Ho avuto modo di incontrare Susanne Linke  in occasione dell’ultimo modulo del C.C.C. Corso di Composizione Coreografica organizzato da Associazione Campania Danza, Claudio Malangone, Serena Bergamasco e Antonella Iannone, presso l’Auditorium Centro Sociale di Salerno. L’incontro formale tra una giornalista in erba e un pezzo di storia della danza è avvenuto durante la pausa pranzo dell’ultimo dei quattro giorni. Credo, ad ogni modo, che lei abbia iniziato a rispondere alle mie domande fin da subito, durante la prima lezione. Posso affermare che incontrarla risponde a chi siamo e a chi vogliamo essere, non solo come danzatori. Di tutte le rivelazioni la più importante è stata intuire con il proprio corpo e la propria mente che la danza nasce da una esigenza interiore.

Mi auguro che chiunque abbia incontrato e studiato, anche per pochi giorni con la Linke, potrà rendersi conto, leggendo questa intervista, di quanto lei sia organica, concreta e trasversale nel suo lavoro, di quanto sia lontana da qualsiasi forma di demagogia della danza.

Secondo la sua opinione, quali sono le caratteristiche più interessanti in un danzatore? Cosa le interessa osservare durante una performance? Cosa ritiene importante?

È La personalità. La personalità del danzatore ci mostra che egli sta comprendendo il movimento che compie. Non si tratta solo di muoversi ma soprattutto di avere un sotto-testo, di capire cosa si sta facendo nel movimento. Questo è importante per me. Mi interessa vedere un volto che non sia vuoto, forse bellissimo, ma comunque vuoto, mi interessa capire cosa dice il movimento e sopra ogni altra cosa per me è importante l’energia . Bisogna certamente che un danzatore abbia una buona tecnica, ma la cosa più interessante da osservare, da percepire, è la sua personalità.

Come si trasforma un danzatore, un coreografo, attraverso la propria esperienza? In che modo è possibile riconoscersi?

Riconoscersi  è soprattutto una questione di intelligenza. Guardare a se stessi, a come si inizia, a come si cresce attraverso più informazioni, a quel punto si ha la possibilità di esprimersi in maniere differenti tra loro. Se si si continua a studiare con un buon insegnante, il corpo ottiene molte nuove informazioni e si può giocare con queste. Prima, forse trenta o quarant’anni fa, esistevano soltanto il balletto classico, la modern dance, quest’ultima comprendeva la tecnica Graham e tecnica Limón, e la danza in Germania; adesso esistono la Contact Improvisation, Gaga, e molte altre nuove tecniche che si stanno sviluppando, e tutte queste ritrovano informazioni utili al corpo. Per me la base è ancora la danza classica, che è una tecnica sviluppata lentamente durante i secoli, come lo yoga, qi-gong, tai-chi, le quali sono tecniche molto antiche, che donano una speciale ispirazione e immaginazione, quindi più immaginazione di quella che si possiede già, anche la danza Butoh è un esempio di come si lavora molto con l’immaginazione, ma allo stesso tempo anche con la tecnica. La tecnica è combinata con l’immaginazione, questo è bene, non esercitare solo la tecnica. Per esempio la ginnastica è più vicina allo sport, non c’è immaginazione, lo sport è più semplice, bisogna ricerca un risultato, ma la danza funziona solo con molta immaginazione. Attraverso una speciale immaginazione possono venire fuori nuove tecniche. Dipende inoltre dalle epoche, come ad esempio il Valzer viennese, considerato molto erotico quando sbucò fuori,  il Can-Can, che rendeva possibile vedere le gambe delle donne, lo Swing, il Twist, il Rock’n’Roll; tutte queste danze dipendono dall’epoca in cui si sono sviluppate, da come le persone, i giovani soprattutto, si sentivano in quel preciso momento storico, è un tipo di espressione attraverso il movimento. Tutto ciò accade anche nella danza professionale. Penso dunque che più tecniche si apprendono, più ci si può esprimere.

 Se lei dovesse spiegare cosa è la tecnica, quale sarebbe la sua definizione?

Imparare i fondamenti del movimento, i fondamenti per essere organici. Esistono vari tipi di tecniche; in Europa è estremamente presente la tecnica del balletto classico, che si è sviluppata per secoli.

Ritengo che acquisire una tecnica dipenda dall’insegnante; l’insegnante non solo trasmette la tecnica, ma comprende che tipo di movimento si sta compiendo, se il movimento è organico, comprende la forma e l’energia. La forma è importante, permette che il movimento sia chiaro e leggibile, ma l’energia è più importante, il movimento deve avere sempre una buona energia.

 Che tipo di consiglio darebbe alla nuova generazione di coreografi e danzatori?

