Ana Laguna e Louc Bouy in Giselle di Mst
1983 dramaten Stockholm , foto Leslye Leslie Spinks

La Giselle di Mats Ek compie quarant’anni, buon compleanno quindi! Ed è proprio da questo “compleanno” che è nata l’idea di Roberta Albano, docente di Storia della danza all’Accademia Nazionale di Roma e Vice-presidente di AIRdanza, di dedicare questo convegno internazionale al balletto Giselle o meglio alle tante Giselle che si sono succedute dal 1841 ad oggi.

L’evento che ha spinto AIRDanza a dedicare un convegno al balletto

E quindi la ringraziamo insieme alla Presidente AIRDanza Paola De Simone, al Direttivo di AIRDanza, al Comitato Scientifico ed Organizzativo,per averci regalato una occasione unica e rara allo stesso tempo.Mats Ek (in collegamento da remoto) ha risposto per quasi tre ore alle domande di Ada D’Adamo, studiosa indipendente ed autrice del libro Mats Ek (L’Epos, 2002),e del numeroso pubblico arrivato da tutta Italia, insieme agli storici interpreti della prima versione di Giselle, Ana Laguna e Luc Bouy.

John Neumeier, il primo a rileggere il repertorio dell’Ottocento

Come dice Ada D’Adamo la rilettura di Giselle di Mats EK nel 1982 è stata un’azione dirompente, dall’utilizzo della musica alla drammaturgia, alla natura dei personaggi, agli straordinari interpreti. Più di una rilettura, poichè da quello che avrebbe dovuto essere un punto di arrivo, la Giselle di Mats Ek è diventanto un punto di ripartenza per la rilettura del patrimonio coreico classico, poichè pur facendo riferimento al medesimo testo, alla stessa drammaturgia di partenza, riesce ad alterarla in modo sostanziale senza sgretolarla, frantumarla, spezzetarla, ma al contrario riuscendo a restituirci un’opera compatta, coerente, altra, ed allo stesso tempo lasciando intatto il senso più profondo della storia. 

Con questo balletto Mats Ek riesce a creare un’opera completamente diversa, con una risonanza significativamente diversa e una visione artistica complessiva originale e senza precedenti. E che quindi non và confusa con i riallestimenti o i “restauri” ed ammodernamenti dei classici tradizionali. Ma si tratta di una vera e propria rielaborazione che mantiene uno stretto legame sia con la struttura musicale sia con la struttura del balletto.

Ada D’Adamo ci ricorda che in quegli anni era già iniziata una rilettura del repertorio dell’Ottocento, basti pensare alla  Coppelia di Roland Petit del 1975 o Illusionen – wie Schwanensee di John Neumeier del 1976 una rilettura del Lago dei Cigni per il Balletto di Amburgo, ma nulla che avesse la portata rivoluzionaria della Giselle di Mats Ek, il suo impatto sulla critica e sulle reazioni del pubblico.

Alexandr Trusch & David Rodriguez in “Illusions – like Swan Lake” by John Neumeier
Photo by Kiran West

Mats Ek afferma di non essere stato lui il primo a immaginare una rilettura del repertorio classico, ma cita proprio John Neumeier con la rilettura del Lago dalla cui visione lui stesso è stato folgorato, sia dal tipo di ispirazione sia dalla visione psicologica della storia. 

E’ interessante osservare come le stesse note di programma di  John Neumeier su Illusionen – wie Schawenensee siano in assoluta sintonia con le tematiche del Convegno. Infatti dice Neumeier  “Per me, in quanto coreografo che non vuole necessariamente essere rivoluzionario, non ha senso negare ciò che è stato creato e conservato finora. D’altra parte, mi sembra altrettanto insensato imitarlo manieristicamente senza cogliere lo spirito della coreografia e dell’arte della danza che l’ha formato. Per preservare questo aspetto, credo che si debba cercare un’alternativa in una Compagnia moderna come la nostra, che incorpori lo sfondo storico e la distanza temporale nell’interpretazione.Un concetto di “Lago dei cigni” per la nostra Compagnia non può limitarsi a un’ingenua riproposizione di una fiaba con i mezzi del secolo scorso, a noi estranei. Ha senso solo se presenta il tema senza tempo dell'”amore irrealizzabile” e la sua interpretazione attraverso il XIX secolo con mezzi contemporanei. L’obiettivo è quello di ottenere la combinazione ideale tra una riproduzione delle parti coreograficamente o tematicamente importanti che sia il più possibile fedele all’originale e una visione storicamente distante. In questa prospettiva, alcune tradizioni vengono relativizzate senza mettere in dubbio il nucleo atemporale dell’opera.” (staatsoper-hamburg.de)

