Giuseppe Muscarello
Giuseppe Muscarello in una foto di Lorenzo Gatto.

Coreografo, danzatore, performer, Giuseppe Muscarello collabora da oltre vent’anni con compagnie di danza e con registi di cinema e teatro. La sua carriera da danzatore solista inizia nei primi anni ’90 e si sviluppa in molteplici e svariate forme. Dal 1995 al 1999 si specializza in danze aeree e acrobatiche danzando in numerose piazze europee. Svolge, poi, attività di formazione di danza e movimento scenico per danzatori e attori professionisti in tutta Italia.

Nel 1999 fonda e dirige Muxarte, compagnia di danza, e indirizza da subito il proprio lavoro verso la ricerca. L’influsso di diversi percorsi formativi prima ed esperienze artistiche poi, porta Giuseppe Muscarello a creare un gruppo di giovani artisti provenienti da realtà formative diverse. Lavorando su varie tecniche di danza contemporanea, ottiene così creazioni scaturite dalla personalità di ogni singolo elemento che, ad oggi, sono programmate in numerosi teatri e festival nazionali e internazionali.

Nel 2017 Muscarello fonda e dirige: ConFormazioni Festival di danza e linguaggi contemporanei, nel segno della divulgazione culturale e della formazione professionale. Si svolge ad aprile a Palermo creando un polo della danza contemporanea al sud e ospitando ogni anno compagnie tra le più significative del panorama della danza nazionale ed internazionale. Lo contattiamo per avere la sua testimonianza nell’ambito dell’inchiesta “Covid 19/Si cambia danza”.

Secondo Giuseppe Muscarello, l’assenza di pubblico dal vivo cambia la danza?

Non credo che l’assenza di pubblico dal vivo cambi la danza. Credo piuttosto che abbia dato dei nuovi strumenti digitali. Il beneficio che potrebbe derivarne è quello di arrivare al pubblico a casa, di diffondere in modo più ampio la danza. Concepire uno spettacolo per il digitale e quindi farlo arrivare a casa delle persone, questo è stato un bene.

Non ritengo che questo cambi il modo di concepire il teatro. No, non credo che l’assenza di pubblico dal vivo abbia cambiato la danza. Forse ha fornito nuovi modi di fruirne, nuovi spazi.

Anche io, quest’anno, ho pensato a nuovi spazi, che vadano a sostituire quelli museali. Quindi ho pensato a delle opere digitali. Tramite delle installazioni video, che hanno un biglietto meno costoso, la gente può comunque assorbire in modo efficace la danza.

Quanto le piattaforme streaming permettono di sperimentare e ottenere risultati artistici innovativi?

Lo permettono quando c’è connubio tra un corpo che danza e un’altra arte. Una qualsiasi opera digitale funziona quando c’è connubio tra due arti. Può essere l’incontro tra il danzatore e il videomaker, o ancora di più con chi sa usare il digitale. Così nascono nuove forme espressive, come sta già accadendo, legate appunto a più di una maestranza.

Lo spettacolo di danza tradizionale, se così si può definire, è costituito da un coreografo e dai danzatori, dal regista, dal costumista e così via. Adesso il digitale ha fatto sì che nascessero appunto nuove forme. Non è più soltanto il corpo a determinare il progetto artistico.

Ecco perché il teatro, lo spettacolo dal vivo, non potrà mai essere sostituito.

Dunque, Giuseppe Muscarello non ha timori riguardo la sopravvivenza dello spettacolo dal vivo?

No, nessun timore. La gente vuole uscire, non vuole stare a casa. Dopo aver passato tanto tempo chiusi in casa, e aver visto solo televisione, con la riapertura la gente vuole uscire per vedere uno spettacolo. No, non ho nessun timore anzi sono molto ottimista.

In che modo i canali tematici potrebbero sostenere in maniera efficiente lo spettacolo dal vivo durante e dopo la pandemia?

Potrebbero alzare il livello. Dipende da quanto lo vogliano, su cosa si indirizzano, che cos’è la danza. Perché se la danza è solo Roberto Bolle e ci sono solo le sue trasmissioni, ci rivolgeremo sempre e solo al popolino.

Bisogna far conoscere la ricerca. Tutto il mondo della danza è talmente variegato che non basterebbero dieci TV per approfondire questo mondo meraviglioso e le sue varie poetiche. Così come il teatro.

Lo vogliamo, lo vogliono? Chi comanda, chi decide? Nessuno rivendica e quindi siamo in mano ai politici e i politici fanno quello che interessa a loro. Il connubio politica e cultura è sempre stato un po’ fallimentare. Purtroppo è raro trovare un politico che abbia questa sensibilità.

Ritornando al pensiero artistico: sarebbe bello che anche la politica coltivasse il pensiero artistico. Rendere poetico, in qualche maniera, anche il modo di fare politica. È un po’ quello che diceva anche Pasolini: anche le istituzioni devono dare esempio di poesia.

Giuseppe Muscarello ritiene che la regione Sicilia sia adeguatamente sostenuta dalle risorse pubbliche?

No, purtroppo devo dire proprio di no. Faccio un esempio: io dirigo un Festival a Palermo che dal 2018 percepisce finanziamenti pubblici dal Ministero della Cultura. E ci sono alcune criticità: la prima è che il Ministero mi finanzia solo se l’istituzione locale mi appoggia, altrimenti non percepisco nulla.

E qui nasce un paradosso: in Sicilia non esiste un bando per i festival. Quindi la regione Sicilia è l’unica regione italiana che non prevede il bando per i festival. Dunque questo sostegno locale viene già meno.
Dopodichè, l’altra istituzione è il Comune di Palermo, che sostiene il Festival con un piccolissimo contributo, che ogni anno ottengo a fatica.

È molto difficoltoso in Sicilia essere appoggiati dalle istituzioni locali, e non so dire il perché. È molto faticoso, nonostante tu porti qualcosa che ha un valore culturale.

Cosa ne pensa delle politiche di sostegno alle imprese giovanili?

Penso che bisogna sostenere la formazione. Le politiche di sostegno dovrebbero soltanto creare possibilità di formazione e mettere i giovani in una situazione di preparazione al futuro.

Non basta dare dei soldi, bisogna formare i giovani. Dare loro un’opportunità di formazione gratuita. La miglior forma di sostegno è formare.

Se avesse il potere di risolvere i problemi del mondo della danza, cosa farebbe per prima cosa?

Adotterei nuovi criteri di formazione e creerei nuovi centri. Toglierei un po’ di risorse agli enti pubblici per darli ai privati.
È importante anche la formazione alla poesia: affiancherei allo studio della danza tutte le arti che hanno a che fare con la poesia.

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