La Luna dei Borboni. Foto di Carlotta Bodini
La Luna dei Borboni. Foto di Carlotta Bodini

ROMA – “Tu non conosci il Sud, le case di calce / da cui uscivamo al sole come numeri / dalla faccia d’un dado”: sono i versi iniziali de La luna dei Borboni di Vittorio Bodini, una delle raccolte poetiche più originali ed innovative del dopoguerra ma dal 2021 anche l’incipit dell’omonima e ultima creazione del coreografo Fredy Franzutti. Il balletto ha debuttato al Teatro Vascello di Roma dal 23 al 26 novembre scorso, ottenendo grande apprezzamento da parte del pubblico. L’opera, in un atto, è ispirata alla raccolta poetica di Vittorio Bodini (Bari 1914 – Roma 1970), leccese di famiglia e di formazione, tra i maggiori interpreti e traduttori italiani della letteratura spagnola. Oltre che traduttore, Bodini è stato soprattutto un poeta che ha descritto la solarità della sua terra (Cade a pezzi a quest’ora sulle terre del Sud un tramonto da bestia macellata. L’aria è piena di sangue, e gli ulivi, e le foglie del tabacco, e ancora non s’accende un lume (…). Similmente alla voce poetica di Bodini, Franzutti ci invita a scoprire il suo Sud mostrandocelo come ne La luna dei Borboni: una terra fuori dal tempo, connotata da profumi e da sapori, abitata da anime semplici, come fantasmi invisibili al resto d’Italia.

Una coreografia ispirata alla raccolta poetica di Vittorio Bodini

Nel 1952 l’opuscoletto, ventotto liriche in sessantaquattro pagine, rappresentò una novità assoluta per il tempo. Il poeta intraprendeva una via diversa dal post ermetismo e dal neorealismo, aprendosi al reale senza rinunziare alla componente fantastica, simbolico, surreale, che era il retaggio della lirica novecentesca e che rientrava nelle corde più autentiche della sua creatività (Antonio Lucio Giannone). Con quest’opera Bodini, “tenendo in mano una penna e un rasoio”, come scrive il poeta lucano Rocco Scotellaro, crea un fatto nuovo nella poesia del Novecento. Purtroppo assente dalle antologie scolastiche e trascurato da quelle di lirica contemporanea, tra i pochi contributi, solitamente di critici, l’opera del coreografo Franzutti contribuisce a mettere in luce la sua poetica e fa fonte d’ispirazione in questa sorprendente creazione. La Luna dei Borboni, ballet-cult, è senza dubbio un capolavoro che si aggiunge alla rilevante produzione del Balletto del Sud, a cui va riconosciuto anche un merito divulgativo dell’opera del celebre conterraneo.

I danzatori si muovono come fantasmi del passato

I colori degli abiti, ingrigiti dal fumo e dalle luci, evocano un’atmosfera ultraterrena e i danzatori sembrano fantasmi del passato. In gruppo si spostano lungo il perimetro quadrato del palco eseguendo una sequenza cadenzata di movimenti molto semplici e naturali, impreziositi da un gioco a canone che richiama la ciclicità dell’esistenza. È la piazza del centro storico di Lecce, il quartiere Le Scalze, dove la vita si consuma coralmente: la processione del santo patrono, le danze della festa, gli amori che prendono fuoco dagli sguardi fieri e sfuggenti delle giovani coppie. La danza è fluida, si sposta nello spazio con passi strusciati, ancorata metaforicamente alla terra.

Un elogio alla semplicità

Sulla scena scorre un film in bianco e nero. È il Salento di Bodini rievocato da Franzutti: un Sud arcaico, di contadini e tradizioni, di persone semplici e di sani valori. La semplicità delle anime è tratteggiata da una danza lieve, fluida, dai movimenti lineari, puliti e riconoscibili. Caratterizzata da un “dinamismo pacato”, questa danza è un elogio alla semplicità. Nella scena scolorita dal tempo, un fiore rosso accompagna un nostalgico passo a due interpretato dai bravissimi Nuria Salado Fustè e Matias Iaconianni. Ci riporta al geranio dell’incipit poetico (… e i gerani – la pianta dei cornuti –) che il poeta e critico Gianmario Lucini, associa all’idea delle donne che passano molte ore affacciate ai balconi o alle finestre dove i gerani sono immancabili…  Luna (Nuria Salado Fustè) ci racconta di un’anima modesta ma anche orgogliosa e forte come le donne del Sud.

La musica altamente evocativa

La fisarmonica di Rocco Nigro sprigiona tutto il suo potere evocativo, assieme alla tromba (Giorgio Distante) e al basso tuba (Giuseppe Spedicato). L’ensemble accompagna inevitabilmente ad una dimensione teatrale a cui si associano alcuni versi e il canto. Quanto sono deliziose le tre ragazze (Alice Leoncini, Aurora Marino e Luana Panico) che in chiusura danzano sulle note della tradizionale Lu cunugghiu: una raffinata citazione etnomusicologica della pizzica salentina con cui Fredy Franzutti richiama le radici della sua terra.

Verso la nascita di un nuovo filone

Il balletto è un’opera poetica che rasenta la drammaticità. Seppur senza un intreccio compiuto, racconta la visione del Sud come paesaggio dell’anima. Un luogo fuori dal tempo, attraverso il linguaggio tutto nuovo della danza. Un linguaggio che non muove da una ricerca viscerale di nuove gestualità e nemmeno da tecniche predefinite. È unico nel suo stile, è legato al suo autore. La Luna dei Borboni è anche e soprattutto un meraviglioso contributo al teatrodanza italiano che potrebbe vedere la nascita di un nuovo filone, una nuova linea coreografica, in nuce, questa volta di matrice meridionale e riconducibile proprio all’opera di Franzutti.

Nuria Salado Fustè e Matias Iaconianni. Foto di Giuseppe Di Stefano.

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Giornalista e critica di danza, danzatrice, coreografa, docente di materie pratiche e teoriche della danza, docente di Lettere e Discipline Audiovisive. Laureata in Arti e Scienze dello Spettacolo e specializzata in Saperi e Tecniche dello Spettacolo all’Università degli Studi di Roma “La Sapienza”. Dal 1990 è direttore artistico e insegnante del Centro Studi Danza Ceccano e curatrice del ”Premio Ceccano Danza". E’ inoltre direttrice e coreografa della CREATIVE Contemporary Dance Company.