ROMA – Al Teatro dell’Opera di Roma è andata in scena la grande danza di Jerome Robbins, in una serata equilibrata in tre brani dell’autore americano, differenti ma legati da un fil rouge che ne racchiude il valore coreografico: l’essenziale eleganza.

Serata Jerome Robbins – dal 30 gennaio al 5 febbraio 2020 – è il secondo titolo di danza della stagione 2019/2020, un trittico che rappresenta un omaggio al prolifico coreografo – e regista premio Oscar per West Side Story – con l’intento di mettere in luce le sfumature di un linguaggio allo stesso tempo ironico e poetico, lineare e vigoroso.

L’appuntamento con questo tipo di serate della programmazione del teatro capitolino rappresenta una consacrazione fatta di necessità – e affetto artistico – fortemente voluta da parte della Direttrice del Corpo di Ballo, Eleonora Abbagnato, la quale sta gradualmente inserendo nel cartellone e nel repertorio titoli diversi, variabili, vicini al mondo contemporaneo.

Elegante – a tratti glamour – e deliziosamente comico, il brano di apertura di The Concert è un divertissiment che Robbins crea nel 1956 e in cui vengono rappresentate e idealizzate le reazioni di un pubblico danzante. L’atto unico propone una serie di personaggi che mediante alcune gag assumono comportamenti stereotipati e divergenti, dalla signora concentrata sulla musica che non si accorge delle situazioni circostanti, l’uomo ritardatario, le donne che disturbano il recital scartando caramelle e così via, fino alle citazioni rivisitate in chiave comica di suites di balletti famosi.

Creazione originale del 1970 per il New York City Ballet è invece il brano In The Night: un cielo stellato e tre pas de deux danzati sui Notturni di Fréderic Chopin. Una danza tecnica pura, privata di narrazione ma non per questo meno comunicativa dei sentimenti espressi dalle diverse declinazioni amorose delle coppie sulla scena. Per l’occasione di questo secondo brano dal repertorio di Robbins torna in scena la stessa Abbagnato in coppia con Zachary Catazaro, e con le altre due coppie costituite da Susanna Salvi insieme con Claudio Cosino e Rebecca Bianchi con Michele Satriano. I sei interpreti calcano la scena del Teatro Costanzi rendendosi generosamente interpreti di caratteri e caratteristiche diverse, sia come danzatori che come persone, riuscendo ognuno a brillare per la propria inequivocabile unicità.

In chiusura Glass Pieces, brano complessivo che riunisce Rubric, Façades (dall’album Glassworks) e Akhnaten di Philip Glass e che racchiude quindi sonorità impetuose e ipnotiche. Questo lavoro si assesta sul piano coreografico in maniera estremamente formale, dove le geometrie della scena e delle luci incontrano le frenesie dei movimenti dei danzatori. L’incontro, in realtà, si verifica su un piano sia storico che metodologico visto che ad unirsi e a mescolarsi sono i precetti del balletto classico con quelli della postmodern dance. Il finale della serata, whole evening, su Jerome Robbins, è quanto di più travolgente ci si possa aspettare, con 42 interpreti sulla scena impegnati in una danza colta ed energica su note ancestrali.

Il Corpo di Ballo romano, insieme con tutto l’allestimento comprensivo di scene dello stesso Robbins con Ronald Bates, musiche e costumi curati da Ben Benson, supera in maniera più che convincente la prova, con qualità e con la sobria eleganza a cui, dal 2015, ci ha abituati Eleonora Abbagnato.

Caterina Giangrasso

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