Laura Feresin e Daniele Del Bandecca
Laura Feresin e Daniele Del Bandecca

Comincia tutto in un vicolo tra i più suggestivi del centro storico di Napoli, il Vico Purgatorio ad Arco o meglio conosciuto come Vico del fico al Purgatorio; una stradina stretta stretta che collega in maniera perpendicolare via dei Tribunali a via san Biagio dei librai e al cui imbocco si trova un monumento a Pulcinella. Cuore pulsante della Napoli storica questo crocevia ospita un teatro a dir poco suggestivo il TIN (teatro instabile di Napoli) diretto da Michele Del Grosso. Una forte luce piazzata ad illuminare un piccolo balconcino fa presagire che lo spettacolo comincerà per strada e allora il pubblico curioso si sistema lungo il vicolo in attesa che accada qualcosa: la Regina Bianca interpretata da Sabrina Davina, che poi ricoprirà anche il ruolo di bruco e lepre marzolina, dopo avere accennato qualcosa circa la memoria che va indietro, ma pure in avanti, raggiunge Alice che intanto si è affacciata ad un piccolo balconcino messo a disposizione da una famiglia della zona. Tutto comincia in maniera molto surreale e assistere al momento del caffè tra Alice, la Regina Bianca e il Bianconiglio, che pure si è unito a loro, rende bene l’idea di cosa sia in effetti un evento site-specific. Si tratta di una coreografia strettamente legata al luogo in cui va in scena e profondamente dipendente dalle caratteristiche uniche e peculiari di un posto, per cui, ne deriva che l’evento non è ripetibile in alcun altro luogo se non subendo profonde modifiche.

Piano piano entriamo nel piccolo teatro percorrendo una scala ripida di legno che porta una decina di metri sotto il livello della strada in un ampia stanza circolare con archi e volte a fazzoletto. L’odore di umido è così forte da far avere la sensazione di essere scesi nel tunnel fantastico insieme ad Alice e ai suoi compagni di avventura fin giù nelle viscere della terra. Il racconto di Lewis Carrol prende forma e ad uno ad uno i personaggi vengono fuori da una botola posta sul pavimento, che ahimé giocherà brutti scherzi ai danzatori per via di un problema inaspettato al meccanismo di chiusura.

Alice, alias Laura Feresin, dimostra di essere un’ottima interprete e di possedere una mimica, tanto facciale quanto gestuale, in completa sintonia con il personaggio che interpreta e con la musica che l’accompagna. L’ingenuità, la paura, lo sconforto e poi ancora la sfacciataggine di Alice vengono fuori in maniera chiara e precisa e raggiungono il culmine nella “corsa che non porta da nessuna parte” con la Regina Rossa interpretata invece dalla coreografa ed ideatrice Flavia Bucciero. La metafora del tempo è onnipresente e ricorda al pubblico l’inutilità di un affannarsi costante e reificante nel raggiungimento di qualcosa che è sempre di là da venire a scapito di un presente ignorato e neanche avvertito.

Seducente e ambigua la figura del bruco che stimola la coscienza e lo spirito critico di Alice tra enigmi e avvertimenti, unico elemento di disturbo la scelta di indossare orribili scarpe da ginnastica sotto un costume meraviglioso.  Elemento questo di forte disturbo che poteva essere facilmente sostituito da una scelta esteticamente più raffinata.

Poi arriva lui Daniele Bandecca, il Cappellaio Matto, con cilindro e mantello e uno stile jazz impeccabile a dare un ritmo frizzante e un accento da musical americano alla scena. Fiero e agile, tanto da avere la capacità di dilatare con le sue estensioni uno spazio troppo angusto e che spesso risulta penalizzante per la danza.

Ultimo personaggio ad entrare in scena è la Regina Rossa con la sua smania di tagliare le teste a chiunque e un’aria svampita e altezzosa convincente fino ad infastidire.

Buon rifacimento del romanzo inglese, fedele e diretto, ottimo il connubio tra musica e testi, cosa è mancato? La capacità di mantenere la napoletanità di Alice durante tutto il lavoro così come ci si aspettava dal titolo.

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