Cristiana Camba, direttore artistico di FIND Sardegna
Cristiana Camba, direttore artistico di FIND Sardegna. Foto di Dietrich Steinmetz

Il Festival Internazionale Nuova Danza, FIND, è ormai un attesissimo appuntamento e vanto culturale per la città di Cagliari entro il panorama europeo. Dal 1983 valorizza la danza internazionale attraverso una visionaria capacità di anticipare evoluzioni e tendenze artistiche. Tra le peculiarità del Festival, spicca l’irruzione della danza entro spazi urbani: i danzatori si esibiscono in performance sui bus o nelle vetrine dei negozi.

Abbiamo intervistato il direttore artistico del FIND Cristiana Camba, che ha raccolto l’eredità spirituale di Paola Leoni, per domandare la sua opinione in merito all’emergenza che stiamo vivendo.

Sin dalla sua fondazione, avvenuta 38 anni fa, il FIND ha uno stretto rapporto col territorio, accogliendo anche artisti locali: come stanno reagendo a questa emergenza? Teme che la loro creatività possa risentire delle difficoltà di questo momento storico?

Assolutamente sì, ne risentiamo tutti. Un artista ancor di più poiché si nutre di quegli stimoli che stando a chiusi in casa vengono meno. Al contempo, però, gli artisti sono straordinari e, anche se costretti entro quattro mura, trovano sempre la forza per danzare. Attraverso i video delle performance che realizzano a casa propria, ci ricordano che solo l’arte e la danza possono salvarci in questo momento.

Il FIND, Festival Internazionale Nuova Danza, si svolge in autunno ma la sua preparazione dura tutto l’anno. Che impatto ha il Covid-19 sui lavori di preparazione del Festival?

Nonostante manchino ancora mesi all’autunno, purtroppo non siamo in grado fare previsioni. Non sappiamo se questo lockdown durerà a lungo e, soprattutto, non abbiamo idea di come dovremo comportarci una volta terminata l’emergenza. La piccola ripartenza che stiamo vivendo vale come un esperimento.

All’interno del FIND ospitiamo anche compagnie estere o comunque provenienti da altre regioni d’Italia. Non siamo in grado di prevedere quali di queste potranno partecipare poiché la situazione muta di giorno in giorno e varia sensibilmente anche in base alla regione, alla nazione.

Non possiamo far altro che aspettare e monitorare lo svolgersi degli eventi.

Quale strategia metterà in atto per consentire al Festival di svolgersi in autunno come per le edizioni precedenti?

Ci sono diverse opzioni da valutare. Si sta pensando, ad esempio, di trasformare i festival in modo che possano svolgersi esclusivamente in spazi urbani, all’aperto. Potrebbe essere un’idea, anche se comporta modifiche sostanziali a programmi che sono stati già stilati, approvati e resi noti. Non è facile cambiare il programma di un festival, bisogna contattare molte compagnie in poco tempo. In ogni caso, farò il possibile affinché il Festival possa svolgersi come sempre in autunno. Sarebbe molto importante poiché da esso dipende il lavoro di tantissime persone.

Quella che stiamo vivendo è sicuramente una crisi economica, ma non va dimenticato il nostro aspetto più umano. È questo che ci porta ad essere degli artisti, a scegliere degli spettacoli piuttosto che degli altri. Quando il peggio sarà passato, resteranno ferite psicologiche profonde, perciò è importante valorizzare al massimo le persone in questo momento. Se viene a mancare la nostra umanità, non potremo ricostruire nulla.

La danza sarà fondamentale per ricostruire. Già adesso, durante la quarantena, ci è di grande aiuto per affrontare le difficoltà che questo periodo ci impone. Sarà senz’altro essenziale dopo per rimpossessarci del nostro lato umano.

Si teme che, quando le attività riprenderanno tutte, dovremo usare a lungo misure precauzionali. Che effetti avrà il distanziamento sociale su di un festival che si svolge anche in spazi urbani e che è parte della quotidianità della città di Cagliari?

Temo che alcune delle attività che svolgevamo in spazi non convenzionali dovranno essere modificate o addirittura rimandate. Penso, ad esempio, alle performance che si volgono dentro gli autobus, queste potrebbero essere considerate pericolose. Altre le vedo più fattibili, come ad esempio quelle nelle vetrine, o anche la danza urbana che si svolge nella Piazza Umberto I. È una piazza molto grande, si potranno adottare misure precauzionali più facilmente e faremo di tutto per farle rispettare.