Essere onesti è la prima cosa. Essere onesti rispetto a ciò che si sente, a cosa si vuole dire. Aggiungo: non imitate. Riguardo alla componente fisica è necessario fare molto esercizio, lavorare sull’essere un danzatore. Per essere un coreografo è necessario mostrare i movimenti e come questi sono combinati, con le combinazioni e i movimenti si ha bisogno di essere chiaro rispetto a ciò che si vuole dire, a cosa si vuole vedere in chi esegue e bisogna esigere la precisione. La precisione è molto importante per me. La precisione arriva solo nel momento in cui si ha una idea chiara; chiarezza rispetto a ciò che si vuole dire, da qui viene la precisione, quest’ultima non arriva mai da sola. Possiamo danzare meravigliosamente durante una festa, ma in questo caso non esiste alcuna precisione; la precisione arriva solo attraverso l’idea, attraverso cosa si vuole dire col movimento.

Alla luce della sua personale esperienza e carriera, qual è la direzione in cui la danza sta andando?

Vedo due schieramenti: in uno non ci sono movimenti, solo acquisizione di una marea di informazioni ma, come ho detto, nessun movimento. Prima di ottenere informazioni credo che sia un dovere lavorare, attraverso la quotidianità, a fare fisicamente con il nostro corpo. Oggi invece accade che si posseggono molte cose nel cervello, ma non  si comprende che ci stiamo muovendo. Per molti giovani ottenere informazioni è abbastanza e il  loro corpo sembra acciaio. In opposizione c’è un’altra tipologia di persone, persone molto fisiche, che lavorano col corpo. Credo che questa situazione dipenda dal carattere personale. Alcuni sono cervellotici, e non diventano danzatori, altri sentono il bisogno di muoversi, sono più energici, questi ultimi potrebbero essere dei danzatori ma forse non pensano molto; combinare entrambe le cose questo è importante, non limitarsi a essere soltanto danzatori. Quando si è giovani spesso non si riflette molto, quando si matura si realizza che non è importante soltanto muoversi, si realizza che c’è molto di più: esiste molta storia della danza, sono stati scritti molti libri. Penso sia come la creazione di una molecola, dapprima esiste un singolo atomo, poi via via si crea una struttura sempre più complessa. Così all’inizio tutto è semplice; esiste un’unità poi arriva una seconda unità e poi altre ancora e così si diventa più grandi, con molte altre manipolazioni, si complica sempre di più  e diventa sempre più complicato fare ordine; questa crescita è complicata da comprendere soltanto attraverso la mente. Tempo addietro si avevano questo tipo di conoscenze ma non si rifletteva a riguardo. La riflessione è importante. Chiedersi sempre cosa si sta facendo anche quando si danza. Quando si pratica la danza classica si ha un certo modo di presentarsi col corpo, quando si pratica la danza moderna esiste una connessione con la terra, si è più pesanti, allo stesso tempo il corpo cerca anche di elevarsi, a questo punto si ottiene una maggiore  possibilità di espressione. È l’intelligenza stessa che ti permette di realizzare. Molti non realizzano, quando sono giovani si cimentano a fare, ma un giorno devono rendersi conto di cosa fanno, di cosa vogliono, devono chiederselo prima che sia troppo tardi.

In Germania ci sono molti scienziati della danza, che conoscono molte cose, ma pensano che ciò che fanno con il loro corpo sia già abbastanza. Questo non è vero. Il corpo è più intelligente della nostra mente. I miei esercizi, non li ho ma pensati prima, arrivano facendo, è il mio corpo che mi suggerisce cosa fare e poi la mia mente riflette, analizza; questo è organico. Il corpo può muoversi solamente in maniera organica. Stare in quinta posizione, ad esempio, non è organico, nessuno nasce con il turn out, forse soltanto in Russia o nei Balletti D’opera, ma in questi ultimi molti vengono operati alle ginocchia dopo i trentacinque, quarant’anni, questo è sorprendente. Tutto questo è il frutto di una tecnica errata che va in un’unica direzione, ma perché lo si fa, perché si fanno questi esercizi? Questo è quello che vorrei chiedere.

Mary Wigman era una donna molto spirituale, con poca tecnica, niente balletto classico, faceva qualcosa di completamente differente ma organico. Lei ha sempre chiesto a cosa serve questo movimento, cosa vuoi dire, come vuoi dirlo; questo è ciò che è importante trasmettere alla prossima generazione, non è semplicemente muoversi, ma essere ciò che si sta facendo attraverso il movimento, capire che si è questo movimento non lo si sta esclusivamente compiendo. Molti sono capaci di fare un arabesque, ma pochi sono un arabesque. Questo è l’esempio migliore. Si deve immaginare di essere un arabesque. Prima di iniziare a muovermi cerco di immaginare qualsiasi cosa io stia per fare, così provo a essere e non a fare. Cambiare te stesso in qualcos’altro, non facendo ma cambiando te stesso dall’interno, per me ciò accade quando si fa l’inner suspension, si diventa vuoti all’interno e allora ci si può trasformare in qualsiasi cosa si voglia dire.

Si ringraziano Rossella Canciello, assistente di S. Linke, per il supporto durante il workshop e l’intervista, Claudio Malangone, direttore di Borderline Danza, Serena Bergamasco, direttrice di Teatri Sospesi, Antonella Iannone, direttrice di Scuola Danza Iannone, e Associazione Campania Danza per aver organizzato il C.C.C..

Giada Ruoppo

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24-02-2015

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