Come nasce la Giselle di Mats Ek

Mats Ek racconta che negli anni precedenti alla creazione di Giselle era maggiormente impegnato come danzatore che come coreografo, ed avendo una conoscenza approfondita del repertorio classico, si faceva molte domande su come veniva affrontata la drammaturgia del repertorio classico, che a suo sentire sarebbe stato più interessante sviluppare un nuovo modo di vedere queste drammaturgie anche per destare un maggiore interesse in un pubblico più moderno.

Mats Ek_photo by morgan nordman

In fin dei conti impazzire, morire per amore non è romantico, è una tragedia, e Mats Ek ,che non ha mai avuto alcun intento dissacratorio nelle sue riletture dei classici, ha sentito il bisogno di  “ rendere “consistenti” i personaggi, con tutti i contrasti tipici della quotidianità, nel massimo rispetto della chiarezza verso lo spettatore.” (Contemporary Dance in Mats Ek’s vision. Hypothesis for a semiotic analysis of the choreographic text.Jenny Gennatiempo-Rel. Prof. Ugo Volli- Università degli Studi Torino – 2011-2012)

Una spinta importante alla sua ispirazione è stata la musica originale di Adolphe Adam, una partitura musicale molto più scarna rispetto alla rielaborazione russa, ed il rapporto con i suoi danzatori Ana Laguna e Luc Buy, che affrontavano questo lavoro dal suo punto di vista, dalla sua stessa prospettiva.

Inoltre non aveva idea di come il suo lavoro sarebbe stato accolto dal pubblico e dalla critica ed afferma che non era questo il suo punto di interesse, perché la sua idea, il suo punto di vista, erano quello di dare una verità, di dare autenticità alla storia di Giselle.

Il processo coregrafico di Mats Ek prevedeva una sperimentazione su sé stesso

La preparazione delle coreografie da parte di Mats Ek è lunga e meticolosa e, ci dice, che  quando arriva in sala per le prove vuol dire che ha già sperimentato su se stesso, sul suo corpo, ogni passo ed ogni movimento, oltre all’ascolto ed allo studio approfondito della musica.

Mats Ek afferma di aver sempre seguito questo processo coreografico anche nei suoi successivi lavori, provando su se stesso ogni passo e ogni movimento, poiché questa preparazione gli ha dato la possibilità di capire meglio la coreografia stessa e di sviluppare al meglio il suo bisogno comunicativo ed espressivo oltre ad avergli dato la possibilità di porsi in ascolto dei propri interpreti avendo un punto di partenza ben saldo. E quando ha provato a lavorare in modo diverso non ha funzionato.

Mats Ek ci fa partecipi di essersi trovato molte volte in un paradosso, ovvero di arrivare preparatissimo alle prove con i suoi danzatori ed allo stesso tempo di essere in continuo ascolto delle loro istanze creative. Probabilmente perché proprio questa preparazione così meticolosa sulla sua stessa idea gli dava la possibilità di liberare la creatività dei suoi interpreti.Quindi non una chiusura, quanto piuttosto una strategia di ascolto, un dare spazio alle emozioni ed al corpo degli altri.

La dialettica instaurata con la partitura musicale di Adolphe Adam

Altro passaggio molto importante del lavoro è stata la dialettica instaurata con la partitura musicale di Adolphe Adam e con la sua orchestrazione, molto meno dolce e romantica della versione russa più famosa e più conosciuta. Essere partito dalla partitura e dall’orchestrazione originale è stato per Mats Ek un punto di svolta, un momento cruciale, poiché quella ruvidezza originale è stata fonte di ispirazione oltre ad avergli fornito una chiave di lettura differente della drammaturgia come dei personaggi.

