Into The Hairy di Sharon Eyal e Gai Behar- L-E-V.

SPOLETO – “Non voglio vedere la coreografia, voglio vedere la magia. Voglio sentire e voglio che le persone sentano quello che voglio dare loro”. E proseguendo, “per quanto mi riguarda, forma mentale, impegno fisico e tecnica di danza sono un tutt’uno. Quando si è esausti, quando i muscoli sono come in fiamme, l’emozione sale in superficie e diventa impossibile fingere o costruire un discorso. Si può essere solo nel presente”.

(Sharon Eyal – dal libretto di sala curato da Marinella Guatterini)

Il debutto al Teatro Nuovo di Spoleto

Il debutto di Into the Hairy, lo scorso 30 giugno, alla 66esima edizione del Festival di Spoleto è stato una straordinaria riprova della bravura di Sharon Eyal autrice, insieme a Gai Behar, della nuova creazione della L-E-V.

Per cinquanta minuti sette danzatori, tre donne e quattro uomini, si muovono all’unisono, in gruppo sotto una cappa di luce, senza pausa accompagnati da un battito incessante dai ritmi dubstep e soul di Koreless, l’autore inglese chiamato appositamente alla creazione della partitura. La sua musica domina e guida la danza ma senza sovrastarla.

Quanto può ancora fare il corpo insieme alla musica?

Into the Hairy, ce ne dà una dimostrazione. I movimenti sinuosi, continui, carichi di forza, sembrano passare da un danzatore all’altro senza interruzione. In corpi si fondono spesso in un tutt’uno attraverso le braccia “caleidoscopiche”, mentre le gambe ubbidiscono per la maggior parte del tempo ad un movimento “base” che li obbliga su una mezza punta ed un tallone a terra. L’effetto “claudicante” viene meno grazie ai movimenti decisi e ampi del bacino che restituiscono plasticità ad ogni parte del corpo. I visi scompaiono nell’oscurità per riapparire più comunicativi ogni volta di più. Come una danza rituale, il balletto lascia lo spettatore appeso all’evento e all’attesa di qualcosa che sta per accadere.

I danzatori si muovono come alieni negli abissi marini

Into the Hairy, tradotto letteralmente “Dentro il peloso” svela quanto di bello e salvifico possa essere ciò che è nascosto al buio, nel difficile o nello scabroso.

L’immagine del “dentro” è restituita allo spettatore sin dall’inizio. Il sipario si apre su uno spazio ampio ma chiuso, senza quinte, un nero intenso che ben nasconde i danzatori già avanti sulla scena. Ma è un attimo: un battito di musica e un lampo di luce danno inizio alla “magia”. Il movimento sinuoso dei corpi e le luci a cascata sul gruppo, per il primo minuto lascerebbe immaginare delle creature aliene negli abissi marini ma poi prevale una matrice tribale e, fino alla fine, come in un rituale magico, i corpi danzano scomparendo nel buio per riapparire subito dopo più forti ed energici. Probabilmente anche i costumi della Christian Dior Couture giocano a dare l’impressione straniante, quasi aliena dei danzatori.

Da non trascurare poi l’eredità “Gaga” di Naharin, anche se qui i danzatori, usano il corpo fino all’impossibile per tutto il tempo e, senza scadere nel circense, sembrano far danzare in scena il loro avatar.

In “Dentro il peloso” il piacere del sesso e dell’amore

“Dentro al peloso” c’è dell’altro, il piacere del sesso e dell’amore, il corpo e l’anima che si fondono durante l’amplesso, l’immagine dei due danzatori che si uniscono dentro il gruppo senza dividersi dal gruppo ricorre al centro e alla fine della coreografia. L’unione avviene con l’aiuto degli altri che concorrono affinchè avvenga l’accoppiamento. Il gruppo fa pensare allora ad un cuore proprio, come il nome della compagnia L-E-V, nella sua forma e nel suo ritmo. Per cinquanta minuti Into the Hairy scandisce una danza propiziatoria d’amore.

Iscriviti alla Newsletter

Giornalista e critica di danza, danzatrice, coreografa, docente di materie pratiche e teoriche della danza, docente di Lettere e Discipline Audiovisive. Laureata in Arti e Scienze dello Spettacolo e specializzata in Saperi e Tecniche dello Spettacolo all’Università degli Studi di Roma “La Sapienza”. Dal 1990 è direttore artistico e insegnante del Centro Studi Danza Ceccano e curatrice del ”Premio Ceccano Danza". E’ inoltre direttrice e coreografa della CREATIVE Contemporary Dance Company.