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Marco Chenevier: “Futuro incerto non solo per la danza”

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In foto, Marco Chenevier.
In foto, Marco Chenevier.

Marco Chenevier è danzatore, attore, coreografo e regista. La sua ricerca attraversa i diversi codici linguistici, ne esplora i limiti e mette in discussione forma e struttura creando originali ibridi nati dalla fusione tra danza, teatro, circo, cabaret, giochi di società e tecnologia. Attualmente è co-direttore del Festival T*Danse – Danse & Technologie – festival internazionale della Nuova Danza di Aosta e della stagione del Teatro della Cittadella di Aosta.  Lo raggiugiamo via Skype per fargli alcune domande in merito all’Inchiesta Covid-19/Si cambia danza indetta da Campadidanza e risponde con grande puntualità e profondità ad ogni quesito, permettendoci di avere una panoramica, circa la danza e le sue interazioni di contesto, sulla gestione emergenziale in Valle D’Aosta e le sottili ma importanti differenze con la Francia, paese in cui egli vive e lavora in alternanza con l’Italia.

Che impatto ha avuto, su di lei e sulle sue attività, l’avvento del Coronavirus?

Sono stato toccato come artista e come produttore: dalle prove agli spettacoli, passando per la produzione e la programmazione, si è bloccato tutto. Ho sentito molti colleghi in grande difficoltà. La pandemia sta mettendo in evidenza delle differenze sociali importanti e la mancanza di un welfare per i lavoratori dello spettacolo in Italia diventa ancora più drammaticamente visibile in una situazione di crisi come questa. In Francia, dove risiedo, ed in Belgio esistono delle politiche di welfare specifiche per le nostre categorie. La crisi resta drammatica ovunque, ma gli strumenti per governarla sono differenti e si evidenziano le eventuali lacune. Con la Cittadella dei Giovani invece viviamo un momento complesso perché, trattandosi di una struttura fisica, abbiamo dovuto interrompere le attività in linea con le disposizioni governative per il contrasto al virus. Ciononostante, visto il protrarsi della quarantena, abbiamo deciso di costruire un progetto virtuale, Voci di Cittadella, per poter continuare a svolgere almeno in parte la funzione sul territorio.

Come sta gestendo, nei tuoi vari ambiti, questo stop forzato?

Io personalmente sto accogliendo lo stop forzato. Leggo, studio, mi ritrovo del tempo per pensare. Professionalmente c’è però ovviamente del lavoro da fare con l’équipe, per gestire i contratti saltati e ripianificare il futuro, sia le date di spettacolo che, più delicato, i piani di produzione.

Ha delle idee dalle quali ripartire per il post emergenza?

Leggo, rifletto, penso molto. Non ho elaborato la situazione attuale, di conseguenza non ho un’idea di quel che sarà. Sono pieno di interrogativi ai quali non ho risposta. Ci sono molte variabili che determineranno la ripartenza. In primis non sappiamo quando e come torneremo a teatro, né di quali strumenti dovremo fornirci per riprendere le nostre attività. Per esempio Quintetto, è un lavoro dove il pubblico partecipa attivamente e in grande prossimità fisica. In virtù di quelle che saranno le disposizioni per ripartire, potrei dover rivedere il lavoro con le mascherine e ad un metro di distanza. Siamo di fronte ad un pandemia, solo quando avremo disposizioni certe e chiare potremo elaborare una ripartenza adattandoci alle esigenze che si profileranno.

Quando sarà possibile rivedere il pubblico a teatro?

Dipende da una serie di fattori che non possono essere previsti, non so rispondere. Ma nessuno dei programmatori saprà rispondere, non abbiamo idea di quando si potrà riaprire. E questo è problematico: perdere due mesi significa riprogrammare due mesi, ed almeno il 50% di queste date andrà perso. Non puoi spostare il 2020 al 2021 perché alcune programmazioni sono già definite. L’unica certezza è che bisogna fare i conti con la realtà che ci verrà consegnata e organizzarsi per rispondere a questa. Un po’ come ho fatto con Quintetto: volevo un lavoro a 5 danzatori ma non potevo permettermelo, quindi ho usato il pubblico in ogni replica. E ora, come ti dicevo prima, forse dovrò rivederlo con le mascherine e ad un metro di distanza…

L’intervento delle istituzioni, ma non solo: cosa può fare il sistema danza per uscire dalla crisi bene e presto?

