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Lo spazio della scena / 2: verso un teatro moderno

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Teatro Antico di Taormina

Eccoci al secondo appuntamento di *“Pliè di pagina” _ Lo spazio della scena, nel tentativo di ricostruire la storia del teatro occidentale e arrivare a definire lo spazio del teatro di oggi. Come anticipato nel capitolo precedente, per una definizione di un teatro moderno è importante sottolineare che nostra idea di teatro si è sviluppata sulla linea del teatro greco e da questo ha elaborato nuove forme.

Premesse

I Greci furono i primi a innalzare gli spettacoli drammatici a livello d’arte grazie ai drammaturghi Eschilo, Sofocle, Euripide e Aristotele che fissarono le regole e le forme della tragedia e della commedia. La loro importanza era tale da perpetuarsi fino ai nostri giorni. Ancora oggi molti autori trovano stimolante i loro temi leggendari, riadattandoli a situazioni moderne. Gli spettacoli di Epidauro, un teatro greco antico impeccabile per quanto riguarda l’acustica e l’estetica, non rimasero confinati. Dal Rinascimento in poi, le forme e le convenzioni dei teatri classici hanno condizionato totalmente quelle dei teatri moderni. Un teatro d’opera francese del Settecento, un teatro inglese elisabettiano e un teatro americano del 2000, possono sembrare lontani dai modelli classici, ma in realtà derivano tutti da un’antica tradizione!

Architetture diverse

Quando si parla di teatro greco, non ci si riferisce ad una ma a più realtà. Accanto al teatro grande di Atena, vi erano molti altri edifici costruiti in diversi luoghi e lungo un considerevole arco di tempo. Non ci possono essere quindi due edifici simili, non esiste dunque nessun ideale di teatro greco! Per comodità possiamo dividere gli edifici esistenti in 4 principali tipologie: il teatro in legno prima di Eschilo, il teatro antico di Atene o teatro classico, il teatro ellenistico e il teatro greco romano.

Le tipologie in Grecia

I teatri in legno prima di Eschilo, nati molto prima del V sec. secondo ricerche più o meno recenti, furono costruiti su una pianta trapezoidale e non circolare. Essi avevano i gradoni che circondavano tutta la zona della danza (orchestra), forse anch’ essa di forma trapezoidale. Il teatro antico di Atene o teatro classico, che prese corpo nel V sec., è importante in quanto legato ai maestri dell’antica tragedia e commedia greca.  Il teatro ellenistico è così detto perché eretto da IV sec. in poi, soprattutto al di fuori della Grecia vera e propria. Nell’arte teatrale esso fa riscontro a quel movimento che simboleggia le conquiste di Carlo Magno.

Il teatro greco romano

Il teatro greco romano è chiamato così perché sorge in un momento in cui la civiltà greca, in declino, incontra la civiltà romana in rapida espansione. Queste quattro tipologie di teatro vanno tenute distinte poichè alcuni teatri appartengono esclusivamente ad un determinato periodo, potremmo dire che sono di passaggio.

Le fonti

Le notizie di questi teatri ci sono date principalmente da studi su fonti archeologiche e letterarie. Dalle prime non possiamo però determinare informazioni certe: basti pensare che i maggiori drammaturghi raggiunsero il loro apice verso la metà del V sec. a. C. mentre del Teatro di Dionisio esistono solo poche pietre. Le principali fonti letterarie sono due e vanno comunque usate con circospezione: il  trattato De Architectura dell’ architetto romano Marco Vitruvio Pollione, in 10 libri, dedicato ad Augusto, scritto probabilmente tra il 29 e il 23 a.C. V, e l’opera Onomastikón del grammatico greco Giulio Polluce di cui particolarmente famose sono le sezioni riguardanti le maschere ed i costumi greci (IV libro). Sebbene l’opera sia successiva al periodo classico del teatro greco cui molte voci dell’opera fanno riferimento, l’Onomastikón rappresenta una fonte di informazioni preziosa per la storia del teatro, ma anche per la storia degli usi, delle tradizioni e del folklore in generale.

Ulteriori fonti

Altre fonti, non meno importanti, sono inoltre i drammi stessi dei drammaturghi del tempo. Vitruvio e Polluce fornirono agli architetti del Rinascimento informazioni di primaria importanza. Ma attenzione: Vitruvio compose la sua opera generale sull’ architettura circa quattro secoli dopo Sofocle, Polluce invece compose il suo Onomastikón quasi due secoli dopo. E’ chiara l’evidenza che sia Vitruvio che Polluce non potevano parlare con cognizione diretta di quello che più ci interessa e cioè il teatro antico di Atene o teatro classico di cui cercherò di dare una sintetica ma chiara descrizione.

