TORINO – Ancora una volta entriamo al Teatro Café Müller in centro a Torino, in scena c’è Coppelia Project della Compagnia blucinQue diretta da Caterina Mochi Sismondi.

Prima dell’inizio, Paolo Stratta, fondatore e direttore della Fondazione Cirko Vertigo, ci tiene a sottolineare che “possiamo applaudire liberamente quando più ce lo sentiamo”. Coppelia Project arriva dai successi di critica e di pubblico avuti ad inizio anno nelle tappe di San Severino Marche, Genova e Verona, ma non è un prodotto finito. Sta ancora cercando la sua strada, la sua forma migliore. In continua evoluzione, si costruisce insieme ai suoi spettatori, che vengono invitati a scambiare qualche chiacchiera alla fine dello spettacolo.

Dal balletto al cinema cubista

Sismondi si ispira al balletto di Coppelia – La ragazza dagli occhi di smalto, che già di per sé rappresenta una piccola rivoluzione nella Storia della Danza. Quest’opera del 1870, infatti, abbandona le atmosfere tristi e cupe, gli spiriti eterei e il soprannaturale, elementi cari al Romanticismo, per proporre le avventure, intrise di umorismo, di una bambola meccanica.

Un altro spunto arriva dal Ballet Mecanique del 1924, film di Fernand Léger del primo cinema cubista, dove gli “attori” sono oggetti in movimento alternati a dettagli di un corpo femminile. Le immagini si ripetono, con frequenti ralenti e accellerazioni; il tutto è sostenuto dal ritmo spezzato, caotico e integrato della composizione di George Antheil.

Coppelia, bambola,donna e artista

Così ci troviamo nella casa-laboratorio del Dottor Coppelius, che a tratti sembra ricordare un camerino teatrale. Poco importa se la protagonista veste i panni della bambola o della fanciulla Swanilda, perché qui Coppelia è innazitutto una donna. Una donna circondata da uomini, dal padre-oppressore e da altre figure che ne controllano ogni movimento, la accartocciano e la distendono a loro piacimento. Ma è anche una donna impertinente, dispettosa, coraggiosa e speranzosa nella sua ricerca di identità. La storia d’amore con Franz, che in questa versione, impeccabilmente, non lascia per un secondo la propria scala, non è il suo lieto fine. È solo grazie a se stessa che riesce a trovare la piena libertà.

A interpretare Coppelia è Elisa Mutto, la cui performance colpisce con forza il pubblico rendendo possibile questo straordinario e complesso progetto. Oltre ad essere donna, Mutto è un’artista, in continua evoluzione e crescita, alla ricerca della propria identità e, come Coppelia, trova la sua piena libertà ed espressività nella sospensione capillare.

Evoluzione, crescita e ricerca della propria identità

Ma il resto del gruppo non funge certo da contorno. Vladimir Ježić, Michelangelo Merlanti, Carlos Rodrigo Parra Zavala, Simone Menichini e Jonnathan Lemos si susseguono nelle loro specificità, ma si spalleggiano a vicenda creando un corpo unico affascinante e brillante, seppur costituito da parti estremamente differenti tra loro. Un corpo che si muove in perfetta sintonia con le note della musica live di Bea Zanin, che parte da Delibes per riproporre temi del balletto ma con interferenze di elettronica e violoncello.

Coppelia Project non è un lavoro finito, evoluzione e ricerca della propria identità sembrano le parole chiave del progetto. Ma il pubblico già applaude, “liberamente quando più se la sente”, ipnotizzato da ciò che vede. Fra teatro-danza e circo contemporaneo, la pièce è divertente, elegante e spiazzante. Pare, quindi, che la Compagnia blucinQue stia percorrendo la strada giusta e non possiamo che essere curiosi di veder crescere questa sua bambola meccanica.

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