NAPOLI – Nel 2019 ha ricevuto il Leone d’oro alla carriera per la danza, è artista associato del CENTQUATRE-PARIS e della Triennale Milano Teatro 2022-2024, i suoi spettacoli sono prodotti da Marche Teatro in collaborazione con diversi coproduttori nazionali e internazionali, a seconda dei progetti. Stiamo parlando di Alessandro Sciarroni, considerato uno degli interpreti internazionali più importanti nel campo delle performing arts. Gabriella Stazio, in occasione della Giornata Mondiale della Danza, organizzata per la prima volta in Italia da lei venti anni fa lo ha invitato a Movimento Danza, dove sabato 15 e domenica 16 aprile ha tenuto due giorni di laboratorio intitolato “Pratiche performative”.

Raffaella Tramontano, Gabriella Stazio, Alessandro Sciarroni e Adriano Bolognino al termine di un incontro alla Giornata Mondiale della Danza

C’era grande attesa per questa possibilità di incontro con lei. Come ha strutturato questi laboratori?

“Sono partito dagli ultimi miei due progetti: Turning e Dream per spiegare come si trasforma una pratica fisica in drammaturgia. In Turning abbiamo studiato la possibilità di ruotare intorno al proprio asse e allo stesso tempo di sviluppare un viaggio psicofisico emozionale. Turning in inglese significa anche evolvere, cambiare e lavoreremo su questo.

Dream invece è un lavoro nel quale lo spettatore può vivere la performance come se si trovasse in un museo: può decidere di avvicinarsi al performer per osservarlo da vicino e andare via quando preferisce. D’altra parte, è una produzione lunga cinque ore. Qui abbiamo lavorato sulle emozioni, sull’immaginazione, sul sogno”.

La sua impostazione concettuale si è sempre detto che si rifà a Duchamp.

“Duchamp è riconosciuto come il primo artista ad aver inserito in un museo un manufatto non creato da lui, un oggetto trovato, un ready-made.  In un certo senso posso aver fatto operazioni simili, come ad esempio quando ho lavorato su alcune danze popolari. Non ho inventato io quei movimenti, ho solo raccontato il mio punto di vista. Ma rispetto a Duchamp a me interessa raccontare anche altro: la fragilità dell’atto performativo, la psicologia dei performer, la possibilità che vi sia empatia tra spettatore e interpreti.

Come nasce la sua scrittura coreografica?

“Da una intuizione. Misteriosa, improvvisa. Un fulmine a ciel sereno. Se l’idea di un’azione si perpetua per giorni, per mesi, diventa quasi una ossessione, allora capisco che è un’intuizione che devo seguire. Il punto di inizio è quello”.

Che effetto fa vincere il Leone d’oro?

“Mi ha lusingato e sorpreso. E mi ha messo alla prova. Quando accetti un premio di questo genere crescono le aspettative nei tuoi confronti e ti ritrovi al centro di dibattiti nei quali avresti preferito non essere. Ma è una cosa positiva perché in questa maniera si diventa più impermeabili, più forti in un certo senso. Impari ad affrontare le cose meno piacevoli con uno spirito nuovo”.

 Lei è artista associato del CENTQUATRE-PARIS e della Triennale Milano Teatro 2022-2024. E collabora stabilmente con Marche Teatro. Quanto è importante essere un artista associato?

“Importantissimo perché ti dà continuità. Innanzitutto continuità artistica, ma anche la sicurezza di avere una struttura con cui poter condividere un percorso creativo e le esigenze che questo comporta. In Italia sono pochi, all’estero è molto più diffusa la pratica dell’artista associato”.

Il pubblico delle performing arts è diverso in Italia e all’estero?

“Il pubblico non è diverso. È diversa la programmazione: le performing arts e la ricerca,in Italia trovano spazio soprattutto nei Festival e nelle rassegne dedicate al contemporaneo. All’estero invece i miei lavori spesso vengono presentati anche nelle Stagioni teatrali ufficiali, vengono proposti in abbonamento. È una differenza sostanziale”.

Qualcuno ha scritto di lei che è un studioso della solitudine che ama però uno scambio di emozioni tra performer e spettatori. È vero.

“Amo la solitudine, forse perché sono figlio unico. Ma amo anche moltissimo ritrovarmi in situazioni molto affollate. Per questo da un anno e mezzo ho scelto di vivere a Roma, circondato dalle vibrazioni di una metropoli. Ma mi piace molto anche passare del tempo da solo, annoiarmi. È importante attraversare la noia per poter sentire di nuovo il desiderio di rimettersi in moto”.

www.movimentodanza.org

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