Il teatro antico di Atene o teatro classico

Pur volendo interessarci al solo edificio teatrale non possiamo non accennare allo sviluppo della tragedia e della commedia in Grecia, dei loro attori (tragoidoi) e dei loro drammaturghi (tragicom drama). Le origini della tragedia vanno ricercate nei cori ditirambici in onore del dio Dionisio. I ditirambi (componimenti corali della poesia greca) in origine erano rapsodici cioè di canto popolare epico, poi vennero poeticizzati forse da Arione di Metimma. Il ditirambo era un cantico da cerimonie eseguito dai seguaci del dio e diretto da un capo o guida. Successivamente Tespi trasformò questo capo in attore alle cui parole rispondeva il coro. Pian piano il coro cominciò a trattare argomenti non specificatamente legati al dio Dionisio.

La nascita del dramma

Nel VI sec. a.C. nacque il dramma che con l’andare del tempo maturò con l’aggiunta del secondo e poi il terzo attore fino a raggiungere apici con Eschilo, Sofocle e Euripide e altri autori minori. La commedia, dal greco antico komos, canto della gioia dionisiaca, nacque dal meno decoroso corteo buffonesco che consisteva in una processione spontanea, organizzata della cittadinanza, in onore del dio Dionisio e che terminava con un canto fallico. Il komos (festa), si svolgeva in una processione, un sacrificio e in un cantico che spesso avevano un andamento satirico. Durante questa festa la folla rispondeva al coro motteggiando. Più tardi, pian piano, si delinearono i due cori. Nella tragedia, quindi, era presente un coro e nella commedia invece due. In entrambi i casi il coro e le danze rivestivano un’importanza fondamentale.

Lo spazio scenico nel teatro ateniese

Prima di passare al focus del mio discorso è importante sottolineare che inquesto periodo: il termine teatro, derivante da theàomai ossia “vedo” e riferito all’azione degli spettatori, non era ancora usato. Ci addentriamo nella questione dello spazio scenico introducendo il teatro ateniese o teatro classico come una struttura architettonoca origininariamente dalla una forma molto semplice. All’inizio, probabilmente, era uno spazio livellato, circolare, con al centro un altare (orchestra), posto, per comodità degli attori, ai piedi del declivio di una collina.

Sviluppi nel tempo

Partendo da questa semplice struttura, il teatro greco si sviluppò con una certa logica. Seguirono inizialmente pochi sedili di legno, disposti sul bordo dell’orchestra, riservati alle personalità più importanti. Successivamente altri sedili (ikria), sempre di legno, addossati sul fianco della collina. Probabilmente essi erano di forma angolare così sempre di questa forma, quando la pietra sostituì il legno. L’introduzione del secondo e del terzo attore fece sorgere l’esigenza di costruire una capanna per i cambi, ma probabilmente, l’immediata vicinanza al tempio di Dionisio, non permetteva ciò. Per questo motivo, forse, si pensò di spostarla a nord. Spostamento che creò uno spazio libero dove fu montato un piccole edificio scenico in legno: la skenè.

Lo spazio della scena: la skenè

La skenè, inizialmente creata per i cambi, fu poi usata come sfondo scenico. Dapprima molto semplice, di legno e priva di ornamenti, divenne sempre più complessa. Ne abbiamo una del 450 a.C., costruita perfino su base di pietra. Essa aveva una lunga parete frontale interrotta alle estremità da due avamposti laterali chiamati paraskenia. Tra questi due avamposti, si presuppone l’esistenza di un palco molto basso e sopraelevato, di pochi centimetri, dal piano dell’orchestra. Subito dietro questo palco c’era il proskenion costruito con colonne di legno. Nella facciata della skenè si aprivano due o tre porte per l’uscita degli attori. Essendo essa molto più lunga del diametro dell’orchestra, si creò, tra il limite di quest’ultima e i sedili degli spettatori, uno spazio chiamato parados. Ai due lati della skenè, i parados venivano utilizzati sia per l’ingresso del coro che per quello degli spettatori, più tardi abbelliti con porte ornamentali. La skenè fu costruita prima su un basamento di legno, poi in pietra e a due piani di cui quello superiore, chiamto episkenion, venne adibito all’usato per le macchine. Il piano inferiore o logeion era invece il luogo invece dove si recitava.