Due finali in un’unica scena

Per Mats Ek il suo finale di Giselle è frutto di due punti di vista differenti, quasi due finali in un’unica scena. Il primo è la scelta di Giselle di non tornare alla vita quotidiana di rimanere consapevolmente nel manicomio insieme alle altre donne e di vivere fino in fondo la sua condizione di diversità. Argomento quello della diversità dei corpi, delle loro possibilità ed abilità/disabilità che trova oggi sempre più spazi creativi e progettuali. Ed un secondo punto di vista, o altro finale, è quello maschile in cui Albrecht rimasto nudo si pone di fronte alla scenografia a braccia aperte,nella stessa posizione assunta dal Giselle all’inizio del balletto creando così una struttura circolare dell’opera che ci riporta al punto iniziale. 

Poi entra Hilarion, che tenta inizialmente di scacciarlo con un forcone, ma poi si blocca e corre a prendere una coperta con la quale ricopre Albrecht quasi un atto di pietas, ed a questo punto il finale ci conduce al tema del rimorso da parte dei due personaggi maschili.

Riguardo al nudo di Albrecht che fece molto scalpore il coreografo nel 1997 dichiarò al Corriere della Sera: “E’ simbolico: per lui rappresenta una sorta di rinascita, dopo la visita sconvolgente nel manicomio delle Willi. Questa esperienza tragica gli offre una specie di nuovo inizio, facendogli scoprire potenzialita’ positive. Nella mia versione ho cercato di mettere in luce i contrasti drammatici della storia: quelli tra l’individuo e il gruppo, tra il volgo e la corte, tra sano e insano“. (Giselle di Mats Ek, le ragioni profonde del balletto (e del coreografo) – notizie.it) 

E Luc Bouy conferma quanto detto da Mats Ek, ovvero che il nudo di Albrecht è la rinascita del personaggio, uno spogliarsi da sè stessi per darsi la possibilità di ritornare ad essere diversi, per ritornare alla natura ed alla primordialità. 

Ricostruzione, ri-creazione, re-invenzione o cosa?

Nel 2016 per primo Le Figarò con l’articolo Mats Ek, le choc des adieux diAriane Bavelier del 5 gennaio 2016, poi ripreso da vari giornali italiani e stranieri tra cui anche Campadidanza Dance Magazine, diedero notizia del ritiro dai palcoscenici delle opere di Mats EK dal repertorio delle Compagnie a cui le aveva affidate. “È uno dei momenti di danza più importanti dell’anno. Il settantenne coreografo svedese dice addio al palcoscenico. In altre parole, si sta allontanando dalla scena, semplicemente cancellando le sue opere dai repertori delle principali compagnie del mondo a cui le aveva affidate.”

Poi nulla di ciò è successo e come precisa Ana Laguna, Mats Ek si è concesso piuttosto un periodo sabbatico dalle scene.

Per Mats Ek ogni lavoro appartiene al suo creatore

Sul riallestimento delle sue opere e sul loro “affidamento” a Compagnie diversa dalla sua, così come sui riallestimenti più in generale, Mats Ek espone con chiarezza il suo preciso punto di vista. Ogni lavoro appartiene al suo creatore e non è possibile quindi che venga copiato indistintamente anche attraverso registrazioni video, oltre al fatto che bisognerebbe interrogarsi da quali registrazioni video, ovvero sulla loro qualità e fedeltà all’opera originale. Ogni coreografia va studiata e tramandata per le nuove produzioni con il necessario rispetto nei confronti  dell’opera originale, oltre al fatto che la possibilità di riproporre le sue opere da parte di altre Compagnie deve essere regolata da accordi, regolata nel tempo e nella sua durata. Esiste un modo corretto di mettere in scena una coreografia, a partire dalle scene,dai costumi, dalla scelta degli interpreti e la cosa sostanziale, deve essere riprodotta attraverso lo stesso processo creativo, con le stesso contenuto espressivo che ha portato alla sua creazione. Come dargli torto?

