image​Gjergi Prevazi coreografo albanese è passato per Salerno, a “Quelli che la danza”, rassegna coreutica promossa dal Circuito campano della danza diretto da Mario Crasto De Stefano e realizzata in collaborazione con Ra.id., il festival guidato da Claudio Malangone. Un rassegna che quest’anno più che mai ha messo in evidenza artisti mediterranei.

Prevazi ha presentato a Salerno, con l’Albania Dance Theatre Company, il secondo capitolo della produzione “Extreme Makover – culture clash II”, una coreografia dedicata alla storia di una coppia in crisi. Il background familiare e le differenze culturali sono alla base dei loro problemi. In scena due bravissimi ballerini, Katharina Maschenka (tedesca) e Labinot Reshepi (albanese).

“Dopo il successo del solo, che aveva lo stesso titolo, interpretato e presentato con molto successo da Katharina Maschenka Horn in Albania, Austria e Italia – spiega Prevazi che incontriamo alla fine del suo soggiorno italiano – ho deciso di approfondire questa tematica partendo proprio dalle problematiche che nascono dagli scontri di culture ed etnie diverse nelle famiglie dove ci sono origini differenti e il progetto è piaciuto molto anche a Katharina e Labinot. Che l’anno sentito molto proprio”.

“​Per la realizzazione dello spettacolo ci siamo impegnati per un mese nella sede di Tirana – continua Prevazi – e la presentazione al German October Festival di Tirana, è stato un vero successo. Io penso che in un’epoca di globalizzazione, il problema legato all’integrazione sia di grande attualità. E l’arte ha l’obbligo di sensibilizzare il pubblico sull’attualità. Questo il motivo del successo soprattutto a Tirana dove il problema è molto sentito. Volendo vedere la questione in maniera più completa: l’Albania è inoltre un paese che cerca di integrarsi all’interno dell’Unione Europa ed è per questo che ci serve più conoscenza e maggior avvicinamento alle culture europee”.

Quattordici anni fa lei ha creato l’Albanian Dance Theater Company…

​”Si. Una scelta nata da una esigenza precisa, quella di portare nella mia terra la danza contemporanea, danza che è mancata nella mia terra per l’isolamento che il regime comunista del dittatore Enver Hoxha ha imposto al mio popolo per circa 50 anni. Anni bui della nostra storia, anni in chi era permesso praticare soltanto il balletto classico e la danza folkloristica.
La mentalità conservatrice che governava l’opinione pubblica e la mancanza di finanziamenti pubblici nel settore cultura e in particolare nella danza, hanno reso inizialmente molto difficile il nostro percorso. La prima fondazione che ha sostenuto il mio progetto, realizzato in collaborazione con gli studenti dell’Università delle Arti di Tirana, è stata la “Pro Helvetia” che ha permesso di mettere in scena i primi due spettacoli, “Transizione” e “Contraste” in collaborazione con i coreografi svizzeri Silvano Mozzini e Christiane Loch. ​La nostra attività è partita così. Ora abbiamo un repertorio molto vasto e i nostri spettacoli oltre che in Albania, vengono visti e apprezzati in Germania, Svizzera, Austria, Turchia, Macedonia, Bosnia e Herzegovina, Kosovo, Egitto e naturalmente in Italia”.

In Italia la cultura vive un momento difficile in cui si registrano forti tagli alle sovvenzioni. La danza più che mai viene penalizzata. In Albania in che situazione lavorate?

“I finanziamenti pubblici, per quanto riguarda la danza, in Albania sono molto simili ai vostri. E la danza è fortemente penalizzata, come in Italia, forse di più. Il governo non attua una strategia precisa e con rammarico devo ammettere che la maggior parte dei finanziamenti pubblici vengono destinati alla musica pop e agli spettacoli di piazza”.

​Se non sbaglio in Albania esiste un solo Festival di danza contemporanea e ad organizzarlo è lei…

“Purtroppo è così. Ho creato l’Albania Dance Meeting nel 2006. Fino al 2010 il Ministero della Cultura e il Comune di Durazzo l’hanno sostenuto permettendomi di farlo crescere. Nella prima edizione presentammo otto spettacoli, nel 2010, ben venticinque, ospitando compagnie note in tutta Europa. Poi la crisi ha fatto diminuire i finanziamenti al punto da rendere quasi impossibile la prosecuzione del progetto.
​Quest’anno, però, grazie al lavoro e alla tenacia dello staff che ho l’onore di dirigere, abbiamo deciso di rendere attivo il festival anche soltanto con l’aiuto di amici e simpatizzanti, però nell’edizione di ottobre 2014 presenteremo soltanto 6/8 spettacoli, come nella prima edizione del 2006. Invece di andare avanti siamo tornati indietro. E il ministero della cultura d’Albania ci ha offerto soltanto 4 mila euro, cioè il 7% del budget da noi richiesto”.

Quando ha capito che la sua vita l’avrebbe dedicata alla danza?

“La danza era il mio destino e la mia luce. Ho dedicato tutto alla danza. Mi ha dato tutto… dice il coreografo e ballerino ucraino Serge Lifar. E io concordo con lui.
​Dire come è nato in me l’amore per la danza è uguale a dire come è nata in me la voglia di vivere. Non ho memoria di questo, come non ho memoria della mia nascita. So solo dire che l’amore per la danza è l’ amore più grande della mia vita. Da quasi 35 anni conviviamo e non ci siamo mai lasciati. Io non ho avuto mai ripensamenti. Se avessi la possibilità di tornare indietro di 35 anni, rifarei la stessa scelta. La danza non mi ha mai deluso. Continua a darmi ogni giorno stimoli che permettono al corpo, all’anima e alla mente di esprimersi e di comunicare. Chi non riesce a provare queste sensazioni, credo perda molto”.

Tanti ballerini albanesi hanno trovato successo in Italia.

“Si, è vero. E c’è anche una spiegazione a questo. I nostri paesi sono molto vicini. Da noi si studia bene danza classica, ma non si trova il successo.In Italia chi ha talento e ha studiato viene riconosciuto e aiutato a sfondare”.

​Che cosa ne pensa dei talent show italiani?

“Secondo me la presenza della danza nelle trasmissioni televisive serve semplicemente a far parlare di danza. Anche se in maniera distorta. La danza è una cosa seria. E per sfondare nel mondo della danza ci vuole rigore e serietà. Questo dalla tv si percepisce poco”.

Raffaella Tramontano

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