Il teatro ellenistico

Nel corso del IV sec. a.C., in Grecia cominciarono a cambiare le condizioni sociali e con esse la forma del teatro. Sia la tragedia che la commedia subirono delle trasformazioni. Già in Euripide, l’elemento ritualistico cominciava a declinare, mentre una nota realistica si introduceva nelle situazioni drammatiche, i dialoghi e le trame inoltre, divenivano più intrigate. Il coro cominciava ad essere fastidioso: con i suoi elementi solenni ritardava l’azione e ostacolava lo slancio degli attori. La tragedia si trasformò via via in dramma o in ciò che più tardi, venne definito tragicommedia. Anche la commedia antica cominciò a trasformarsi per raggiungere la forma della Commedia Nuova: i personaggi erano ritratti più realisticamente e maggior acccento veniva dato alle vicende e gli intrecci. Nelle commedie di Meandro il coro rimase un misero residuo e continuo solo ad esistere solo come intermezzo. L’attenzione che i teatri vecchi avevano accentrano sull’orchestra, viene spostata in questo periodo sulla scena, luogo degli attori destinato a cambiamenti notevoli. Di lieve entità sono invece i cambiamenti riguardanti lo spazio destinato al pubblico: lo spazio dei sedili è leggermente prolungato in file perpendicolari al diametro dell’orchestra.

Lo spazio degli attori nel teatro ellenistico

Notevoli furono i cambiamenti pertinenti allo spazio destinato alla recitazione. Il palco basso diventò una piattaforma elevata di tre o quattro metri ,con sotto delle file di colonne, tra le quali venivano inseriti dei pannelli di legno dipinti. Anche la skenè si sviluppò con un conseguente miglioramento della scenografia: furono introdotti i pinakes, pannelli dipinti, inizialmente inseriti tra le colonie del proskenion, con pochi colori e semplici ornamenti. Sullo sfondo della skenè ,dove si trovavano delle immense aperture chiamate thyromata, vennero messi dei grandi pannelli ornamentali. L’assetto generale appena descritto ci è stato suggerito da una serie di pitture vascolari provenienti dalla Sicilia e dalla costa sud orientale dell’Italia. Qui si erano insediate le colonne greche tra le quali fiorirono le fliaci o phylakès. Le scene pur essendo piccole e in legno indicavano l’assetto fondamentale del teatro ellenistico.

Il teatro greco romano

Il teatro greco romano o teatro termesso (dalla città greca), nasce alla fine del secondo secolo a. C., con la cultura greca in declino, e quella romana in ascesa. L’architettura teatrale subisce delle piccole variazioni: la zona destinata al pubblico mantiene la vecchia forma a semicerchio protraendosi un po’ più avanti. Se si tracciasse il cerchio completo dell’orchestra questo toccherebbe la parte anteriore della skenè, mentre il palcoscenico si protrarrebbe fino alla metà circa del raggio. La fila più bassa dei sedili confina con l’orchestra come era solito e in fronte della skenè è allargato e più sontuoso. Il fronte palco rimane ancora spoglio con pannelli disadorni. Il palcoscenico si abbassa ma diventa più profondo fino a raggiungere anche sei metri.

Le macchine sceniche nel teatro romano

Nel teatro romano le rappresentazioni drammatiche iniziavano con il sorgere del sole, si tenevano quindi di giorno e all’aperto ma questo non deve farci dubitare sull’esistenza di macchine o artifici atti a produrre effetti scenici. Polluce ne menziona circa diciannove vediamone alcune:

• Le tre porte principali che poste sul fondo della scena, conducevano ad edifici immaginari. La p. regia o centrale che significava ingresso del palazzo da cui entrava il protagonista del dramma. La p. di destra che indicava l’ingresso alla stanza degli ospiti. La p. di sinistra, accesso al tempio in rovina o al deserto o alla prigione utilizzata da un attore di minor rilievo.

• I paradoi o eisodoi. Erano due ingressi sull’orchestra da cui arrivavano i personaggi. Un ingresso portava al foro e uno all’ ingresso della città.

• I periaktoi.  Prismi triangolari con una scena dipinta su ogni lato fissati su un perno centrale in modo da girare e simulare cambiamenti di scena. Collocati forse nei due ingressi laterali, quello di sinistra conduceva idealmente a passaggi lontani, quello di destra in spazi della citta a volte su cui si disponeva il Dio

• L’ ekkyklêma. Era una piattaforma su cui era sovrapposto un trono con forma semicircolare estratta per rotazione da una delle tre porte principali del palco. Era un espediente mediante il quale si poteva mostrare l’esito di un’azione svoltasi all’interno di un luogo come ad esempio il mostrare i cadaveri dopo un assassinio. Gli autori drammatici avevano infatti difficoltà a mostrare gli assassini poichè erano vietate le rappresentazioni delle uccisioni per ragioni religiose. Espediente drammaturgico era raccontare le scene di violenza o farle raccontate da un messaggero, spesso noioso e formale. Altro espediente era far ascoltare al pubblico le grida di dolore o di cattiveria provenienti da dietro la scena come accade ad esempio in Clitemestra.

