NAPOLI – Simona Bucci al Teatro Bellini di Napoli il 3 e 4 febbraio 2018 ha messo in scena con la sua Compagnia una serata di danza con una cifra sicura, senza sbavature, che porta avanti una prospettiva personale, in cui l’identità della propria ricerca emerge con chiarezza e passione. Uno spettacolo in cui la professionalità affiora da ogni elemento della scena, non solo nella partitura coreografica, come nelle luci, nel sound, nei costumi. Quello che dovrebbe essere nella norma, appare oggi invece un quid in più rispetto ai molti, ai troppi, che mettono in scena serate di danza poco curate ed in alcuni casi un po’ banali.
Lo spettacolo, composto da tre coreografie firmate da Françoise Parlanti, Sara Oselli e la stessa Bucci, scorre davanti ai nostri occhi con una unità sotterranea, che nella diversità dei focus coreografici tiene insieme una unica ricerca.
Con – fine di e con Françoise Parlanti e le bellissime  musiche originali di  Sadi Oortmood, è uno studio sullo spazio, sulle linee, forse sui confini tra il dentro ed il fuori, avvolto da un lavoro musicale sui rumori di fondo ambientali.
STILL di e con Sara Orselli, ci parla della forme dello spazio, della forma del vuoto, della forma del suono. Due lavori che sebbene partano da astrazioni concettuali, si traducono in brevi assolo scorrevoli ed intensi, essenziali, sostenuti dalla bravura e dall’eleganza intrinseca delle due autrici/danzatrici. 

L’ultima coreografia FRAMMENTI DI LADY M. che è un estratto da Enter Lady Macbeth  è della stessa Simona Bucci con musiche originali di Paki Zennaro, e danzata da Françoise Parlanti e Sara Orselli, in cui la Bucci indaga della condizione e della natura umana,in rapporto al problema del potere e del suo esercizio. In questa occasione non è stato possibile assistere all’intera coreografia ma solo ad un breve frammento che al posto dell‘ensamble completo, ha previsto la presenza di sole due danzatrici. Peccato. Perchè quello che abbiamo visto ci è sembrato avere una cifra di valore di cui avremmo voluto sapere di più. Una ricerca nitida, in tempi un po’ confusi, in cui i corpi delle due bravissime danzatrici si muovono nella penombra e ne sentiamo il respiro, i muscoli che si tendono, le accelerazioni, le pause, i vuoti. Senza fretta. Senza l’overdose di passi, movimenti, dinamiche, senza l’ansia da prestazione che sembra oggi pervadere il mondo della danza, in cui il troppo soffoca il vuoto, a volte il nulla. E quando finisce ci sembra troppo presto.

La danza di Simona Bucci , così come ci spiega la stessa coreografa all’inizio di ogni piece, si basa sulla successione degli istanti in cui il segno danzato si sviluppa come una scultura che nella sua tridimensionalità occupa uno spazio che è definitivo dalla forma e dalla massa del danzatore stesso. Assistere allo spettacolo della Bucci ci rimanda al senso della ricerca, della scrittura coreografica, sul rimanere sempre fedele a sè stessi.

Un pubblico attento, concentrato , silenziosamente partecipe, quando in molte occasioni il pubblico della danza sembra somigliare sempre di più a quello dei talent e dei saggi di danza, ha applaudito con convinzione , nella certezza di aver assistito ad un momento d’arte.

Gabriella Stazio

Credit Photo: Gabriele Termine

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