Con questa tematica Mats Ek si inserisce direttamente del dibattito del Convegno sulla conservazione e tutela delle opere coreografiche così come delle  tante complessità a cui si và incontro nei riallestimenti.

Interessanti le parole di Francesca Magnini, studiosa di danza contemporanea, proprio su Giselle: ”Quello della ricostruzione di lavori di danza è un tema scottante, che ha nutrito a lungo le preoccupazioni di danzatori e coreografi di diversa provenienza e formazione, soprattutto in Occidente – nonché le ansie di comprensione e classificazione da parte di studiosi, critici e accademici – fino a innervarsi nella contemporaneità, assorbendo per osmosi energie dal passato, ma anche spinte e controspinte destabilizzanti dal tempo presente.

Re-creation,Re-invention, Re-staging, Re-vision, Re-enactment, Revival, Re-constitution: sono solo alcuni dei termini utilizzati per definire l’operazione complessa di “ri-presa in carico” di un patrimonio del passato con cui spesso è difficile mettersi in relazione. Oggi artisti e compagnie non ricostruiscono più opere di danza per perpetuare un regime d’immutabilità o per rincorrere esigenze di stabilità nei confronti di un repertorio già visitato e pertanto ritenuto indiscutibile, bensì per alterare il valore delle norme imposte dal passato e per disorientarne l’efficacia alla luce del presente…L’atto stesso di ricostruzione si è dimostrato nel tempo un lavoro necessario per suggerire alle generazioni di oggi come fare esperienza dei frutti del passato, assimilare e digerire eredità estetiche di altri per farle proprie o al contrario per distanziarsene; ricostruzione, cioè, come atto creativo di auto-scoperta.” (Giselle, una macchina teatrale perfetta ballettodiroma.com)

Ed è quello che ha fatto Mats Ek aprendo la strada ad una serie di ripensamenti “paradossali” sul patrimonio del balletto classico, dalla Cinderella di Maguy Marin del 1985, a The Hard Nout di Mark Morris del 1991 a Swan Lake di Matthew Bourne del 1995, solo per citarne alcuni.

Ana Laguna e Luc Bouy (o Giselle e Albrecht?)

E’ emozionante ascoltare i due interpreti per eccellenza della Giselle di Mats Ek: Ana Laguna e Luc Bouy. Ascoltare e comprendere il processo ed il percorso che li ha portati alla creazione di un capolavoro della coreografia contemporanea. Della loro intensa partecipazione nel dare spessore a questi personaggi che continuavano a vivere con loro anche dietro le quinte del palcoscenico. E queste parole ci riportano subito alla memoria la teatralità dei ringraziamenti al pubblico di Carla Fracci e Rudolf Nureyev dopo il Passo a Due del secondo atto di Giselle, sia al termine dell’intero spettacolo, che continuavano ad “essere” Giselle ed Albrecht anche durante l’ultimo saluto al pubblico, e chissà, forse anche oltre.

Lo sguardo di Ana Laguna, le sue espressioni, la sua ironia ed acutezza di pensiero ci fanno capire fino in fondo di come Ana Laguna “é” la Giselle di Mats Ek, allo stesso modo di come Carla Fracci non ha mai danzato Giselle, poichè lo è stata lei stessa fin dal primo momento che ha interpretato questo ruolo.

Vivace, attenta, partecipe e generosa nel volerci trasmettere e far comprendere il “loro” mondo, la loro Giselle, nel volerci mostrare il processo che ha portato alla definizione di questa coreografia, Ana Laguna ci parla della complessità di interpretare un personaggio, “non è interessante essere sè stessi”, e se il movimento passa attraverso il corpo del ballerino, è necessario mettersi in quella situazione come attore, emotivamente e nelle sensazioni che si vogliono trasmettere.

Ana Laguna, foto di Henri Soumireu-Lartigue. 

