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Schemi di corte e schemi romantici

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(quinta parte)

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I maestri di danza e i coreografi del Seicento e del Settecento fecero costante riferimento allo studio dell’arte classica mutuando da essa schemi funzionali sia al significato simbolico delle rappresentazioni che alla tecnica vera e propria. Uno schema o postura funzionale alla tecnica era ad esempio l’en dehors, posizione degli arti con le punte dei piedi rivolte verso l’esterno finalizzata alla stabilità ( come avveniva anche nella scherma), all’ estetica (visione più gradevole degli arti inferiori) e alla funzionalità ( i piedi potevano incrociarsi più facilmente). Lo schema dell’en dehors è visibile, tra i numerosi esempi, in due famosi modelli statuari dell’arte antica: l’Apollo del Belvedere e la Venere Medicea di Cleomene di Apollodoro conservata agli Uffizi a Firenze. La linea sinuosa e morbida dell’arte classica diventano tratti distintivi del gusto rococò e della danza che più seppe esaltarne i tratti distintivi, simbolo dell’estetica dominante del momento: il Minuetto. Originariamente danza popolare francese della regione del Poitou, il Minuetto, forma musicale e coreutica, fu introdotto alla corte di Luigi XIV da Jean-Baptiste Lully e in breve tempo inserito nei più svariati generi musicali, dal balletto, all’opera lirica, alla suite e nel corso del XVII secolo divenendo anche danza di società e danza teatrale. Il Minuetto è costruito interamente su figure schematizzate simboleggianti i due momenti più importanti dell’amore: il corteggiamento e l’incontro; schemi di danza ( posture e movimenti) e di movimento di essa nello spazio (disegno coreografico). In esso la linea ondulata ma anche la linea diagonale (schema dinamico) si ritrovano nella postura dei due ballerini, in particolare quando  uno fronte l’altro si danno la mano destra (o sinistra) arretrando la spalla opposta disponendo così i due corpi sulla stessa diagonale. In The Art of Dancing Explained by Reading Figures di Kellom Tomlinson (Londra 1735), sono pubblicati schemi coreografici (come se dall’ alto guardassimo il disegno della danza nello spazio) del Minuetto. Uno di questi disegni rappresenta lo schema del corteggiamento (due danzatori dai due angoli opposti dello spazio si avvicinano  e poi si allontanano, sfuggendosi, raggiungendo ognuno il lato opposto eseguendo uno scambio di posto), schema in cui è ben visibile la forma a S tanto decantata dai classicisti. Nel testo di Pierre Rameau Le Maître à danser del 1725 lo schema a S sarà sostituito dal più moderno schema a Z, trasformazione data dalla necessità di adeguare la danza alle nuove tendenze. Anche la riforma del balletto d’azione attuata da Noverre, Angiolini e in parte da Hilverding nella metà del Settecento produrrà non pochi schemi molti dei quali legati al movimento di restaurazione classicista. I tre artisti sperimenteranno una nuova forma di pantomima: la pantomima nobile” originaria dalla Commedia dell’arte ma anche dalla pantomima del teatro greco e romano. In particolare la riforma di Noverre, spinto dalla convinzione di riqualificare la danza come arte rappresentativa delle vicende umane e dei sentimenti, sarà una vera ricerca per la riappropriazione della verità del gesto, espressione più elevata del corpo che porterà alla creazione di un nuovo linguaggio pantomimico non esule dalle influenze iconografiche riconducibili alla mitologia e alla storia greca antica. Anche nel romanticismo il termine schema inteso come “posizione” o “posa” è stato particolarmente applicato. Non è un azzardo definire i grandi balletti di repertorio romantico delle vere e proprie opere edificate su schemi ben definiti sui quali poggiava la narrazione. “La posa” è stata di grande utilizzo da parte dei coreografi sia nei momenti pantomimici sia di danza vera e propria. Ne La Sylphide, prototipo di balletto romantico, la protagonista è uno spiritello seducente e pericoloso che si muove leggiadramente la cui posa ricorrente è l’indice della mano che sfiora il mento, gesto che riassume l’infantile malizia del personaggio. Se il messaggio romantico de La Sylphide è maggiormente affidato al gesto, numerose sono le coreografie la cui narrazione poggia invece su “pose tecniche” cioè atteggiamenti di pura tecnica classica. Nel pas de deux della Civiltà e lo Schiavo in Excelsior ad esempio, diventa molto efficace l’arabesque penchée che La Civiltà esegue dietro al partner (il quale è in ginocchio) poggiando il viso sul suo torace e abbracciandolo. Con questa posa La Cività avvolge Lo Schiavo esemplificando l’idea di una prigionia dalla quale esso si libererà grazie al suo intervento. “La posa” intesa come figura finale delle sequenze danzate fu invece molto usata nel balletto tardo-romantico da Petipa allo scopo di permettere agli spettatori di ammirare la bravura dei ballerini. Si pensi alle posizioni assunte dai danzatori a conclusione dei momenti di puro virtuosismo come nelle variazioni dei protagonisti del Don Chichotte o de Il lago dei Cigni. Glischemi” si ritrovano anche nelle combinazioni dei passi legati tra loro a definire un determinato punto del racconto come accade  nel primo atto di Giselle in cui la protagonista esegue i pas ballonés e i pas ballottés come leit-motive del racconto danzato. Moltissimi sono pure gli schemi coreografici riguardanti la disposizione dei danzatori sulla scena che in alcuni balletti in cui i danzatori diventano delle vere architetture umane, tra gli esempi più eclatanti del romanticismo troviamo il balletto dei cigni nel Lago dei cigni, il valzer dei fiocchi di neve e il valzer dei fiori  nello Schiaccianoci, le Silfidi nel secondo atto di Giselle.

Fabiola Pasqualitto

 

Bibliografia di riferimento

  1. Blasis, Trattato dell’Arte della danza – Edizione critica a cura di Flavia Pappacena, Gremesi Editore, Roma 2008
  2. Ripa, Iconologia,(prima edizione, senza illustrazioni. Dal 1603 edizioni con illustrazioni), Roma 1593
  3. Mariti, Transiti tra Teatro e scienza, dalla mimesis tou biou al bios della mimesis, in AA.VV., Dialoghi tra teatro e neuroscienze, Edizione Allegre, Roma 2009.
  4. Guatterini, L’ABC del Balletto, Arnoldo Mondadori, 1998
  5. M.L. Catoni, Schemata. Comunicazione non verbale nell’antica Grecia, Scuola  Nazionale Superiore di Pisa, 2005
  6. F.Pappacena, Il linguaggio della danza, Gremese, 2010
  7. Ahlberg Cornell, Prothesis and ekphorain Greek geometric art, Aström edition, 1971

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Giornalista e critica di danza, danzatrice, coreografa, docente di materie pratiche e teoriche della danza, docente di Lettere e Discipline Audiovisive. Laureata in Arti e Scienze dello Spettacolo e specializzata in Saperi e Tecniche dello Spettacolo all’Università degli Studi di Roma “La Sapienza”. Dal 1990 è direttore artistico e insegnante del Centro Studi Danza Ceccano e curatrice del ”Premio Ceccano Danza". E’ inoltre direttrice e coreografa della CREATIVE Contemporary Dance Company.