Lucrezia Maimone
Lucrezia Maimone in una foto di Federica Zedda

CAGLIARI – C’era anche la compagnia Oltrenotte alla serata di apertura di Ra.I.D. Festivals, il 26 agosto. L’ensemble di teatro-danza guidato da Lucrezia Maimone, che lo ha co-fondato insieme all’ingegnere e scenotecnico Riccardo Serra.

Oltrenotte torna quindi a Solofra, dopo essere stato ospite a Ra.I.D già nell’edizione 2021 con Eterna, estratto da I racconti dell’illusione. Per questa edizione, la Compagnia con base a Cagliari ha presentato un inedito duo: Blue Sunday, un racconto ironico e femminile co-prodotto da Ra.I.D. Festivals.

Riconosciuta dal MiC nel 2022 – nello stesso anno anche Cornelia, Ivona ed Equilibrio Dinamico – Oltrenotte presta molta attenzione alla scenografia e agli oggetti di scena. Grazie ai contatti con l’Europa – una rete intrecciata da Lucrezia Maimone nel corso della sua poliedrica formazione – Oltrenotte crea occasioni professionali per i giovani. Opportunità piuttosto rare nell’isola sarda.

Una compagnia sempre in attività: di recente il work in progress Zoologia di Oltrenotte è stato selezionato per la Residenza Arte Transitiva alle Officine Caos di Torino.

Tutte le fonti di ispirazioni di Blue Sunday

Lucrezia Maimone le andrebbe di raccontare la genesi di Blue Sunday?
È un progetto a cui stavo lavorando da un po’, immaginando di interpretarlo io stessa. Infatti durante la prima residenza ero da sola. Poi l’ho proposto a Ra.I.D. Festivals, che ha avuto fiducia in me dandomi la possibilità di ampliarlo. Questa libertà di sperimentazione è una cosa rara in Italia. Inoltre ero molto contenta al pensiero che lo spettacolo debuttasse in Campania.
Ma la vera svolta è stato l’incontro con due talentuose danzatrici: Priscilla Pizziol e Arianna Berton.

In che modo questo incontro ha modificato la scrittura coreografica di Blue Sunday?
Di solito sono molto istintiva nelle mie creazioni, ma l’incontro con Pizziol e Berton mi ha fatto riflettere sulla poetica del gesto che caratterizza Oltrenotte. Si tratta di una poetica fortemente influenzata dall’oggetto scenico; non è solo scrittura del corpo, mera esecuzione. Oltrenotte desidera recuperare i simboli, dando origine a una sperimentazione più identitaria.

Quindi è capitato che le due danzatrici, interessate a questa scrittura che usa molto gli oggetti più che il solo corpo, mi intercettassero. Ne è venuta fuori una creazione abbastanza veloce e fresca rispetto alle altre nostre produzioni. Blue Sunday dunque è anche il frutto del loro primo approccio alla poetica del gesto che identifica Oltrenotte.

Cosa rappresentano sulla scena Priscilla Pizziol e Arianna Berton?
Un’altra esigenza con cui nasce Blue Sunday è quella di sperimentare due personaggi femminili che rappresentassero l’essenza della domenica. Una domenica anni ’50, una domenica donna, che attende all’infinito. Attenzione, non intendo fare di Blue Sunday un manifesto femminista. Ma attraverso questi due personaggi desidero mettere in scena dei caratteri femminili eleganti e auto-ironici. Ci sono anche tanta spensieratezza e nostalgia.

Un’altro influsso è l’influenza esercitata dello scrittore argentino Jorge Luis Borges: “Un tango è un pensiero triste che si balla”. È una radice comune a molte mie creazioni.

Nella presentazione dello spettacolo si legge: “Un duetto senza tempo che a tratti ricorda la poetica tragicomica Italia degli anni ’50”. Lucrezia Maimone le andrebbe di raccontarci qualcosa in più circa la dimensione temporale?
È un po’ auto-referenziale. Infatti, l’altra fonte di ispirazione di Blue Sunday è la mia famiglia. I miei nonni erano molto attivi, andavano a ballare la domenica alla balera. Una mondanità povera ma che comunque vuole essere bella, è un’immagine che mi è rimasta impressa.

