promuovo è un modo di prendere coscienza di sé e di fare uso del proprio corpo seguendo il naturale senso del movimento (e coordinamento) e di creare un chiaro flusso di concentrazione mentre si danza. Vedendo la danza, in questo modo è quindi possibile mantenere la forma, consentendo però alla libertà di movimento di prendere il suo posto.

È importante mantenere il rigore e la chiarezza in ogni stile di danza (vale a dire, classica, moderna, contemporanea o standard) ma deve essere accompagnato alla libertà di creare. Per questo cerco di aiutare i miei studenti a raggiungere un consapevole stato di caduta in movimento, lasciando che si producano degli “incidenti felici”, ciò pur mantenendo l’eleganza della forma. Questo porta ad articolare un’autentica sensibilità di movimento, spinge alla creatività e a esplorare l’ignoto. La consapevolezza è all’inizio di ogni vero processo artistico.

 Quale direzione sta prendendo la danza?

Ci sono molte differenti direzioni che la danza sta prendendo. Vedo un ottimo modo nuovo di reinterpretare il balletto, per esempio nelle opere di Stijn Celis. Trovo le opere di Sidi Larbi molto buone. C’è un enorme successo di pubblico con i balletti hip hop. Sono tutte cose interessanti… qui si trova la danza contemporanea… e spuntano un sacco di nuovi semi. Mi piace l’uso del movimento nelle opere teatrali di Jan Fabre, Robert Wilson e Peter Sellars. Devo riconoscere, però, che negli ultimi anni non ci sono state altre forti personalità della danza, visionarie come Forsythe o Pina Baush  capaci di ispirare un’intera generazione. Attualmente ci sono tanti bravi coreografi con opere importanti, ma nessuno con quel tipo di visione forte e indipendente della danza. Alla fine, qualcuno emergerà sugli altri, ne sono sicuro.

In quale direzione sta andando Tamas?

Per fortuna ho diverse opportunità di insegnamento e diversi lavori in qualità di coreografo in questo momento. In entrambi cerco di perseguire la vera e autentica eccellenza. Ho capito come portarla avanti mentre lavoravo con Forsythe, grazie al quale ho anche definito la mia danza. La mia formazione classica mi ha dato forza e sostegno e il mondo di Forsythe mi ha dato la libertà e l’ispirazione. Quindi, io mi faccio portatore di questo binomio spingendo la gente, ballerini, attori e chiunque sia interessato, a impararlo su di sé. Questo è l’approccio che ho io stesso al processo coreografico e creativo. In primo luogo voglio aiutare le persone a capire ciò che naturalmente e in modo innato sono brave a fare, per poi aiutarle a migliorare e a lavorare sul processo coreografico e su ciò che si vuole comunicare in veste di artisti.

Questa è sicuramente la direzione del mio lavoro: creare più coreografie, aiutare i danzatori a diventare degli eccellenti danzatori e, forse, alla fine, fondare un mio gruppo.

Nicola Campanelli

 

Iscriviti alla Newsletter

Danzatore per la Compagnia di danza contemporanea “Connecting Fingers”, di base a Berlino, dove collabora con coreografi e direttori artistici di fama internazionale. E’ inoltre istruttore di Pilates.