Mise en scène et chorégraphie : Pina Bausch Danseurs du Tanztheater Wuppertal - Décors : Peter Pabst - Costumes : Marion Cito - Dramaturgie : Raimund Hoghe - Musique : Franz Schubert, George Gershwin, Franz Lehar, Louis Armstrong, Sophie Tucker, Quincy Jones, Richard Tauber Coproduction, accueil : Opéra de Lyon, Biennale de la danse de Lyon

Oggi, nel bellissimo Teatro dell’Accademia di Belle Arti di Napoli, si è svolto l’incontro con Dominique Mercy e Andrés Neumann, invitati dall’Associazione Chiaradanza, diretta da Linda Martinelli, e dalla regista e coreografa Anna Redi.

Dominique Mercy ha lavorato (e lavora) con il Tanztheater Wuppertal Pina Bausch fin dal 1974 ed è per questo prezioso testimone di quello che è stato, a livello storico-artistico ed umano, il fenomeno del teatrodanza ideato dalla Bausch.

I giovani danzatori, attori ed artisti di ogni tipo, di Napoli e dintorni, hanno potuto approfittare di questa splendida iniziativa concretizzata nella presentazione del lavoro della Bausch grazie all’ incisivo intervento di Anna Redi, di Neumann (produttore, curatore e manager della Compagnia tedesca) e dello stesso Mercy.

Si è visto tutti insieme il bellissimo e toccante film dal titolo Die Klage der Kaiserin (“Il lamento dell’imperatrice”), che fu realizzato da Pina alla fine degli anni ’80 per essere distribuito a partire dal 1989.

Il film ha lasciato il pubblico senza fiato, sia chi non aveva mai assistito a questa pellicola sia chi lo aveva già visto più di una volta. Il film lo si scopre dettaglio per dettaglio ogni volta che lo si rivede, è la testimonianza del tipo di lavoro artistico che la Bausch svolgeva con i suoi danzatori.

Gli scenari sono quelli della campagna e del centro cittadino di Wuppertal, della sala prove e dei teatri, come una sorta di immagini che si riuniscono nel collage di un luogo e contemporaneamente “non luogo” della visione bauschiana. Le campagne e le colline, gli animali al gregge, le macchine ed i semafori bagnati dalla pioggia si giustificano con il linguaggio musicale e del corpo.

La colonna sonora, infatti, ripetitiva, è simbolo di un’ossessione e di una ricerca, ogni personaggio ricerca e rincorre qualcosa o qualcuno in preda alla follia, alla disperazione, alla risata isterica, alla protezione di se e dei propri figli, all’ostentazione dei piaceri del corpo.

Ognuno vive ed infatizza il suo “malanno” fisico o mentale.

Dominique Mercy, anch’egli personaggio del film, insieme agli altri danzatori della Compagnia, racconta al pubblico curioso, al termine della proiezione, che il film è tutta una grande improvvisazione, che i personaggi che lui fu chiamato ad interpretare, secondo il volere di Pina, non rispecchiavano affatto la sua persona, anzi.

Ma lui li ha interpretati senza chiedere nulla, senza fare domande o pensieri. Così si lavorava con Pina: si faceva, si esplorava, si metteva in comune per vedere il percorso di ogni nuovo progetto, di ogni idea dove avrebbe portato, senza curarsi di fare grandi cose.

Eppure, nella ricerca spassionata di una semplicità umana, grandi cose furono fatte dalla Compagnia della Bausch in più di 40 lavori e creazioni.

La Compagnia e le sue creazioni sono state un punto di svolta nella danza contemporanea, hanno iniziato a sperimentare quella mistione di linguaggi che ora si fa fatica a ricercare. Oggi i giovani coreografi, registi e sperimentatori hanno paura di rompere gli schemi del codice, di aprirlo per accogliere anche altro, oppure per raccontarsi, per diffondere una propria memoria.

La Bausch proponeva ai danzatori un repertorio che attingeva alla sua memoria personale dal sapore profondamente umano e questo rendeva i suoi lavori eccezionali.

Questi lavori sono diventati, appunto, repertorio che continua a girare in tutto il mondo, arricchito anche da nuove creazioni fatte da nuovi coreografi, dopo la morte di Pina.

Dopo la morte di Pina, appunto, racconta Dominique, c’è stato un periodo di assorbimento del lutto per poi portare una riformulazione all’interno della compagnia e delle creazioni, cercando, appunto, per decisione di tutti, di portare un po’ di novità all’interno della realtà creata dalla Bausch.

Dominique racconta che Pina era sempre immersa, giorno e notte, nel lavoro, che quando cominciava un progetto, convocava i danzatori e per prima cosa si scusava di tenerli sotto impegno e di preoccupava di fare qualcosa di “piccolo”, poi, quando si stava nel vivo, lei ogni notte pensava alla musica, al movimento, al tema da proporre la mattina dopo alle prove, era costantemente nel lavoro, forse troppo, non si abbandonava mai e non abbandonava mai le cose in modo tale che potessero fluire da sè.

Però, per sua scelta, si metteva dalla parte del pubblico, rafforzava l’occhio esterno per valorizzare l’efficacia dei lavori.

Il suo era un “sacrificio”, dice Dominique, sacrifico di stare costantemente nell’azione. Ma la parola “sacrificio”, fa notare la Redi, contiene il fare qualcosa di sacro, e quindi di grande, di universale.

Mi sono sentita, da spettatrice, in un’aurea di storia, in cui poter toccare qualcosa che è successo molto prima della mia nascita, ma che si è radicato anche in me che ho scelto di fare lo stesso percorso. Mi sentivo nel momento giusto e nel posto giusto per assorbire qualcosa di fondamentale.

Io come tutti i giovani artisti presenti, non tanti, a mio avviso, rispetto a quelli che operano in questa città.

Occasioni del genere non vanno perse!

Dominique Mercy nei prossimi tre giorni condurrà un laboratorio di danza contemporanea con 25 danzatori selezionati su curriculum, con cui farà un training che prevede sbarra classica e lavoro coreografico a partire dal suo ultimo assolo, presentato a Roma in questi giorni. Un plauso a Linda Martinelli e Anna Redi per aver lavorato a questo progetto.

 

 

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