Quando ho conosciuto le due danzatrici, anche loro hanno storie di nonni che trascorrevano la domenica in compagnia, alla balera. Quindi ci siamo ispirate a quel periodo, ai racconti dei nostri nonni, ai film di Fellini, Antonioni, De Filippo. Penso ci sia anche un po’ di immaginario felliniano in questi due personaggi in scena.

Il riferimento è quindi ai momenti domenicali in famiglia, che forse stiamo un po’ perdendo. Oggi la domenica si lavora.

Quindi il Blue Sunday è quello che viviamo oggi?
Esatto. Il titolo è una provocazione: lo spettacolo non racconta della noia domenicale, dell’ansia di ricominciare la settimana. Al contrario, è il ricordo di cos’era una domenica negli anni ’50: un momento di svago, di spensieratezza, che oggi non viviamo più. Oggi le nostre sono “blue sunday”.

Vorrei tornare a lavorare su questo progetto nel 2024 per sottolineare la parte finale della coreografia. Vorrei infatti approfondire il conflitto finale, che sento non abbiamo avuto il tempo di costruire al meglio. Quello potrebbe essere il vero conflitto che si allaccia poi al “blue sunday” odierno.

Dunque i rintocchi della campana non hanno nessun significato lugubre?
No, affatto. Il rintocco della campana, che caratterizza i prime cinque minuti di Blue Sunday, simboleggia la messa domenicale. Niente di più.

È un lavoro molto flemmatico, rispetto a tutti gli altri lavori della compagnia che sono eccentrici. Questo è un lavoro molto tranquillo, in cui le cose accadono lentamente. Ha un tempo dilatato, più respirato.

Ra.I.D. crea interconnessione con il pubblico

Qual è l’emozione di tornare a Ra.I.D. ?
Le danzatrici hanno dovuto affrontare questo viaggio da sole perché, coincidenza ha voluto che io mi trovassi alla NID negli stessi giorni. Però, essendo già stata a Ra.I.D., conoscendo le persone meravigliose dello staff, sapevo che c’era terreno fertile affinché le danzatrici andassero in scena da sole. E allo stesso tempo, Priscilla e Arianna sono anche due autrici, quindi sapevo che non ci sarebbero stati problemi. Loro sono due professioniste, sono molto contenta di loro.

Loro erano molto emozionate al pensiero far debuttare questo spettacolo in Campania. Alla fine Blue Sunday è anche un trampolino di lancio per loro.

Il sottotitolo del Festival è Dance Space Subjectivity: in che modo secondo Lucrezia Maimone Ra.I.D. fa danzare lo spazio?
Per quanto riguarda Blue Sunday, posso dire che il fumo delle sigarette – che è l’oggetto con cui è nata questa corografia – fa danzare lo spazio. E poi il Chiostro di Santa Chiara è meraviglioso. Anche il Palazzo Ducale, dove mi sono esibita un paio di anni fa, è incantevole. Adoro i luoghi di Ra.I.D. poiché sono spazi non convenzionali. E questo apre un’interconnessione con la gente.

C’è sempre tanta gente tra il pubblico di Ra.I.D., ed è un pubblico molto particolare: più della metà non sono addetti ai lavori. Ma Ra.I.D. è un Festival che va incontro agli spettatori, che porta la danza per strada, tra le persone, rafforzando così anche il senso di appartenenza a quel luogo. Tutto ciò è onorevole e noi di Oltrenotte lo condividiamo in pieno.

Per questa edizione Ra.I.D. Festivals ospita il progetto speciale Come as you are: l’arte nuda da ogni pregiudizio. Cosa ne pensa dell’abbinamento della danza con le altre arti?
Non vedo altra via d’uscita. Sono un’artista multidisciplinare, per cui è ovvio che questo abbinamento mi sembri geniale. Ritengo sia necessario, importantissimo. Il teatro si fa insieme, non solo coi danzatori ma anche coi designer, coi fotografi e così via.

Nel mio caso, lavorare con acrobati o con ingegneri che scoprono il teatro – e si scoprono tecnici pazzeschi – crea un humus molto importante. È un arricchimento. Ritengo che l’incontro con le arti, l’essere multidisciplinare, sia fondamentale per raggiungere il pubblico e dar vita a un collegamento vero tra le persone.

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