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Gerarda Ventura: “Nulla sarà come prima, ma attenzione a non peggiorare”

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Gerarda Ventura, direttrice artistica di Anghiari Dance Hub (https://anghiaridancehub.eu/) è stata danzatrice, ed è organizzatrice e amministratrice. Dedita anima e corpo alla danza. Tante le sue esperienze professionali, le collaborazioni con realtà e istituzioni. Intensa anche la sua attività di scrittura e divulgazione intorno alla danza. Campadidanza Dance Magazine l’ha interpellata nell’ambito della Inchiesta Covid-19/Si cambia danza.

Il ruolo delle tecnologie nella danza

Gerarda Ventura è favorevole alle tecnologie digitali che hanno prepotentemente invaso il mondo dell’arte e, più specificamente, quello della danza? E’ favorevole al loro utilizzo quando la pandemia sarà finita?

Le tecnologie possono rappresentare un nuovo mezzo di espressione per lo spettacolo, ma bisogna tener conto che un cosa è la ripresa video di un lavoro, altra cosa un lavoro pensato per la ripresa video. Certamente le piattaforme potrebbero essere un nuovo modello di ritorno economico a fronte di numeri vicini alle migliaia, e non alle decine chiaramente. E ciò potrebbe permettere a tali piattaforme di aver addirittura la forza economica di investire nelle produzioni artistiche.

Pensa che la danza “a distanza” possa avere un futuro?

Potrebbe essere utile in luoghi poco raggiungibili, ma è impensabile che un docente insegni danza senza “toccare”, senza vedere da vicino. Senza ascoltare lo sforza di chi balla.

Il ritorno alla normalità

Come cambierà lo spettacolo dal vivo nei prossimi mesi e anni?

La pandemia ha tolto la polvere da sotto il tappeto. Dobbiamo sperare che niente sarà come prima, ma soprattutto che niente sarà peggio di prima. Secondo me è urgente innanzitutto formare artisti e fruitori: ognuno deve imparare a essere consapevole, rispettoso e aperto nei confronti dell’altro. La mancanza del pubblico, uno dei tanti cliché dialogici che esiste da anni intorno alla danza contemporanea, è un problema di formazione. Bisogna formare il cittadino alla cultura e alla fruizione del prodotto artistico: si tratta di fare un lavoro sistemico, molto più ad ampio raggio.

Ovviamente, chi programma deve conoscere il pubblico e scegliere spettacoli appetibili per esso, affiancando anche azioni che lo aiutino a conoscere e capire, l’artista che, a sua volta, deve avere consapevolezza del suo ruolo nella società, evitando di chiudersi in sé stesso e nel proprio lavoro.

Si dice che una crisi è sempre allo stesso tempo un pericolo e un’opportunità. Quali sono i pericoli e le opportunità di questo momento storico?

Il pericolo è che non cambi nulla, o peggiori addirittura. L’opportunità sta nel riuscire a modificare radicalmente sia le forme di creazione, sia quelle di fruizione, allo scopo di renderle più inclusive.

Se improvvisamente Gerarda Ventura avesse il potere di risolvere i problemi del mondo della danza, cosa farebbe come prima cosa?

Oggi, grazie alle azioni di sostegno al reddito per artisti singoli e realtà, FUS o extra FUS, abbiamo un’occasione d’oro: possiamo sapere nel dettaglio chi sono i lavoratori dello spettacolo e quali sono le strutture operanti sul territorio. Dunque, rivoluzionerei totalmente strutture e funzioni. Ai giovani darei strutture di sostegno per la loro crescita artistica e professionale, agli autori già consolidati proverei a garantire gli spazi per poter svolgere in serenità il loro lavoro. Infine, interverrei sulla formazione professionale e culturale, su tutti livelli, a partire dalla danza nelle scuole come materia di insegnamento.

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Danzatore, docente di danza e chinesiologo. Opera come performer e giovane autore in Borderline Danza di Claudio Malangone e collabora come danza-educatore con enti e associazioni. Attivo nel campo della ricerca pedagogico-didattica, porta avanti un'indagine sui vantaggi della danza come dispositivo di adattamento cognitivo e sociale.