Foto:©herve-veronese-Centre-Pompidou

ROMA – Nella geografia delle arti della 38esima edizione del Romaeuropa Festival, RE: incarnation di Qudus Onikeku si rivela una carica di energia di ritmi sonori, colori e corpi nuovi sulla scena. L’astro nascente della danza africana immagina una civiltà futura attraverso la tradizione Yoruba della sua Nigeria, in cui quella della reincarnazione è un concetto centrale, inteso come rinascita non solo religiosa ma anche mentale.

L’Auditorium Parco della Musica si colora di ritmi africani

CREDITS: BlandineSoulage

All’apertura della sala Petrassi troviamo Re: incarnation che ci attende. A differenza di come accade comunemente quando si va a teatro il sipario è già aperto e un palco nudo con due postazioni di percussioni ai lati del palcoscenico incorniciano una fila di abiti, alcuni appesi, altri gettati a terra. Sono abiti occidentali (giubbotti, jeans, gonne, felpe…) dai colori sgargianti e di quelli che ricordano l’Africa. Dieci ragazzi di colore, sei uomini e quattro donne, entrano seminudi e cominciano a vestirsi, mentre sul fondo appare in alto una scritta: “Le differenze ci sono e non fingiamo che non ci siano”. La scena si riempie pian piano dei loro suoni, delle loro voci e delle loro parole. Sono caotici e sprigionano energia prima ancora di iniziare a danzare. I musicisti Olatunde Obajeun e Fabiyi Abiodum danno inizio alle percussioni, una straordinaria e coinvolgente afrobeat con influenze dance-hall hip hop ed electro. La sensazione è quella di stare tutti insieme in strada a danzare la quotidianità, anche danzare l’atto sessuale, che però, immancabilmente e pian piano diventa routine. All’afro dance si fondono movimenti robotici e la situazione ormai parossistica viene interrotta dall’urlo di una partoriente che dilania la scena: si entra nel cambiamento.

Un rituale tribale

Come in un rito di passaggio, prima di rinascere e vestire nuovi abiti. I danzatori si spogliano e affrontano dure prove. Tutto diventa buio e nell’oscurità i danzatori uomini colorano i loro corpi nudi di polvere bianca: la danza è quadrupetica e ricordano delle fiere feroci. Una donna danza sola con movimenti movimenti lentissimi andando incontro ad un fascio di luce. Altri sono in cerchio, con in mano un bastone, ma ancora più la ripetitività dei movimenti ci include e coinvolge in un rituale africano che culmina con i corpi che si tingono questa volta di una vernice di colore nero profondo che li mimetizza nella scena ricordando l’Africa subsahariana. Tutti i performers danzano nell’oscurità sprigionando una potente energia. Impossibile non cedere a quella musica travolgente, una danza per tutti i corpi: alti, bassi, magri, pesanti, giovani e meno giovani.

Qudus Onikeku si fa ponte tra l’Occidente e l’Africa

RE:incarnation è la performance della ritualità, è la riprova della teorie di Turner secondo il quale il dramma del vivere è fonte di tutte le pratiche performative. Inoltre, come nei rituali tradizionali, anche le performance moderne, come nei rituali delle società tradizionali, possono operare creativamente su alcuni o su tutti i livelli della società. Il teatro e la danza operano il cambiamento delle persone oppure servire come paradigma per un pensiero comune. Qudus Onikeku con la sua QDance opera per un teatro politico e lo fa anche secondo la lezione di Brecht. Ce lo dicono le scritte sul fondo del palco che appaiono nei momenti cruciali del balletto, come nel monologo della danzatrice verso il finale. Qudus Onikeku si fa ponte tra l’Occidente e l’Africa attraverso la danza, la musica e la filosofia della sua gente che per danzare non ha bisogno della fisicità giusta o dell’abito giusto perché respirare è già danzare.  Un coreografo che mette in scena il cambiamento e la matrice altamente performativa dello spettacolo è la forza del cambiamento stesso.

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Giornalista e critica di danza, danzatrice, coreografa, docente di materie pratiche e teoriche della danza, docente di Lettere e Discipline Audiovisive. Laureata in Arti e Scienze dello Spettacolo e specializzata in Saperi e Tecniche dello Spettacolo all’Università degli Studi di Roma “La Sapienza”. Dal 1990 è direttore artistico e insegnante del Centro Studi Danza Ceccano e curatrice del ”Premio Ceccano Danza". E’ inoltre direttrice e coreografa della CREATIVE Contemporary Dance Company.