Luc Bouy ci rivela tutta la sua delicatezza di animo, la sua innocenza e freschezza, il suo amore profondo e leggero allo stesso tempo per la sua Ana/Giselle, sia nello sguardo che nella voce. Della sua consapevolezza nel danzare le coreografie di Mats Ek di cui ha compreso subito lo spirito innovatore, fin da “Bernarda Hus” del 1978 da Casa di Bernarda Alba (1936) di Federico Garcia Lorca in cui interpreta una donna, vedova ed autoritaria, Bernarda appunto, ma vestita da prete. Quanti significati insieme solo in questa immagine è riuscito a dare Mats Ek? Un uomo che interpreta una donna, ma con un abito da uomo, anzi da prete, quando la religione cattolica non consente il sacerdozio femminile.

Luc Bouy – ritratto

E’ palese la consapevolezza di entrambi nell’ aver “maneggiato” un materiale pregiato come Giselle, un capolavoro del repertorio romantico, come dell’enorme responsabilità che hanno condiviso insieme al coreografo, senza mai aver alcun intento di demitizzare l’opera. E’ ancora palpabile come ambedue hanno vissuto la grandissima interiorità di questi ruoli, che li ha fatti commuovere ed in alcuni casi piangere durante le prove, durante gli spettacoli. Una emozione indimenticabile e che nessuno dei due ha dimenticato.

Giselle, come ogni lavoro coreografico di Mats Ek, è secondo  Ana Laguna e Luc Bouy, un lavoro che parte dall’espressione e dall’essenza dei personaggi. Non esistono “i passi” in quanto tali, poichè ogni movimento riconduce all’espressività, al carattere dei personaggi, alla drammaturgia, al senso ed al significato di quello che si vuole trasmettere e comunicare, e quindi, lo conferma anche Mats Ek è impossibile “marcare” i passi durante le prove o prima di uno spettacolo. Come si può infatti marcare un’emozione, un sentimento? “Dont’ kill your self, but don’t marke, please” è il mantra della Compagnia.

Secondo Luc Bouy “c’è una base umanistica” molto forte nei lavori di Mats Ek dove tutto diventa naturale. 

In questi anni si sono trovati in prima persona a dover trasmettere ad altri danzatori i loro ruoli e dice Ana laguna che partecipare al processo coreografico di una coreografia e danzarla è qualcosa di simile a partorire un figlio, che non è solamente tuo, che è un tuo prolungamento: è come dare qualcosa di te ad un altro. Ed aggiunge Luc Bouy che è qualcosa che può camminare e poi volare da solo, anche senza i due interpreti originali. Ed è questo il senso che hanno cercato di dare ai danzatori che hanno continuato e continuano a danzare i loro ruoli e questa coreografia.

Un’occasione preziosa per noi vederli ancora insieme come quando Luc/Albrecht uscendo dalla quinta con un braccio proteso, accarezza la testa di Ana/Giselle, gesto che Luc Bouy ripete con emozione davanti ai nostri occhi affascinati, quasi abbracciandoci tutti con un solo gesto.

Il “balletto perfetto” come lo ha definito Vittoria Ottolenghi (Perché ancora Giselle? Dialogo sul balletto perfetto” Ed. Compositori- 2007) o “the supreme opportunity for every ballerina” (R.J.Austin Giselle: 1950: Three Interpretations -Cambrige Unisersity Press) continua ancora a far parlare di sè. 

per la prima parte vai al link

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Direttore artistico, manager ed insegnante del centro internazionale "Movimento Danza”, fondato a Napoli nel 1979 ed accreditato dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali come "Organismo di Promozione Nazionale della Danza”. Coreografa e direttore artistico della pluripremiata "Compagnia Movimento Danza" e del "Performing Arts Group". Direttore artistico ed event manager di rassegne, festival, eventi e bandi di danza contemporanea. Promotrice italiana e direttore artistico della "Giornata Mondiale della Danza". Editore di "Campadidanza Dance Magazine". Presidente di "Sistema MeD - Musica e Danza Campania", associazione aderente all’Unione Regionale Agis Campania.