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Ezio Schiavulli: “Per riavere il pubblico si dovrà uscire dai teatri”

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Ezio Schiavulli, direttore artistico dell'Associazione culturale RiESCo
Ezio Schiavulli, direttore artistico dell'Associazione culturale RiESCo - Ricerca e sviluppo coreografico

“Nella ripresa innanzitutto dovremo pensare come far tornare gli spettatori a teatro. Per riavere il pubblico, non si potrà restare chiusi nelle sale, si dovrà uscire fuori”. A parlare è Ezio Schiavulli oggi direttore artistico dell’Associazione culturale RiESCo – Ricerca e sviluppo coreografico (www.associazioneriesco.it) che, attraverso numerosi progetti, ha lo scopo di offrire un ampliamento professionale per la formazione di danzatori e insegnanti della regione Puglia, avvalendosi anche della collaborazione di professionisti della danza del territorio pugliese sensibili all’evoluzione e alla crescita artistica di tutto il territorio.

Originario di Bari, Schiavulli è danzatore, coreografo e promotore. Dopo aver frequentato l’Accademia delle Arti Sceniche di Milano diretta da Susanna Beltrami, prosegue la sua formazione presso la London Contemporary of Dancing e presso il Centro della Danza Aterballetto. Collabora in seguito con diversi coreografi e registi internazionali: Franco Branciaroli, Susanna Beltrami, Loris Petrillo, Mark Baldwin, Bruno Agati, Yvann Alexandre, Blandini ‐ Battezzato, Olivier Py, Grand Teatro di Ginevra, Lionel Hoche, Lena Josefsson, David Drouard, Caroline Bo, Farid Ounchiouene.

Nel 2007 fonda la Compagnia Ezio Schiavulli in Francia con l’obiettivo di sviluppare un lavoro di ricerca su differenti linguaggi e forme d’ arte, coinvolgendo vari artisti e ricercatori. Nel 2013 costituisce EZ3 Diffusione Coreografiche sul territorio pugliese.

Come purtroppo sappiamo, l’emergenza sanitaria causata dal Covid-19 ha bloccato ogni settore produttivo, quali immagina saranno le conseguenze nel mondo della danza?

Sicuramente ci saranno dei cambiamenti e a questo punto me lo auguro. La danza, come altre forme di arte, ha un ruolo fondamentale, in questo momento ancor più di prima: deve ricucire il tessuto sociale e ritrovare la solidarietà umana messa in crisi dal disagio sanitario. La danza dovrà ritrovare il pubblico e infondere fiducia nella gente e ci riuscirà, nonostante questo momento così tanto fragile.

Questo blocco ha sospeso molte attività, fra cui anche quelle dell’Associazione RiESCo che lei dirige: quando spera di poter ripartire e quale strategia prevede di mettere in atto?

Purtroppo ci vorrà un bel po’ di tempo. Io, personalmente, mi auguro di costruire qualcosa per quest’estate e non abbandonare tutto ciò che in questi mesi è stato apparentemente perso. I progetti dell’Associazione RiESCo coinvolgono numerose città della Puglia: il mio desiderio è ricucire questo territorio tanto ampio attraverso la danza e l’idea di unione che essa comporta; creare una comunità, una rete e non a caso uno dei nostri progetti si chiama proprio Network. Ecco quindi, questa sarà la mia prima strategia: riavvicinarmi al territorio e ripristinare il senso di comunità.

L’Associazione RiESCo è attiva sul territorio pugliese, ma ha una dimensione anche internazionale. Quando il virus sarà sconfitto qui in Italia, potrebbe essere ancora presente all’estero. Cosa prevede che accadrà? Resteremo isolati?

Non credo, secondo me ci sarà un effetto a catena. Certo, c’è stato un tempo di reazione diverso, ma non penso che resteremo isolati. E poi a mio parere abbiamo talmente tante cose da re-immaginare, ricostruire, rielaborare sul nostro territorio che, anche se c’è un tempo di scarto fra un paese e l’altro, non è così grave.

Ritiene che i provvedimenti adottati finora dal Governo siano sufficienti ad aiutare i lavoratori dello spettacolo?

L’Associazione, per esempio, collabora molto col territorio francese e sicuramente lì l’epidemia è esplosa con dieci giorni di scarto rispetto all’Italia, ma la Francia ha molte risorse, costruite anche negli anni precedenti, e certamente l’industria culturale francese si rialzerà in fretta. Quindi non credo che il territorio italiano rimarrà isolato per lungo tempo.

Nulla è sufficiente perché le volontà di noi danzatori sono tante e ci piacerebbe costruire sempre di più. Adesso, per quella che è la situazione attuale, io penso che ne’ il Governo, ne’ tanto meno noi operatori siamo consapevoli di quello che necessiterà domani l’industria culturale italiana. Si tratta di riflessioni che dobbiamo ponderare in fretta e trasformare in richieste concrete in modo da capire se il governo italiano, le amministrazioni varie saranno in grado di sostenere le nostre volontà, i nostri bisogni. Quindi, quello che ad oggi è stato fatto sicuramente non è all’altezza delle volontà di noi danzatori per ricostruire il territorio ma d’altra parte, probabilmente, noi non siamo ancora pronti a elaborare qualcosa di concreto rispetto alle necessità.

Lei pensa sia giusto trasmettere online un’arte che nasce per essere fruita dal vivo?

Perché no: in questo momento di emergenza, che nessuno avrebbe mai immaginato, va bene anche l’attività online, purché l’arte viva. Diventa però una preoccupazione personale se dovesse in futuro essere tutto solo sul web, in quel caso no: sarebbe poi una grave perdita di umanità.

Al momento che il disagio è notevole e c’è necessità di rivederci, di non smettere di danzare, questo lavoro online ben venga. Ma mi auguro che tutto ciò ci consentirà di tornare a danzare insieme, da vicino, con ancora più voglia di prima; perché se invece la danza restasse solo sul web, avremmo una regressione.

Fra gli obiettivi dell’Associazione RiESCo c’è anche l’inserimento dei giovani danzatori nel mondo del lavoro: quali problematiche immagina dovranno affrontare una volta terminata l’emergenza sanitaria?

Temo che saranno proprio loro ad avere i maggiori problemi. Penso che spetti a noi sostenere i giovani danzatori, ma ora c’è poco da fare. Oggi bisogna soltanto riflettere su come farlo: sicuramente offrire loro lavoro duraturo e non soltanto momenti di gloria, perché altrimenti questo coronavirus non avrà fatto altro che creare una parentesi. Significherà ripartire e ritrovarsi come prima, con le stesse problematiche, con gli stessi dubbi, con gli stessi difetti. Dobbiamo soffermarci adesso su che tipo di rilancio, che tipo di sostegno dare a questi ragazzi, giovani ma anche meno giovani.

Il coronavirus ha provocato e continua a causare vittime? Tutto sembra nero. Ma forse proprio in queste occasioni si trova la forza di un cambiamento.

Ne sono convinto, non tutti i mali vengono per nuocere. Il Covid-19 ha costretto tutti a fermarsi e a riflettere. Ha interrotto il ritmo vorticoso della routine. Ora sentiamo tutti l’esigenza di un cambiamento e dobbiamo pensare al “come” rilanciare la nostra vita. Quindi si, io sono di questo parere, che ora sta a noi trovare nell’esperienza che stiamo vivendo l’energia per migliorarci. Nonostante sia dura, dobbiamo pensare a come ripartire.

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