FIND ha anche una dimensione internazionale, ospitando grandi nomi della danza estera: Jan Fabre, Marie Chouinard, Emio Greco, Jérôme Bel. I tempi di reazione al virus non sono stati uguali per tutti i paesi europei: quali conseguenze immagina abbia questo scarto temporale sul festival?

All’interno del Festival ospitiamo, per esempio, anche compagnie di danza urbana provenienti dalla Spagna, che ha vissuto e sta vivendo ancora una situazione davvero tragica. Lì i festival di danza urbana sono stati addirittura cancellati, rimandati al prossimo anno, il che è un grave danno. Purtroppo, nei paesi in cui non si è avuta una reazione immediata al virus, la ripresa sarà più lenta. Forse avremo un Festival con solo compagnie italiane, oppure provenienti da paesi che ne sono usciti prima. Si naviga a vista, vedremo.

Uno degli obiettivi di FIND è promuovere gli artisti emergenti: quali difficoltà dovranno affrontare questi giovani danzatori nei prossimi mesi?

Anche i giovani danzatori sono fermi, come tutti gli altri, ma temo che le conseguenze psicologiche saranno su di loro più profonde. Ai giovani danzatori mancano opportunità fondamentali e sarà un brutto colpo, non solo dal punto di vista artistico ma anche umano. Già non è facile farsi notare, avere visibilità, in più se anche la contingenza non aiuta, le ripercussioni peggiori. Sarebbe bello, quando finirà, dare maggiori possibilità ai giovani rispetto a quelle che hanno avuto fin ora.

In queste settimane di emergenza sanitaria ogni settore produttivo è purtroppo fermo. Quale immagina saranno le ripercussioni nel mondo dello spettacolo dal vivo ed in particolare della danza?

Io penso che le ripercussioni saranno gravi per tutti. Ovviamente sarà ancora più difficile per quei settori, come la danza, che soffrivano già prima del Covid-19. Il mondo della danza è delicato, con problematiche specifiche. Basta pensare che i danzatori, i quali vivono di questo mestiere, si sono ritrovati ora completamente senza lavoro. Se la situazione non migliora, sarà una tragedia. Se non ci saranno validi aiuti, sarà il tracollo totale.

Ritiene che il Decreto Cura Italia, del 17 marzo, sia una misura sufficiente almeno fino ad ora?

Sicuramente è un passo in avanti, da cui si nota anche la volontà di salvare il settore. Anche le istituzioni hanno difficoltà nel fare previsioni per i prossimi mesi. Bisogna essere molto prudenti ed io penso che le istituzioni si stiano muovendo cautamente.

I provvedimenti presi fin ora mostrano senz’altro interessamento. Io ho fiducia, anche se questa da sola non basta. Bisogna aiutarsi l’un l’altro, venirsi incontro. Essere più uniti, sinceri, onesti. Sappiamo che in Italia le cose non vanno a causa della disonestà di alcuni, solo sconfiggendo queste brutte pratiche potremo superare il difficile momento.

Poi bisognerà aiutare, davvero, le scuole di danza private. Queste rischiano seriamente il tracollo, sarebbe una tragedia enorme se venisse a mancare loro un concreto supporto.

È difficile immaginarlo, però proviamoci lo stesso: possiamo aspettarci anche conseguenze positive da questa situazione?

Sicuramente. Tutto ciò che viviamo ha sempre un aspetto positivo ed uno negativo e le difficoltà tirano sempre fuori il meglio di noi. Questa situazione porterà, mi auguro, un’attenzione maggiore verso l’aspetto umano. Sarebbe bello se ciò partisse dall’arte, prima candidata ad avere un risvolto così importante. L’arte può far capire ciò che abbiamo perso fino adesso e che possiamo recuperare, nonostante la tragedia che stiamo vivendo. La vita va avanti, il mondo va avanti, bisogna pensare a chi c’è, a chi resta e correggere la rotta, perché forse stavamo navigando un po male. Potremmo essere delle persone migliori e forse questa situazione ci fornirà l’occasione.

Inchiesta Covid-19, si cambia danza

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