Svetlana Zacharova con Elisabetta Testa
Zarina della danza. Puntuale, elegante, affabile, arriva sui tacchi altissimi con la serenità di chi, consapevole di essere la numero uno sulla scena, nella vita si considera una persona normale.

Ha poco tempo tra un trionfo e l’altro in giro per il mondo e lo dedica tutto a sua figlia, Sofia. Svetlana Zacharova, diamante raro che da anni illumina il mondo della danza, è una bellissima donna, che durante l’intervista non risparmia risate improvvise e pillole di saggezza, frutto di una lunga esperienza ma anche di un successo stratificato in anni e anni di lavoro arduo.

 Com’è entrata la danza nella sua vita?

 E’ stata un’idea di mia madre quella di farmi studiare danza classica, diventare una ballerina non era nei mie sogni.

 Quali sono state le difficoltà?

 Quando ho cominciato a studiare avevo dieci anni e tutto è stato difficile. Ho dovuto abituare il mio corpo a fare dei movimenti così diversi, insoliti per una persona normale e poi non avevo stile, i bambini hanno un corpo ancora molto debole, non definito nella muscolatura, nelle linee, nella tecnica. Ho lavorato tanto e la sensazione di stanchezza perenne, in tanti anni è diventata una sensazione naturale.

E’ considerata tra le migliori ballerine del mondo ma lei si sente tale?

 Certamente!…ma no scherzo….però la sensazione che devo provare in scena è esattamente questa, quando entro in palcoscenico è ciò che tutti  si aspettano da me. Ogni volta devo dare il meglio ma lontano dai riflettori, in sala, con il maestro, con il mio partner, lavoro con grande impegno, rigore e disciplina. Inutile fare la diva…

 Che cosa la emoziona?

Le cose più semplici: guardare il cielo, le stelle, le nuvole.

 Che cosa rende unica una ballerina?

Non è importante il talento o le capacità fisiche ma il carisma, la presenza scenica che ciascun artista porta in scena, e non mi riferisco solo alle ballerine di oggi ma anche a quelle del passato. Ci sono ballerine che pur non avendo doti straordinarie sono molto amate dal pubblico.

 Chi è il suo punto di riferimento, il suo mito?

 Tra le grandi artiste russe Galina Ulanova, e poi Carla Fracci, una ballerina molto bella, intensa, in palcoscenico non si riusciva a staccarle gli occhi di dosso.

 Lei ha fatto un percorso artistico sfolgorante, che cosa le ha insegnato la danza?

 Sono stata molto fortunata ad avere i miei insegnanti, non mi ricordo se mi è stato detto o se l’ho capito da sola ma è fondamentale ascoltare gli insegnamenti dei maestri fin dall’ inizio, e poi non stancarsi mai di ripetere gli esercizi. Sto ancora costruendo sulle basi solide che ho ricevuto da piccola, continuo giorno per giorno a svilupparle. I bambini devono capire che non bisogna rimandare niente al domani ma impegnarsi dal primo momento, con passione, grinta, determinazione. L’esperienza di vita mi ha cambiato, tutti i ruoli che interpreto sono maturati nel tempo.

Qual è una dote che non può mancare ad una ballerina secondo lei?

 Certamente le doti fisiche, una bella figura, orecchio musicale, e poi naturalmente essere in grado di sopportare la fatica e avere una forte volontà. Bisogna amare questa professione perché se manca l’abnegazione, la costanza, la testardaggine non si avranno mai risultati soddisfacenti.

 Che cos’è l’umiltà per lei?

 La convinzione che la perfezione non esiste, nel momento in cui un artista pensa di essere arrivato al massimo è il momento preciso in cui comincia a tornare indietro, questa si può chiamare umiltà o modestia. Sono rimasta molto sorpresa dall’umiltà che ho riscontrato in Mikhail Baryshnikov e in Roberto Bolle, due grandi artisti eppure persone semplici che non si danno arie. Dipende anche dal tipo di educazione che si riceve, da ciò che ti hanno insegnato i tuoi genitori.

 Ha danzato in tantissimi ruoli quale vorrebbe interpretare tra quelli non ancora portati in scena?

 Aspetto con impazienza di poter ballare il ruolo di Tatiana nel balletto “Onegin” che verrà presentato al Teatro Bolscioi, un ruolo molto intenso emotivamente.

 Repertorio classico, neoclassico, contemporaneo, che cosa preferisce?

 Continuo a lavorare sul repertorio principalmente classico ma sono sempre alla ricerca di nuovi coreografi contemporanei. Ho lavorato con tanti di loro ma non ho ancora trovato quello ideale. Ho diversi progetti per il futuro e per scaramanzia preferisco non dire niente…I balletti classici rappresentano  sempre una grande responsabilità, dipende poi dall’interprete riuscire a catturare l’attenzione e la curiosità del pubblico, incantandolo.

 Suo marito è un musicista, quanto ha inciso nel suo rapporto con la musica?

 Prima mentre danzavo era importante che il direttore d’orchestra eseguisse il tempo giusto per me, adesso ho cominciato a fare più attenzione all’esecuzione musicale dell’orchestra. Ne “Il lago dei cigni”, per esempio, c’è il famoso assolo del violino, ho notato che il mio umore mentre ballo dipende da quello del musicista che suona. Spesso dopo uno spettacolo commento non come ho ballato ma come ha suonato bene il solista, emozionandomi più o meno. Anche nell’atto delle ombre di “Bayadère” c’è un assolo di violino ed è importante che la tecnica sia di alta qualità, prima pensavo che ogni imperfezione fosse colpa del direttore… C’è un momento in cui devo fare le pirouettes, il movimento dovrebbe coincidere esattamente con la musica , supportandolo. Mi è capitato a volte di cadere senza capire il perché, semplicemente non c’era sintonia tra danza e musica…

 Cosa manca alla danza in Italia, secondo lei?

 E’ una domanda a cui è difficile rispondere, prima notavo alcune stranezze poi o mi sono abituata o non mi danno più fastidio, una di queste è il ruolo dei sindacati all’interno dei teatri. Oggi non lo vedo più come un problema perché mi rendo conto che è necessario e giusto difendere gli artisti. In Russia la situazione è un po’ diversa.

Che cosa ama e cosa odia nel mondo della danza?

 Non dirò ciò che non sopporto proprio perché non vale la pena di occuparsi di cose che non meritano attenzione. Penso a ciò che mi piace: il palcoscenico, emozionare il pubblico.

Oltre la danza?

 C’è solo mia figlia…purtroppo sono sempre in giro e quando torno a casa le dedico tutto il mio tempo.

 Che cosa sogna per il suo futuro?

 Il padre ha già detto che Sofia senz’altro non sarà una musicista, se desidererà ballare io sarò molto contenta.

Cosa le manca?

 Non mi lamento di nulla, ho tutto quello che potevo desiderare.

Cosa vuole che arrivi di lei al pubblico?

 Non so di preciso, vorrei che il pubblico venisse a teatro per divertirsi, per sognare, dimenticando tutti i problemi quotidiani, per condividere con me un’emozione.

Che cos’è la danza per lei?

 Dire la mia vita o il mio lavoro sarebbe banale, è una cosa che è dentro di me. È la mia immagine naturale, il mio modo di essere. In tanti mi chiedono come faccio tutti i giorni a studiare, provare, ballare…per me è normale farlo. E’ la mia grande passione ma ogni tanto mi riposo anche…

Elisabetta Testa

 

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