• L’ exostra. Era una piattaforma simile all’ekkyklêma, non girevole bensì con delle ruote.

• La mechanè o theologion o corema o gru gancio. Era una carrucola posta in cima alla skenè sul lato sinistro della scena, usata per alzare ed abbassare le divinità utilizzata sovente per il deus ex machina.

• La skopè. Era probabilmente un posto in alto dal quale il (regista) poteva sorvegliare l’azione

• La distegia. Era un secondo piano o un tetto delle case

• Il Keraunoskopeion. Era macchina per simulare fulmini.

• La macchina per i tuoni consisteva in un recipiente in ottone dentro cui venivato fatte rotolare delle pietre.

• Il semicerchio. Era un’are presso l’orchestra che forniva la veduta di un paesaggio in lontananza.

 • Lo stropheion. Era un congegno rotante per mostrare eroi accolti dagli dei o morti in mare.

• La scaletta di “Caronte”. Era una o più botola posta nell’orchestra per far comparire o scomparire gli spettri.

Le maschere nel teatro antico

Di notevole importanza drammaturgica erano le maschere indossate dagli attori che avevano una doppia funzione: acustica, fungevano da cassa di risonanza, e drammaturgica. Le maschere lasciavano evincere l’età, lo stato d’animo e la condizione sociale del personaggio. Senza di esse l’attore non avrebbe potuto interpretare i molteplici ruoli. Esse fungevano inoltre da cassa di risonanza per la voce dell’attore: molto grandi e in legno, raggiungevano l’effetto megafono grazie alla bocca sempre spalancata. Nell’ Onomastikón Polluce ne descrive circa trenta per la tragedia e altre per la commedia.  Gli attori comici recitavano con la maschera come gli attori tragici ma senza l’onkos (acconciatura che torreggiava sopra la maschera), indossavano però il kolpona, cioè un imbottitura atta a conferire un aspetto ridicolo e non dignitoso e il chiton (tunica corta) così anche il mantello, scelta finalizzata a mettere in mostra il fallo simbolo della licenza dominante della commedia. Tutti gli attori calzavano il coturno, un sandalo con una suola di sughero o legno molto spessa atta a far sembrare l’attore più alto, egli più era alto e più era importante. Tutt’ oggi i coturni continuano ad essere usati nel teatro cinese moderno.

Uno squarcio di tempo

E’ doveroso aprire una piccola parentesi per il teatro che vediamo nella foto in alto: Il Teatro Greco o Teatro Antico di Taormina. Esso è sicuramente il monumento più rappresentativo e importante presente a Taormina. E’, per grandezza, il secondo Teatro più grande di Sicilia, dopo quello di Siracusa, ma è anche il più conosciuto al mondo ed il più ammirato. Lo squarcio che il tempo ha poi aperto lo ha arricchito della magnifica vista del golfo di Schisò e dell’imponenza dell’Etna che, col suo pennacchio imbiancato per gran parte della stagione, rende più pittoresco il paesaggio.

A partire dagli anni ’50 il teatro di Taormina è stato sfruttato per ospitare varie forme di spettacolo, dal teatro ai concerti, dalle cerimonie di premiazione del David di Donatello ai concerti sinfonici dall’opera lirica e al balletto. A chi di voi, scorrendo questo articolo, non è venuto alla mente, almeno una volta il nostro teatro all’ italiana? Ne parleremo presto, intanto vi aspetto al terzo appuntamento dove incontreremo Adolphe Appia e la sua rivoluzionaria visione dello spazio scenico.

                                                                   

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Bibliografia

  • Lo spazio scenico. Storia dell’arte teatrale. Allardyce Nicoll, Bulzoni Editore.
  • L’evoluzione dello spazio scenico, dal naturalismo al teatro epico. Franco Mancini, edizioni Dedalo.
  •    Lo spazio del teatro, Fabrizio Cruciani, Editori Laterza
  • Capire il teatro. Lineamenti di una nuova teatrologia. Marco de Marinis. Bulzoni Editore
  • Il teatro nella storia, Raimondo Guarino, Editori Laterza

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Giornalista e critica di danza, danzatrice, coreografa, docente di materie pratiche e teoriche della danza, docente di Lettere e Discipline Audiovisive. Laureata in Arti e Scienze dello Spettacolo e specializzata in Saperi e Tecniche dello Spettacolo all’Università degli Studi di Roma “La Sapienza”. Dal 1990 è direttore artistico e insegnante del Centro Studi Danza Ceccano e curatrice del ”Premio Ceccano Danza". E’ inoltre direttrice e coreografa della CREATIVE Contemporary Dance Company.