Altra domanda alla quale è difficile rispondere. Artisti, operatori, pubblico, giornalisti, critici… Il sistema danza, come lo definisci tu, è un sistema complesso di professioni, di realtà, di persone: sono molte le variabili in gioco e le strategie saranno complesse e articolate. Sicuramente le istituzioni avranno un ruolo importante e dovranno prevedere dei dispositivi per i diversi livelli di sostegno, prendendo in conto collettivamente quanto sta accadendo. Poi ci sono gli operatori della danza: mi auguro riprogrammino con cura, attenzione e senso etico. Le compagnie e gli artisti vivono un momento di fragilità e debolezza perché, come ti dicevo prima, in Italia non esiste alcuna politica specifica di welfare per i lavoratori dello spettacolo. Penso che in questo momento si debbano attivare riflessioni ad ampio raggio: le strategie vanno pensate come spettacolo dal vivo, cinema compreso, senza dimenticare tutte le maestranze in gioco: dagli artisti agli amministrativi, dai tecnici agli uffici stampa, dai critici ai pedagoghi.

Crede che questa emergenza abbia acuito le problematiche presenti già prima dell’emergenza?

Il virus non ha moltiplicato – dice Marco Chenevier – le problematiche, ma le ha evidenziate. Insieme con altri colleghi e realtà come CRESCO ci battiamo da tanto tempo affinché in Italia si attivino politiche di welfare per i professionisti dello spettacolo. Garantire una continuità di reddito agli artisti italiani, come in Francia e in Belgio, significa tutela e sicurezza. In questa emergenza, chi ha sempre vissuto con un fragile sistema di incastri professionali, vive un disagio enorme. Mi auguro che questa situazione possa essere uno stimolo affinché siano implementate le tutele per i lavoratori dello spettacolo.

Prima faceva cenno a soluzioni virtuali per lo svolgimento delle attività della Cittadella dei Giovani. A cosa si riferiva?

A Voci di Cittadella, una trasmissione live streaming visibile su tutti i canali social. E’ un’iniziativa alla quale teniamo molto e ci permette di continuare ad essere presenti per la nostra comunità. Postiamo contenuti di vario genere come interviste, convegni, performance e siamo aperti a proposte esterne. L’idea è quella di andare oltre l’azione autoreferenziale con l’obiettivo di esprimere la nostra filosofia attraverso contenuti collettivi: attivare una comunicazione tra diversi “sentire”, condivisi con la comunità, è la nostra politica artistica. Ci sarà anche una pagina dedicata dove saranno raccolti tutti i contenuti e sarà interessante rivederli, rileggerli e riascoltarli quando tutto questo sarà finito. E’ la traccia di un presente che rielaboreremo domani.

Molti giovani danzatori in formazione hanno visto sfumare la loro “prima volta” professionale. Sente di dire loro qualcosa?

Credo che anche in questo caso sia utile processare il proprio presente e vederlo in maniera collettiva: tutto si è fermato. È una cosa epocale, non abbiamo memoria di un’emergenza del genere. Chiunque deve rivedere i propri piani e li rivedremo assieme. Sarebbe bello se, nel rivedere i nostri piani, potessimo elaborare dei possibili differenti, immaginare magari una società che non sia vittima dell’iper-produttivismo costante, che permetta alle persone di avere del tempo libero, del tempo per pensare, anche del tempo per andare a teatro magari… ma questa è un’utopia, e sappiamo che fine fanno le utopie.

Inchiesta Covid-19/Si cambia danza

Valle d’Aosta

Artista

Aosta

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Danzatore, docente di danza e chinesiologo. Opera come performer e giovane autore in Borderline Danza di Claudio Malangone e collabora come danza-educatore con enti e associazioni. Attivo nel campo della ricerca pedagogico-didattica, porta avanti un'indagine sui vantaggi della danza come dispositivo di adattamento cognitivo e sociale.