Campadidanza Dance Magazine ha lanciato anche quest’anno “DANCE REWRITE – Bando di giornalismo e ricerca”. Un bando rivolto a coreografi, danzatori, performer ed insegnanti di danza, così come studenti, ricercatori, operatori sociali, docenti e a chiunque volesse contribuire ad una nuova e diversa visione della danza.

Ai partecipanti under 35, della seconda edizione, abbiamo chiesto di scrivere un articolo scegliendo fra tre ambiti di scrittura: “Danza, nuove tecnologie e media”; “Interviste: la danza o uno spettacolo raccontati da un danzatore, coreografo o musicista”; “Artista contemporaneo vivente dal secondo Novecento in poi”.In tanti hanno risposto e, alla fine, una giuria di esperti composta da Rossella Battisti, Elena Cervellati, Alessandro Toppi, Lorenzo Tozzi e Raffaella Tramontano ha scelto i vincitori. Di seguito l’articolo scritto dalla vincitrice della sezione “Danza, nuove tecnologie e media”, Ludovica Taurisano.

Gli articoli vincitori saranno pubblicati anche sulle testate partnership Il mondo della musica, Il Pickwick e Theatron.

Buona lettura!

Wuppertal pesca in archivio e mette in scena sul sito 47 performance

Nell’anno della pandemia Pina Bausch avrebbe compiuto ottant’ anni. La morte avvenuta nel 2009, le ha risparmiato questa specie di abrasione perenne che ha segnato questi mesi. Prima attoniti, poi rabbiosi e di nuovo inchiodati, in una coreografia globale dell’umano, abbiamo visto la fortuna distribuire i ruoli come è solito fare: bendata. Così, tra i moltissimi che sono stati privati della cittadinanza nel regno del mercato economico, i ballerini apolidi hanno dovuto rifugiarsi nel terreno impervio del digitale.

Non sottratti alla condanna neanche i membri dell’ensemble di Wuppertal, sineddoche della danzatrice di Solingen la cui eredità non è stata risparmiata dalla scarnificazione su schermo piatto. A settembre, all’Opera House, il gruppo ha presentato “He Takes Her By The Hand And Leads Her Into The Castle, The Others Follow”, pièce ripresa per la prima volta dopo il debutto nel 1978. Unica parentesi fortunata tra le dure restrizioni che hanno impedito le esibizioni live e costretto la macchina comunicativa del Wuppertal alla navigazione nel mare crossmediale dei social.

 Attraverso Instagram e Facebook, dopo i primi rammaricati annunci di cancellazione, il Wuppertal ha affondato le radici in archivio, guardando alla stagione appena trascorsa ed esplicitando, quasi filologicamente, le date dei debutti e delle creazioni originarie della maestra tedesca. Di recente una nuova sezione è comparsa sul sito pina-bausch.de, under construction, per promuovere una serie di 47 performance digitali che ha coinvolto 200 artisti e raccolto 27.735 spettatori.

Il progetto di mediateca è stato poi affiancato dal podcast “Let’s talk about dance”, serie di interviste condotte da Marc Wagenbach, prima assistente di Pina Bausch e poi Director of Research per la Pina Bausch Foundation: tra gli ospiti, al fianco dei ballerini, tutto lo staff e gli artisti invitati a riflettere sull’eredità di Pina Bausch, sulla possibilità espressiva della danza, sulla sua opacizzazione nel dibattito pubblico e sull’ignoto futuro. 

Un rapporto, quello con la conservazione digitale, che ha consentito agli allievi di qualificare l’eredità storica del tanztheater e assimilarla per osmosi anche quando la sua creatrice è scomparsa. Ma se la riproducibilità tecnica dell’opera d’arte ha il merito di conferire immortalità visibile a un repertorio prezioso, rimane strategia collaterale a un’esperienza che, per sua natura, nasce e si consuma nel momento stesso in cui è vissuta, e per la quale ogni momento di profitto – anche economico – richiede un momento di investimento.

Questa sacralità dell’istante si diluisce nel tempio della cultura visuale, perimetro in cui le immagini non sono soltanto fotografia del passato, ma ritraggono una bozza di presente. Pur riconoscendo la danza come “azione di base” che non necessita di mediazioni, si deve fuggire la tentazione di ridurla a esibizione fisica, oscurando il peso che la corporeità assume in un contesto assembleare e perciò politico. La ritenzione del movimento, anche quando inserito in una struttura comunicativa che ne restituisce efficacia estetica – come sui canali del gruppo artistico tedesco – rimane una ferita aperta nel teatro di esperienza (erlebnis) che era la ragione vitale dei pezzi di Bausch.

 Nessuna condivisione moltiplicata può superare il limite di una percettività di superficie per un pubblico distante, perché il corpo esausto dei danzatori si annienta nella codificazione virtuale del gesto. Il rischio è di smarrire l’eloquenza dell’ausdruckstanz, di quella danza che è espressiva quando vissuta in prossimità nel rituale comunitario.

A. Amaducci, Screendance. Sperimentazioni visive intorno al corpo tra film, video e computer grafica, Kaplan, Torino 2020

W. Benjamin, L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica, Einaudi, Torino 1991

J. Butler, L’alleanza dei corpi. Note per una teoria performativa dell’azione collettiva, Figure Nottetempo, Milano 2017

A. C. Danto, Basic Actions, in American Philosophical Quarterly, II, 1965, 2, pp. 141-148

W. Dorigo, Ricerca sulel contraddizioni delle arti nel mondo contemporaneo, in Condizioni e ruolo delle arti contemporanee nella crisi di trasformazione del mondo, La Biennale, Annuario 1976. Eventi del 1975, Biblioteca ASAC, Venezia

A. Pinotti, A. Somaini, Cultura visuale: immagini, sguardi, media, dispositivi, Einaudi, Torino 2016

P. Ricoeur, Sé come un altro, Jaca Book, Milano 1993

Ludovica Taurisano

Vincitrice del concorso Dance Rewrire 2021 per la sezione “Danza, nuove tecnologie e media”

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