Al Teatro Politeama di Napoli, José Montalvo ha offerto visione del suo mondo magico e misto di popolare, classico e contemporaneo. Lo spettacolo Y Olé! è un miscuglio di stili e di culture in cui il tema dell’immigrazione è velato ma non troppo, si respira un’aria di tradizione spagnola, in cui il flamenco è la danza di base della teatralità e la break dance americana diventa il tassello di incroci culturali, etnici e storici. I danzatori di flamenco si immergono nei suoni delle loro tradizioni, nei canti, attraverso le loro stesse voci offerte al pubblico durante il movimento, ed aprono spazi anche per la danza classica e contemporanea, che vede, invece, protagonisti quattro danzatrici, che usano il ritmo ed il sapore del flamenco riproposto nei loro stili. A questo quadro si aggiungono i danzatori di break dance, molto virtuosi, che colorano il tutto ed incarnano i segni della vita e dell’incrocio etnico. Sembrerebbe una mischiafrancesca ed, invece, il coreografo, a mio avviso, è riuscito a far permeare bene i diversi stili e le diverse tecniche tra loro, laddove il significato ed il messaggio sociale, storico e culturale è stato l’obiettivo ultimo. Lo spettacolo è stato diviso in due parti, seppur in un unico tempo: all’apertura del sipario si è assistito ad una versione riadattata de La Sagra della Primavera in cui un albero capovolto che faceva da sfondo al palco, proiettato in video, ha racchiuso il simbolo della vita e della rinascita come vessillo della celebrazione della primavera. I ritmi creati dai piedi delle danzatrici di flamenco, le dinamiche della altre danzatrici, la musica classica del capolavoro di Stravinskij hanno calato il tutto in una dimensione di ilarità ed hanno preparato il terreno al carattere popolare e sociale che, invece, ha guidato la seconda parte. Per il coreografo il secondo quadro è un ricordo di infanzia, in cui canzoni popolari e temi anglosassoni dell’adolescenza sono state le strade per scoprire i suoi maestri e creare così questo mondo coreografico variopinto ed immaginifico. I colori dei costumi dei performers hanno creato un non so che di dinamico, di variegato, di plurimo. La seconda può rischiare di essere un pò ripetitiva, nel senso che una volta che il marchio coreografico del coreografo si è ormai impresso nel pubblico, rischia così una non più sorpresa, una minore tensione, ma molto leggera. Sullo sfondo del secondo quadro c’è una barca con una e poi più persone, la stessa barca che è posizionata alla destra del palcoscenico ed in cui tra canti e balli, infine, tutti confluiscono. E’ la barca della speranza? E’ l’arca di Noé che salva dalla tempesta della vita? E’ la barca di Caronte che traghetta le anime dei defunti nell’aldilà? Ma allora quel canto era un canto di vita o di morte? Sono domande che non trovano risposte se non in speculazioni filosofiche, il senso dell’arte e dello spettacolo dal vivo è di fare vivere emozioni al pubblico ed a chi partecipa, emozioni che vengono dal cuore.

Y OLÈ!

coreografiascenografia e video José Montalvo

costumi Rose-Marie Melka

assistenza ai costumi Didier Despinc
luci Gilles Durand, Vincent Paoli
creato e interpretato da Karim Ahansal dit Pépito, Rachid Aziki, Natacha Balet, Abdelkader Benabdallah dit Abdallah, Anne-Elisabeth Dubois, Fran Espinosa, Samuel Florimond dit Magnum Elizabeth Gahl, Rocío Garcia, Florent Gosserez, Rosa Maria Herrador, Blaise Kouakou, Chika Nakayama, Lidia Reyes, Beatriz Santiago, Denis Sithadé Ros dit Sitha
produzione Théâtre National de Chaillot – Parigi
coproduzione Les Théâtres de la Ville de Luxembourg

durata: 1h e 15′, atto unico

 

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